Come difendersi legalmente se il riscaldamento non funziona nella casa in affitto. Cosa fare per tutelarsi e quando si può non pagare senza conseguenze.
Il riscaldamento che non funziona crea un disagio non indifferente, impedendo di godere del confort casalingo e costringendo talvolta anche a spese maggiori a causa dei malfunzionamenti. Nessuno vuole pagare per il servizio di riscaldamento per poi restare al freddo o dover adottare ulteriori soluzioni e altrettanti costi per ottenere temperature adeguate. È però importante non agire d’impeto e continuare a rispettare la legge per non rischiare ulteriori conseguenze.
Chi vive in affitto ha tutto il diritto di rivolgersi al locatore lamentando i problemi del riscaldamento, considerando che proprio il proprietario di casa è tenuto alla manutenzione straordinaria degli impianti, salvo diversa pattuizione nel contratto d’affitto. Contro la negligenza del padrone di casa gli inquilini possono adottare alcuni rimedi legali, eventualmente chiedendo un risarcimento dei danni subiti a causa del riscaldamento mal funzionante.
Nella stragrande maggioranza dei casi, tuttavia, ciò non autorizza a smettere di corrispondere il pagamento del canone di locazione o delle spese accessorie per il riscaldamento domestico. Si potrebbe infatti passare dalla parte del torto, rischiando perfino uno sfratto per morosità nella peggiore delle ipotesi. Vediamo quindi quali sono le soluzioni legali contro il riscaldamento che non funziona e quando effettivamente si può non pagare l’affitto.
Se il riscaldamento non funziona posso non pagare l’affitto?
Per quanto disagio possa comportare, il mero malfunzionamento degli impianti di riscaldamento non autorizza l’inquilino a interrompere il pagamento del canone d’affitto. L’obbligo di pagamento del canone sancito dal contratto e i doveri del locatore, infatti, non sono corrispettivi, ma indipendenti l’uno dall’altro.
Questo significa che se l’inquilino smette di pagare l’affitto perché il riscaldamento non funziona correttamente può essere diffidato ed eventualmente sfrattato per la morosità. Il ritardo nel pagamento del canone, per esempio, non autorizza invece il locatore a omettere i dovuti lavori di manutenzione. Entrambe le parti devono agire in buona fede nel rispetto degli obblighi contrattuali, rivolgendosi se necessario al tribunale con un ricorso.
Non è nemmeno possibile sospendere il pagamento delle sole spese relative al riscaldamento, perché il malfunzionamento non esclude comunque che l’inquilino fruisca del servizio, seppur in maniera limitata. L’esonero dal pagamento si ha esclusivamente quando gli impianti di riscaldamento non funzionano affatto, senza riscaldare nemmeno minimamente l’immobile.
Prima di approfondire le effettive possibilità di tutela contro il malfunzionamento dell’impianto termico, bisogna però ricordare l’esistenza di una sola e unica ipotesi in cui il mancato pagamento del canone è giustificato. Si tratta del mancato godimento dell’immobile, dovuto appunto a una colpa del proprietario di casa. Le condizioni dell’appartamento devono essere talmente negative e diffuse da impedire agli inquilini di abitarvi tranquillamente, situazione difficilmente compatibile con il «solo» malfunzionamento dell’impianto di riscaldamento.
Non sono comunque da escludere le eccezioni, soprattutto se la negligenza del locatore è più ampiamente diffusa. Si può per esempio immaginare di un immobile con il riscaldamento guasto e seri problemi di isolamento termico, magari in una località piuttosto fredda. Raramente il solo guasto dell’impianto termico porta a queste conseguenze, ma potrebbe associarsi a importanti infiltrazioni d’acqua e umidità. Se l’ambiente è in condizioni tali da costringere l’inquilino a vivere altrove il mancato pagamento del canone potrebbe risultare appropriato.
Vista la delicatezza della materia e la possibilità di recesso è preferibile non adire questa strada, quanto meno non senza consultare in primo luogo un legale o se evitabile. Risulta più sicuro, infatti, richiedere successivamente il rimborso dei canoni pagati nonostante il mancato godimento del bene, se dimostrabile, per limitare le conseguenze.
