Sai perché la Corea del Nord manda le coppie che divorziano nei campi di lavoro?

Luna Luciano

29 Dicembre 2024 - 09:01

La Corea del Nord punisce le coppie che vogliono divorziare, inviandole in campi di lavoro per rieducarle. Ecco cosa sta accadendo nel Paese di Kim Jong-un.

Sai perché la Corea del Nord manda le coppie che divorziano nei campi di lavoro?

In Corea del Nord è meglio non divorziare altrimenti si rischia di finire in un campo di lavoro.

Il Paese di Kim Jong-un non fa eccezione al calo delle nascite nei paesi dell’Asia orientale. E nel tentativo di invertire questa tendenza, il regime ha trovato un metodo al quanto radicale: le coppie che divorziano saranno inviate nei campi di lavoro per essere rieducate.

Il Paese, spesso al centro dell’attenzione internazionale per le sue politiche oppressive e le restrizioni imposte ai suoi cittadini, questa volta cerca addirittura di controllare la vita privata di coppia: una misura radicale che è stata giustificata da Jong-un per affrontare la crisi demografica, trasformando il divorzio in una questione politica e ideologica.

Ecco perché la Corea del Nord punisce le coppie divorziate e quali sono le implicazioni di questa controversa misura.

Perché la Corea del Nord invia le coppie divorziate nei campi di lavorare?

Il divorzio in Corea del Nord è da sempre considerato un tema delicato, non solo sul piano sociale, ma anche su quello politico. Prima dell’attuale giro di vite, le coppie che volevano separarsi dovevano ottenere il permesso da un tribunale, il quale spesso negava la richiesta per ragioni ideologiche. Il divorzio, come anticpato, è spesso percepito come un atto antisocialista, contrario ai valori della collettività e al benessere della nazione. La recente crisi demografica, purtroppo, ha ulteriormente aggravato la posizione del regime, portando a misure più severe.

Questo perché la Corea del Nord sta affrontando un calo drammatico del tasso di fertilità, stimato dall’intelligence sudcoreana a meno di 1,8 figli per donna. Kim Jong-un, leader del regime, ha descritto questa crisi come una «minaccia esistenziale» per la forza e il potere della nazione.

Di fronte a questa emergenza, il governo ha deciso di reprimere con maggiore durezza il divorzio, considerato un fattore che potrebbe contribuire alla diminuzione delle nascite.

Secondo i nuovi provvedimenti, le coppie divorziate non solo affrontano lo stigma sociale, ma vengono anche mandate nei campi di lavoro per un periodo che varia da 1-6 mesi. Questa punizione non riguarda più solo il partner che ha richiesto il divorzio, come avveniva in passato, ma entrambi i coniugi, indipendentemente dalle circostanze. Anche in casi di violenza domestica o abuso, il divorzio viene percepito come una sfida agli ideali della nazione, e la punizione viene applicata senza eccezioni.

La Corea reprime il divorzio: conseguenze e rischi

Le nuove misure contro il divorzio in Corea del Nord sollevano questioni fondamentali sui diritti umani e sulle libertà individuali in un Paese già noto per il suo controllo totalitario. L’invio nei campi di lavoro, ufficialmente definito come «rieducazione», è una forma di punizione che mira a scoraggiare comportamenti percepiti come minacce all’ideologia socialista. Tuttavia, questa politica ha conseguenze devastanti sia per le coppie coinvolte che per la società nel suo complesso.

Innanzitutto, il trattamento riservato ai divorziati aggrava ulteriormente le condizioni di vita dei cittadini nordcoreani, già costretti a vivere sotto un regime di sorveglianza e repressione. La possibilità di essere inviati in un campo di lavoro per il semplice atto di volersi separare rende il matrimonio una prigione piuttosto che una scelta libera e consapevole. Inoltre, l’inclusione di entrambi i coniugi nella punizione sottolinea la volontà del regime di eliminare qualsiasi forma di dissenso, anche quando giustificato da abusi o violenze. In questo modo a correre il rischio maggiore sono, ancora una volta, le donne nordcoreane, che rischiano di non fuoriuscire dal sistema di abusi e violenze e anzi vedono lo Stato proteggere lostatus quo che favorisce i loro aguzzini.

A livello politico, secondo alcuni esperti, questa misura riflette la crescente insicurezza del regime di Kim Jong-un di fronte alla crisi demografica. Piuttosto che affrontare le cause profonde del calo delle nascite, come la povertà diffusa, la mancanza di risorse e le condizioni oppressive, il governo preferisce imporre misure coercitive che mirano a forzare la conformità. Questo approccio non solo fallisce nell’affrontare i problemi strutturali, ma rischia anche di alimentare ulteriormente il malcontento tra la popolazione, che vede sacrificati i diritti individuali per perseguire obiettivi ideologici.

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