Riunione Fed: rialzo dei tassi di interesse è solo la punta dell’iceberg. I momenti salienti della conferenza stampa
Anche la riunione Fed e la conferenza stampa di settembre si sono concluse.
Nella serata di ieri, precisamente alle ore 20:00, il FOMC capitanato da Jerome Powell ha comunicato il tanto atteso rialzo dei tassi di interesse che sono passati dal 2,00% al 2,25%.
Una decisione attesa dall’intero mercato che aveva già prezzato il ritocco all’insù del costo del denaro. I tassi di interesse, però, non sono stati l’unico elemento di discussione nella riunione Fed di ieri, mercoledì 26 settembre.
A tener banco è stato anche il cambiamento di linguaggio emerso non soltanto in occasione della conferenza stampa di Jerome Powell, ma anche nel comunicato stampa rilasciato assieme alle decisioni sui tassi. Nel testo, che ha aperto l’attesa riunione Fed di settembre, sono infatti venute meno delle frasi importanti che il presidente ha cercato di spiegare durante il suo intervento.
Riunione Fed: tassi di interesse al 2,25%
Esattamente come previsto dalla maggior parte degli analisti la Federal Reserve ha partorito il terzo rialzo dei tassi di interesse del 2018. I rates sui Fed Funds sono così passati dall’1,75%-2% al 2-2,25% per la prima volta dal 2008.
Ma non è finita qui. Dall’esame del Dot Plot è di nuovo emersa la possibilità di un quarto rialzo del costo del denaro che potrebbe concretizzarsi nell’ultimo appuntamento di politica monetaria di dicembre. Ovviamente una nuova mossa sui tassi di interesse non sarà scontata ma dipenderà da diversi elementi, tra cui ovviamente la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina e le sue ripercussioni su crescita e inflazione.
Secondo quanto emerso nell’ultima riunione Fed, nel 2019 ci saranno altri 3 rialzi, mentre nel 2020 ce ne sarà soltanto uno. In quell’anno però la stretta terminerà e i tassi saranno arrivati al 3,25-3,5%, un livello al quale rimarranno fino al 2021.
La Fed rivede le stime di crescita
Un’economia forte quella americana, che secondo la Fed crescerà più del previsto sia nel 2018 che nel 2019. Nel corso dell’anno corrente il Pil si espanderà non più del 2,8% bensì del 3,1%, mentre la crescita del 2019 sarà del 2,5% e non del 2,4%. Il rallentamento sarà però più evidente nel 2020 (2%, invariato) e nel 2021 (1,8%).
Il tasso di disoccupazione scenderà al 3,5% nel 2019 e nel 2020 (stima confermata), mentre risalirà al 3,7% nel 2021. L’inflazione, ha aggiunto la Fed, continua ad oscillare attorno al 2%.
Fine della politica accomodante?
Le considerazioni della banca centrale nei confronti dell’economia USA sono emerse già nel comunicato stampa pubblicato assieme alle decisioni sui tassi di interesse. Dal testo è infatti scomparsa la frase:
“L’orientamento della politica monetaria resta accomodante, e sostiene così le forti condizioni del mercato del mercato del lavoro e un ritorno sostenuto a un’inflazione del 2%”,
il che ha simboleggiato la fine di un’era per la Federal Reserve.
A gettare acqua sul fuoco però ci ha pensato lo stesso Jerome Powell che durante la conferenza stampa ha tuonato: «La politica monetaria è ancora accomodante». Il linguaggio utilizzato fino alla riunione Fed di agosto, insomma, ha semplicemente esaurito la sua vita utile.
Trump contro Powell
Ancora una volta le decisioni delle banca centrale americana sono state prese di mira da Donald Trump, che ha criticato di nuovo il rialzo dei tassi di interesse ieri operato. Ai dubbi e alle dichiarazioni del presidente ha risposto ancora Jerome Powell.
“Il Congresso ci ha assegnato un compito molto importante da svolgere nell’interesse del popolo americano, e ci sono stati affidati gli strumenti per realizzarlo. Io e i miei colleghi siano concentrati sullo svolgimento di questa missione. Non consideriamo fattori politici e cose di questo genere.”
La riunione Fed e la conferenza stampa di Jerome Powell hanno sottolineato ancora una volta le condizioni attuali dell’economia americana. Tutti gli occhi saranno ora puntati sugli ultimi due appuntamenti di politica monetaria che si terranno rispettivamente l’8 novembre e il 19 dicembre.
© RIPRODUZIONE RISERVATA