La settimana corta, a parità di stipendio ma con meno ore lavorate e quattro giorni invece di cinque, potrebbe arrivare in Italia: ci sarà una legge o si punterà sulla contrattazione aziendale?
La settimana corta può arrivare anche in Italia. Dopo il successo della sperimentazione nel Regno Unito, la discussione è arrivata anche qui, dove già diverse aziende hanno iniziato a sperimentare il lavoro su quattro giorni invece che cinque. Con lo stesso stipendio, ma con meno ore lavorate nell’arco di tutta la settimana.
Certo, per ora è solo una sperimentazione. Che, probabilmente, piace ai lavoratori che hanno la stessa busta paga di prima a fronte di un monte ore inferiore. L’impressione, però, è che qualcosa in più si stia muovendo, come spiega anche la Repubblica sottolineando che il presidente della commissione Lavoro, Walter Rizzetto, ha annunciato un’indagine conoscitiva per valutare questo fenomeno.
Rizzetto vuole avviare subito i lavori, con l’obiettivo di chiuderli entro l’autunno. Valutando anche la posizione delle aziende ed eventuali benefici e svantaggi. Poi bisognerà capire se arrivare a un intervento legislativo. Diversa la posizione dei sindacati, che a una legge preferirebbero che un fenomeno del genere arrivi dal basso, dalle stesse aziende e dai dipendenti.
Le proposte per la settimana corta in Italia
Sono soprattutto i sindacati a spingere nella direzione della settimana corta. La Cisl propone di negoziare, a livello aziendale, una riduzione del 20% dell’orario di lavoro. Con più tempo libero per i lavoratori la produttività non scenderebbe, secondo il sindacato, come ha mostrato anche l’esperimento effettuato su alcune aziende nel Regno Unito.
Inoltre non è detto che settimana corta voglia dire venerdì libero, ma si può pensare anche ad altre forme: altre giornate libere o impiegate per la formazione. La Cgil è stata la prima a proporre ufficialmente la settimana corta e ora si dice favorevole anche alla formazione retribuita nell’orario di lavoro. D’accordo sull’idea di una settimana di quattro giorni anche la Uil, che ritiene possa essere una buona scelta anche per aumentare il numero di occupati.
Stessa busta paga ma meno ore: la settimana corta in Italia
In Italia, come detto, ci sono aziende che stanno già sperimentando la settimana corta. Intesa Sanpaolo lo fa da gennaio, applicando un orario su quattro giorni (ma con 9 ore giornaliere): i dipendenti hanno un’ora e mezza in meno a settimana, passando da 37 e mezzo a 36. Lo stipendio è rimasto invariato.
Lavazza punta invece sul venerdì breve, con l’uscita anticipata grazie ai riposi previsti dal contratto. Il gruppo Magister, invece, è sceso da 40 a 32 ore settimanali con un giorno in meno di lavoro, ma lasciando invariata la busta paga e tutte le altre voci della retribuzione.
Come può essere applicata la settimana corta in Italia
Come si può arrivare all’applicazione della settimana corta in Italia? La Repubblica prova a fare il punto della situazione parlando con diversi esperti, tra cui Tiziano Treu, presidente del Cnel e in prima linea quando il governo Prodi tentò per la prima volta di andare in questa direzione.
Ai tempi, spiega Treu, l’esperimento non ha funzionato perché si voleva intervenire per legge, un’idea irrealizzabile non essendoci possibilità di uniformità tra i settori e le aziende. Bisogna quindi partire dalle esperienze concrete, dalla contrattazione aziendale, secondo il presidente del Cnel.
Una posizione in linea con quella dei sindacati. Diversi esperti ritengono una buona idea la rimodulazione degli orari su meno giorni, soprattutto perché la produttività cala dopo un determinato numero di ore e di giorni lavorati. In più l’auspicio di tanti è che un fenomeno del genere potrebbe portare a nuovi occupati e all’inserimento nel mondo del lavoro di alcune categorie che oggi fanno più fatica a trovare spazio nelle aziende.
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