Si può avere la Naspi con risoluzione consensuale del rapporto di lavoro? Come funziona e quando spetta.
Dopo le novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2025 sull’erogazione della Naspi, ci si chiede se la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro sia ancora una condizione favorevole per accedere alla indennità.
La risposta è affermativa, ma con delle limitazioni. In generale, infatti, sappiamo che l’indennità di disoccupazione spetta ai lavoratori con contratto di lavoro subordinato che hanno perso involontariamente l’occupazione. La condizione di “involontarietà” è fondamentale.
Quando si parla di risoluzione consensuale di un rapporto lavorativo, invece, il riferimento è alla fine del contratto di lavoro tramite un accordo, quindi legato a un recesso consensuale del lavoratore, non indipendente dalla propria volontà.
Tuttavia ci sono dei casi specifici in cui il lavoratore può accedere alla Naspi con risoluzione consensuale. Ecco come funziona e quando spetta.
Cos’è la Naspi?
Non sempre il dipendente che perde il lavoro in seguito a una risoluzione consensuale con il proprio datore di lavoro acquisisce il diritto alla Naspi.
Ci sono dei requisiti ben precisi, infatti, che la risoluzione consensuale deve soddisfare per far sì che il dipendente acquisisca il diritto all’indennità di disoccupazione.
Prima di vedere quali sono le regole che la risoluzione consensuale deve seguire, ricordiamo che la Naspi è quell’indennità riconosciuta ai lavoratori che perdono involontariamente il lavoro.
Nello specifico, come ampiamente spiegato nel nostro articolo dedicato, l’indennità di disoccupazione è una prestazione economica mensile rivolta esclusivamente a soggetti privi d’impiego che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione. Altro requisito è l’aver accumulato almeno 13 settimane di contributi nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione.
Si tratta generalmente di lavoratori subordinati, ma non, per esempio, dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni.
Non può chiedere la Naspi neanche chi ha rassegnato le dimissioni, ma con delle eccezioni: con “involontariamente” si comprendono infatti anche coloro che hanno rassegnato le dimissioni per giusta causa, come pure i lavoratori licenziati per motivi disciplinari.
Nelle novità 2025 viene inoltre stabilito che nel caso dei licenziamenti avvenuti dopo il quinto giorno consecutivo di assenza ingiustificata dal lavoro, il rapporto si intende comunque risolto per volontà del lavoratore.
Cos’è la risoluzione consensuale
Sono diverse le modalità con le quali può avvenire la cessazione di un rapporto di lavoro. Tra queste, c’è la risoluzione consensuale.
Come si intuisce dal nome, con questa espressione giuridica si intende la fine del rapporto tra datore di lavoro e dipendente con reciproco consenso.
Si può affermare che:
L’accordo consensuale per la fine del rapporto di lavoro è il risultato di una negoziazione tra le due parti, nella quale datore di lavoro e lavoratore cessano il loro legame di dipendenza professionale con decisione condivisa e tramite un’intesa.
Si presuppone, quindi, la volontarietà e il consenso del lavoratore a lasciare il posto di lavoro. Per questo secondo la regola generale la Naspi non è prevista nei casi di risoluzione consensuale. Ma ci sono delle eccezioni.
Naspi e risoluzione consensuale: quando è prevista
Ci sono due casistiche in cui la risoluzione consensuale fa comunque acquisire il diritto all’indennità di disoccupazione:
- l’indennità di disoccupazione è prevista quando l’accordo consensuale viene sottoscritto tramite la procedura di conciliazione presso la Direzione Territoriale del Lavoro;
- la Naspi è prevista qualora il dipendente si rifiuti di trasferirsi in un’altra sede aziendale, dislocata ad almeno 50 chilometri dalla residenza del lavoratore o anche non raggiungibile in meno di 80 minuti con i mezzi di trasporto pubblico.
Ricordiamo a tal proposito che le aziende con più di 15 dipendenti che vogliono licenziare un lavoratore assunto prima del 7 marzo 2015 per motivi oggettivi sono obbligate a rivolgersi all’Ispettorato del lavoro - di fronte a una commissione che per l’occasione sarà costituita da un dipendente del Ministero del Lavoro, da un rappresentante sindacale del dipendente e da un rappresentante sindacale del datore di lavoro - prima di consegnare la lettera di licenziamento.
Va specificato che nel primo caso elencato, la procedura è la seguente: l’azienda comunica alla direzione territoriale del lavoro il licenziamento per motivo oggettivo del lavoratore. Successivamente viene svolto un tentativo di conciliazione presso la commissione provinciale di conciliazione. Se va a buon fine, il lavoratore ha diritto all’assegno di disoccupazione.
Naspi e risoluzione consensuale: come ottenere l’indennità
Se la cessazione del rapporto di lavoro con risoluzione consensuale rientra in una delle categorie elencate, allora l’ex dipendente può procedere alla richiesta della Naspi.
In breve, questi sono i passaggi principali della procedura:
- presentare la domanda entro 68 giorni dalla perdita del posto di lavoro. Scaduto questo termine non se ne potrà fare richiesta;
- richiedere la disoccupazione in modalità telematica, attraverso il sito dell’Inps. Per la richiesta in autonomia bisogna essere in possesso delle credenziali per accedere al sito Inps: Spid, Cie o Cns; in alternativa rivolgersi al Caf o patronato;
- compilare la Dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro
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