Un jet russo si è scontrato con un drone statunitense, un incidente allarmante per il Pentagono e per la Nato, che rischia di minare ulteriormente i delicati equilibri con Mosca.
Ieri mattina un jet russo si è scontrato con un drone americano (anche se la ricostruzione russa dichiara dinamiche differenti), comportando la perdita dell’apparecchio statunitense. Non è questo, però, il dettaglio più preoccupante dell’incidente, che non deve essere sottovalutato.
Scontro tra jet russo e drone Usa: cos’è successo
Nella mattinata di martedì 14 marzo, poco prima delle 7, il cielo del Mar Nero ha ospitato l’incidente fra il drone americano e il jet russo. Quest’ultimo, in particolare un Su-27 avrebbe urtato l’elica del MQ-9 Reaper costringendo i piloti a lasciarlo precipitare nel Mar Nero, secondo le dichiarazioni del Pentagono. Nel dettaglio, un funzionario statunitense citato dalla Cnn ha raccontato che il drone stava operando nello spazio aereo internazionale, quando è stato colpito intenzionalmente da uno dei jet russi, che è volato davanti al drone e ha iniziato a scaricare carburante.
Quando, poi, l’elica del Reaper è stata danneggiata, i piloti hanno dovuto abbattere il drone lasciandolo cadere, senza riuscire poi a recuperarlo. Secondo questa ricostruzione, l’incidente avrebbe anche “probabilmente danneggiato” anche il jet russo.
La versione riportata dall’aeronautica russa mostra, invece, uno scenario completamente differente, che esclude completamente l’intenzionalità di un attacco, anche se riferisce che il drone era direzionato al confine della Federazione russa, dalla penisola di Crimea. In particolare, secondo il ministero della Difesa moscovita, il jet russo non avrebbe avuto alcun ruolo nella precipitazione del velivolo statunitense, che per mancanza di controllo avrebbe perso di quota per poi precipitare in seguito a una manovra piuttosto brusca. Non solo, Mosca lascia intendere anche una certa violazione da parte degli Stati Uniti, definendo il drone come un intruso che non si è reso riconoscibile ai caccia russi, anche perché avrebbe viaggiato con i transponder spenti. Oltretutto, i giri eseguiti intorno al drone farebbero parte proprio delle procedure standard di identificazione dei velivoli sconosciuti.
Il generale della U.S. Air Force, James Hecker, ha invece riportato una versione completamente differente, dichiarando che il Reaper è stato colpito dai caccia russi, peraltro durante lo svolgimento delle operazioni di routine nello spazio internazionale di volo. Maggiori dettagli sono stati resi poi da Pat Ryder, che ha analizzato l’incidente in maniera approfondita. In particolare, secondo il portavoce del Pentagono, non si tratterebbe di un episodio isolato, bensì di un vero e proprio schema di azioni pericolose dei jet russi a danno dei velivoli americani.
Perché l’incidente tra il jet russo e il drone americano non va sottovalutato, una minaccia per gli Stati Uniti?
Secondo il Pentagono, è davvero improbabile il mero tentativo di riconoscimento delle manovre, poiché prima dell’incidente vero e proprio due caccia avrebbero svuotato del carburante sopra al drone per accecarlo. I caccia russi avrebbero poi continuato a volare intorno al velivolo per quasi 40 minuti, generando uno spostamento d’aria tale da distruggere aerei anche pià imponenti, a causa delle notevoli onde d’urto propagate. Si tratta, in effetti, di una tattica già impiegata durante la Guerra Fredda. A prescindere dalla precisa dinamica dello scontro, è certo che l’incidente ha accresciuto la tensione già presente tra Washington e Mosca e l’allarme Nato. C’è poi da chiedersi come ciò possa influire (sicuramente non in positivo) sul confronto riguardo alla guerra in Ucraina, di per sé un tema caldo e spinoso.
Le interazioni fra i caccia russi e i droni statunitensi avrebbero perciò una natura aggressiva e sono, a prescindere dall’effettiva intenzione, una vera e propria minaccia alla sicurezza, in quanto potrebbero determinare degli errori di calcolo e provocare un’escalation (involontaria). In effetti, Dara Massicot, in qualità di ricercatrice della Rand Corporation, ha rilevato il ripetersi di incidenti analoghi, frequenti almeno negli ultimi 10 anni.
Secondo l’analisi della ricercatrice lo scontro di questa mattina non sarebbe altro che uno dei vari segnali coercitivi inviati dalla Russia ai suoi alleati, soprattutto nel Mar Nero e nel Mar Baltico. L’incidente di oggi, tuttavia, non va sottovalutato perché rappresenta il primo scontro diretto, nonostante le numerose interazioni, inevitabili in quello spazio aereo anche riguardo al controllo del conflitto da parte degli Stati Uniti. Dello stesso parere, anche John Kirby del Consiglio di sicurezza nazionale, secondo cui questo intercettamento “pericoloso e non professionale” è destinato a fallire nell’eventuale tentativo minatorio.
L’ambasciatore russo, convocato da Biden, ha intanto replicato, in difesa della professionalità dei piloti russi, dichiarando che la Federazione russa non considera l’incidente una provocazione e non ricerca lo scontro tra gli Stati uniti, anche se entrambi dovrebbero agire “con molta attenzione”. Nel frattempo, l’ambasciatrice americana a Mosca, Lynne Tracy, ha presentato una protesta formale.
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