L’europarlamentare sarà tra gli ospiti del convegno organizzato da Money, Parlamento europeo e Centergross Bologna.
A luglio 2023, il Parlamento europeo ha definito la sua posizione per i futuri negoziati con i governi dell’Unione Europea riguardo alla nuova legislazione che mira a rendere più sostenibili i prodotti nell’UE. L’intento è di stabilire i requisiti di sostenibilità nelle prossime misure relative al gran parte della progettazione e produzione di beni. Tra i prodotti interessati da questo provvedimento, assume un ruolo molto importante tutto il comparto del tessile.
L’obiettivo è chiaro: rendere la moda sostenibile, permettendo ai consumatori di risparmiare energia, semplificare le riparazioni e fare scelte più eco-friendly.
Una sfida imponente, che promette di impattare in modo rilevante non solo sulle abitudini dei consumatori, ma anche su quelle dei produttori.
Ne abbiamo parlato con l’europarlamentare Sabrina Pignedoli del Movimento 5 stelle, emiliana e membro JURI, la commissione che intraprende iniziative nel campo degli obblighi di dovuta diligenza delle imprese, della comunicazione di informazioni aziendali di carattere non finanziario e della responsabilità in caso di danni ambientali.
Sabrina Pignedoli sarà protagonista con un intervento, all’evento organizzato da Money e Parlamento europeo il 27 ottobre alle 17 a Centergross Bologna.
Onorevole Pignedoli: moda e sostenibile è un concetto possibile? Non è una contraddizione in termini, là dove la moda pretendere di essere passeggera e cambiare le abitudini dei consumatori?
“Più che una contraddizione è una sfida, che già diverse aziende stanno raccogliendo. Bisognerà armonizzare le esigenze delle collezioni annuali con una visione sul lungo termine che riguarda i materiali e il loro possibile riuso”.
Che cosa si intende per sostenibilità, in questo settore?
“Sostenibilità vuol dire risparmio energetico e di acqua, riduzione degli scarti e riuso degli stessi, scelta dei materiali, taglio delle sostanze inquinanti”.
Dove occorre intervenire?
“Penso che la normativa UE offra un ampio quadro degli interventi. Ovviamente ci vorrà un po’ di tempo, ma è la strada giusta”.
C’è qualcosa che, invece, va corretto?
“Bisogna agire gradualmente, le correzioni si faranno in corso d’opera”.
Quali sono i passi da compiere e da parte di chi?
“Direi che si tratta di un’azione corale di tutti i soggetti, a cominciare dai consumatori, le cui scelte possono fare la differenza”.
Si può agire a livello globale o resta una scelta «individuale»?
“Penso che oggi si imponga un’azione globale, ma ovviamente la globalità è fatta di individui”.
Le istituzioni hanno un ruolo e quale?
“Da un lato creano e adeguano la regolamentazione, dall’altro devono fornire gli strumenti, anche economici, per poterla mettere in atto”.
Riciclare vs riutilizzare: quale peso hanno? Che cosa può essere più utile? Che cosa più plausibile?
“In una logica di economia circolare il riuso viene sempre prima del riciclo, laddove possibile. Sul riciclo, come abbiamo già visto, un ruolo chiave lo giocano le nuove tecnologie”.
La sostenibilità ha un prezzo: chi lo paga? E chi lo dovrebbe pagare, se la risposta è diversa?
“Ha un prezzo sul breve termine, mentre in prospettiva è un guadagno per tutti, in termini ambientali e sanitari. Quindi bisogna procedere gradualmente, sostenendo questa transizione, affinché sia durevole e conveniente”.
La sostenibilità può diventare un fattore socialmente discriminante?
“Il rischio c’è, perché la sostenibilità ha un costo. E dobbiamo anche evitare che il peso della sostenibilità ricada altrove, per esempio in altre parti del mondo. La sostenibilità inoltre ha benefici sul lungo termine e questo in alcune realtà aziendali con minori capitali può essere un freno”.
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