Fintanto che l’immobile può essere utilizzato secondo l’uso convenuto, dunque non manca la controprestazione del locatore, il canone di locazione deve essere pagato. Eventualmente, sarà possibile agire in giudizio per ottenere una riduzione dello stesso a fronte del minor servizio ricevuto.
Come sottolineato la giurisprudenza non è incline a riconoscere il mancato pagamento dell’affitto per vizi dell’immobile che non pregiudicano in linea teorica l’abitabilità, ma è opportuno considerare le situazioni particolari del caso. Il prolungato mancato funzionamento della caldaia, comprendendo l’acqua calda a uso sanitario, potrebbe infatti aggravare la situazione.
leggi anche
Quando si può non pagare l’affitto
Recesso anticipato se il riscaldamento non funziona
Se il proprietario di casa non provvede tempestivamente a risolvere il malfunzionamento del riscaldamento, l’inquilino ha diritto a recedere dal contratto d’affitto per gravi motivi, anche prima della scadenza naturale del contratto di locazione. Prima di qualsiasi azione bisogna però informare il locatore con una raccomandata a/r o pec, preferibilmente sotto forma di diffida se la comunicazione bonaria non ha sortito l’effetto sperato. Si potrà così dar prova della comunicazione e della sua data di notifica, condizione indispensabile per la tutela di entrambe le parti contrattuali.
Per risolvere il contratto è però necessario che sussistano i gravi motivi secondo la legge e dunque che i problemi legati al riscaldamento:
- siano sopravvenuti rispetto alla conclusione del contratto;
- siano indipendenti dalla volontà dell’affittuario;
- impediscano di proseguire l’affitto.
In questi casi, che ben si applicano ai malfunzionamenti del riscaldamento, l’inquilino può recedere dal contratto d’affitto in modo anticipato ma è comunque tenuto al preavviso di 6 mesi (o comunque al pagamento di 6 canoni di locazione). In questo senso l’azione per la riduzione del canone, eventualmente come rimborso in fase successiva, può rivelarsi estremamente utile.
Il recesso anticipato dal contratto d’affitto senza preavviso è permesso soltanto quando l’inquilino non può minimamente godere del bene e vivere nell’appartamento. Il semplice possibile utilizzo di stufe e similari per mantenere il calore nonostante i guasti dell’impianto termico rendono il godimento solo parziale e non giustificano quindi la mancanza di preavviso. Di regola, se accorgimenti poco costosi e poco impegnativi possono offrire rimedio al problema principale, il preavviso è dovuto come i relativi canoni. Altrimenti, si ha un inadempimento totale da parte del locatore.
Cosa fare se il riscaldamento non funziona nella casa in affitto
Appurato che bisogna continuare a pagare nonostante i malfunzionamenti del riscaldamento, veniamo ora ai mezzi di tutela per gli affittuari. La legge impone al locatore di provvedere a tutte le opere di manutenzione straordinaria ed è tenuto a intervenire tempestivamente per assicurare all’inquilino il godimento del bene.
Il malfunzionamento del riscaldamento si configura secondo la giurisprudenza come una molestia di diritto, poiché limita il godimento dell’appartamento e il locatore è obbligato a intervenire.
Nel caso di riscaldamento centralizzato condominiale, non c’è nessun esonero all’obbligo del proprietario di casa che deve, se necessario, operare la realizzazione di un impianto autonomo e correttamente funzionante, a prescindere dalla spesa.
Di conseguenza, è possibile citare in giudizio il locatore inadempiente per richiedere un risarcimento dei danni patiti, a meno che questi fossero evitabili senza grossi esborsi di denaro e senza l’assunzione di rischi. Come anticipato, c’è poi il diritto di recedere anticipatamente dal contratto (anche senza preavviso qualora l’ambiente fosse invivibile perché insalubre).
© RIPRODUZIONE RISERVATA