La contestazione e la sanzione disciplinare devono essere comunicate al lavoratore in forma scritta. Quali alternative ci sono se il dipendente si rifiuta di ricevere la lettera o la raccomandata?
Ai sensi dell’articolo 7, comma 5, Legge 20 maggio 1970 numero 300, i provvedimenti disciplinari «più gravi del rimprovero verbale non possono essere applicati prima che siano trascorsi cinque giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa».
Pertanto, il requisito imprescindibile è la contestazione del fatto per iscritto, sia per garantire la certezza e l’immutabilità dei fatti contestati, sia per calcolare correttamente il termine entro cui il dipendente può presentare eventuali tesi difensive. La normativa, eccezion fatta per la forma scritta, non indica la modalità di consegna dell’atto al lavoratore.
Tra i mezzi più utilizzati nella pratica, si segnalano la raccomandata a mani del lavoratore o la raccomandata con avviso di ricevimento - o di ritorno - detta anche raccomandata AR. Nella prima ipotesi, la lettera di contestazione dev’essere firmata dal lavoratore per ricevuta, apponendo altresì la data in cui è stata consegnata la comunicazione.
Al contrario, in caso di invio con raccomandata AR la prova di avvenuto ricevimento è fornita dall’apposita comunicazione (cartacea o reperibile online sul portale dell’azienda incaricata della trasmissione) con cui si attesta la data di consegna.
Può tuttavia accadere che il lavoratore:
- si rifiuti di firmare per ricevuta la raccomandata a mani;
- non ritiri la raccomandata AR e non si rechi altresì a ritirare la comunicazione in giacenza.
Identica situazione può verificarsi una volta conclusa la procedura disciplinare, nel momento in cui è necessario notificare al lavoratore il provvedimento adottato che, ricordiamolo, può essere:
- ammonizione scritta;
- multa, fino a un massimo di 4 ore di retribuzione base;
- sospensione dal lavoro e dalla retribuzione sino a un massimo di 10 giorni;
- trasferimento;
- licenziamento per giusta causa (senza obbligo di preavviso in capo all’azienda) o giustificato motivo soggettivo (con preavviso).
Fatta questa utile premessa, come comportarsi di fronte alla condotta del lavoratore che si rifiuta di ricevere la sanzione disciplinare?
Analizziamo la questione in dettaglio.
Sanzione disciplinare, cosa fare se il dipendente si rifiuta di riceverla?
Cosa fare se il dipendente non vuole ricevere la raccomandata a mani?
Nelle ipotesi di notifica della contestazione o del provvedimento disciplinare a mezzo raccomandata a mani del lavoratore, questi deve apporre data e firma per ricevuta. In caso di rifiuto è necessario procedere alla lettura ad alta voce del contenuto della missiva, in presenza di testimoni.
Della lettura della contestazione / provvedimento al lavoratore dev’essere dato atto in un apposito documento scritto, sottoscritto anche dai testimoni.
Entrambi i documenti, lettera di contestazione/provvedimento disciplinare e il documento che attesta la lettura della comunicazione ad alta voce, dovranno essere trasmessi con raccomandata AR all’indirizzo di residenza noto del lavoratore.
Cosa fare se il dipendente non vuole ricevere la raccomandata AR?
L’azienda può decidere, in alternativa alla raccomandata a mani, di trasmettere la contestazione o il provvedimento disciplinare a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento.
In tal caso l’indirizzo del destinatario dev’essere quello noto all’azienda, comunicato dal dipendente in sede di assunzione o successivamente variato, dietro comunicazione scritta.
Qualora l’invio della missiva (all’indirizzo noto) non vada a buon fine, a causa ad esempio di: lavoratore che non intende ritirare la raccomandata, indirizzo non corrispondente al destinatario, indirizzo disabitato, vale la presunzione di conoscenza prevista dall’articolo 1335 del Codice civile, in materia di atti unilaterali recettizi. In sostanza, la comunicazione si presume conosciuta una volta giunta all’indirizzo del destinatario, anche se quest’ultimo si rifiuta di riceverla.
Sul punto la giurisprudenza di Cassazione, con sentenza del 30 luglio 2019 numero 2051, ha affermato che ai sensi del citato articolo 1335 del Codice civile «ogni dichiarazione diretta a una determinata persona si reputa conosciuta nel momento in cui perviene all’indirizzo di questa». Si tratta di una «presunzione che opera per il solo fatto oggettivo dell’arrivo della dichiarazione in detto luogo, sicché ne consegue che, ove l’invio avvenga con lettera raccomandata a mezzo del servizio postale, non consegnata al lavoratore per l’assenza sua e delle persone abilitate a riceverla, la stessa si presume conosciuta alla data in cui, al suddetto indirizzo, è rilasciato l’avviso di giacenza del plico presso l’ufficio postale».
Di conseguenza, ai fini della notifica della contestazione o del provvedimento disciplinare, la data di riferimento è quella in cui il soggetto deputato alla consegna rilasciata all’indirizzo noto l’avviso di giacenza.
L’azienda ha, dal canto suo, la possibilità di conoscere la data in questione grazie agli odierni sistemi tecnologici che permettono di tracciare online il plico.
Sanzione disciplinare, come può difendersi il lavoratore?
Il lavoratore che afferma di non aver potuto ricevere la comunicazione con raccomandata a / r ha l’onere di superare la presunzione di conoscenza dimostrando «di essersi trovato, senza propria colpa, nell’impossibilità di avere conoscenza della dichiarazione medesima, fornendo la dimostrazione di un evento eccezionale ed estraneo alla sua volontà quale la forzata lontananza in luogo non conosciuto o non raggiungibile» (Cassazione sentenza 30 luglio 2019 numero 20519).
Sempre il lavoratore può sostenere di aver comunicato all’azienda:
- il cambio di indirizzo, seguendo la procedura applicata internamente (con cui si impone, ad esempio, la comunicazione scritta);
- l’allontanamento dall’indirizzo noto, nonché la natura e la durata dell’impedimento.
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Quale indirizzo deve utilizzare l’azienda?
L’indirizzo da utilizzare per l’invio della raccomandata AR dev’essere, come sopra anticipato, quello noto all’azienda, comunicato dal lavoratore in sede di assunzione o successivamente variato a mezzo documento scritto.
Sull’argomento sempre la Suprema Corte ha precisato che il luogo più idoneo per la ricezione è quello in cui «in base a un criterio di collegamento ordinario (dimora o domicilio) o di normale frequenza (luogo di esplicazione di un’attività lavorativa) o per preventiva comunicazione o pattuizione dell’interessato, risulti in concreto nella sfera di dominio o controllo del destinatario» (sentenza del 30 luglio 2019 numero 20519).
Può altresì accadere che gli indirizzi noti all’azienda siano più di uno. Si pensi al dipendente che in sede di assunzione ha comunicato l’indirizzo A, nel modulo per la richiesta delle detrazioni l’indirizzo B e infine nel modulo per la scelta destinazione Tfr l’indirizzo C. In questo frangente il datore di lavoro è tenuto a inviare la missiva a tutti e tre gli indirizzi in questione.
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