Tassi negativi, banche centrali costrette a fare decisa retromarcia per colpa di Trump? Altro che inflazione, in questo Paese si teme l’opposto.
Notizia bomba direttamente da Davos, dove il presidente di una banca centrale ha ammesso di non escludere il ritorno a una politica monetaria incentrata sui tassi negativi, ovvero sui tassi sotto lo zero, smentendo quell’assunto secondo cui non solo la Fed di Powell sarà costretta a chinare il capo di fronte a un destino caratterizzato da tassi di interesse “higher for longer” (più alti per un periodo di tempo più lungo), ma che a prostrarsi di fronte a questo diktat sarebbero anche altre istituzioni, BCE di Lagarde inclusa.
E invece no, sostiene questo banchiere centrale, secondo cui evidentemente l’inflazione non è più quello spauracchio che continua ad assillare molti dei suoi colleghi, tra cui Christine Lagarde e Jerome Powell, costretti ogni volta ad affossare le speranze e le speculazioni dei mercati su tagli dei tassi più aggressivi.
Addirittura il banchiere ripropone la ricetta dei tassi negativi, che per tanto tempo è stata adottata dalla BCE, e non solo, in Europa, quando la minaccia imperante non si chiamava inflazione, ma deflazione. Se lo ricorderà bene l’ex presidente dell’Eurotower ed ex presidente del Consiglio Mario Draghi, che annunciò la nuova era della politica monetaria dell’area euro caratterizzata da tassi sotto lo zero: e mica di poco. Tassi negativi che rimasero attivi fino al luglio del 2022, quando l’impennata dell’inflazione fece trillare la sveglia talmente forte da far scattare di colpo la BCE e la Fed, che nei mesi precedenti erano evidentemente piombati in una fase protratta di letargo. [...]
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