Lo stallo tra il presidente Vladimir Putin ed Erdogan potrebbe avere delle gravi ripercussioni economiche soprattutto nel settore alimentare ed energetico.
Il nuovo stallo tra il presidente Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdogan, sta avendo delle ripercussioni sulla delicata alleanza tra la Russia e la Turchia e potrebbe avere anche degli effetti sugli importanti legami economici tra i due Paesi, soprattutto nel settore alimentare ed energetico.
Già nel 2016, quando Mosca impose delle restrizioni commerciali a seguito dell’abbattimento di un aereo russo in Siria da parte di caccia turchi, si assistette ad un crollo degli scambi economici tra i due Paesi, con conseguente perdita di posti di lavoro, aumento del deficit commerciale in Turchia e dell’inflazione in Russia.
Le conseguenze economiche dello stallo tra Putin ed Erdogan
Un eventuale stallo commerciale tra i due Paesi potrebbe intaccare soprattutto i settori alimentari e quelli dell’approvvigionamento energetico. Gli scambi commerciali tra la Russia e la Turchia si sono ripresi dal calo del 2016 e la Turchia è il settimo partner commerciale della Russia.
A seguito della recente alleanza tra Russia e Turchia, che ha rafforzato i legami, non solo politici ma anche economici, tra i due Paesi, le conseguenze sul commercio di uno stallo potrebbero essere ancora più gravi di quelle del 2016. La Russia è attualmente il secondo partner commerciale della Turchia, con un fatturato totale di circa 26 miliardi di dollari.
Le ripercussione dello stallo nel settore alimentare
Durante lo scorso scontro del 2016 gli scambi commerciali di cibo, ed in modo particolare di uva, pomodori e frutti di bosco, subirono un drastico calo. La perdita più grande fu registrata dai contadini turchi dal momento che il presidente Putin impose il divieto di acquistare frutta e verdure estera, favorendo invece la produzione interna di questi alimenti mediante diversi investimenti. All’apice di questa situazione di conflitto, sulla TV di stato russa, venne trasmessa anche una cerimonia che mostrava diversi bulldozer distruggere i pomodori provenienti dalla Turchia. Dal 2018 il commercio di frutta tra i due Paesi è ripreso, ma non ha ancora raggiunto i livelli antecedenti al 2016.
La Russia tuttavia è diventata dipendente dalla Turchia per quanto riguarda l’approvvigionamento di grano e farina, passando dall’importazione di 2,5 milioni di tonnellate di grano nel 2016 a 5,2 nel 2020. L’intensificazione di questo scambio rende la Russia potenzialmente più vulnerabile, poiché potrebbe ritrovarsi con un ridotto rifornimento di grano. Allo stesso tempo però la Turchia si troverebbe con molte entrate in meno, dal momento che è la più grande esportatrice di farina nel mondo. L’intensificarsi di queste tratte commerciali potrebbe dunque avere delle ripercussioni ben più gravi rispetto a quelle di quattro anni fa.
Le ripercussioni dello stallo nel settore energetico
La Turchia è stato il terzo mercato per le forniture di gas russo nel 2019. Il colosso del gas Gazprom PJSC ha inaugurato lo scorso gennaio il TurkStream, un gasdotto di gas naturale che attraversa il Mar Nero. Questa infrastruttura ha permesso di aumentare le quote di mercato in Turchia e ridurre la dipendenza dall’Ucraina, utilizzata come via di transito. Mosca sta inoltre investendo 20 miliardi di dollari per la realizzazione di una centrale nucleare per la fornitura di energia in Medio Oriente.
Ad aggravare le possibili ritorsioni economiche c’è il fatto che la Turchia si trova in una condizione di grave deficit economico e con uno dei più elevati tassi di disoccupazione degli ultimi 10 anni, attorno al 13%, che la pongono in una situazione più debole rispetto alla Russia. Al contrario Putin, negli ultimi anni, ha cercato di rendere la Russia sempre più indipendente e più resistente alle minacce esterne costruendo le più grandi riserve di valuta estera al mondo e tagliando le spese.
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