La seconda ondata di contagi che si è verificata in Corea del Sud ha colpito principalmente i giovani: il 75% dei nuovi infetti ha meno di 29 anni. Ecco perché.
La Corea del Sud sta facendo i conti con una seconda ondata di contagi, ma stavolta le persone più colpite sono i giovani. Secondo le fonti ufficiali il 75% dei nuovi infetti ha un età compresa tra i 19 e i 29 anni.
Durante la prima emergenza le autorità coreane erano riuscite a tenere sotto controllo la diffusione del virus grazie al largo impiego della tecnologia e di diverse app per tracciare i contatti, ma stavolta la situazione è sfuggita di mano e sono stati colpiti nuovamente dal “virus veramente crudele”.
Coronavirus, seconda ondata colpisce i giovani: perché
La ragione per cui stavolta sono i più giovani i soggetti maggiormente colpiti è legata al fatto che la Corea del Sud ha deciso di riaprire i locali notturni e le discoteche del cuore della movida coreana, Itaewon.
In totale sono stati accertati almeno 133 contagi in varie parti della Corea del Sud, di questi almeno 70 nella Capitale, secondo quanto riportato dall’agenzia Yonhap. I Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (Kcdc) hanno riferito che dei nuovi contagi, 82 sono riconducibili a Itaewon, mentre gli altri sono dovuti alla catena di trasmissione partita da lì.
Un funzionario del Ministero della Salute di Seul ha fatto sapere che:
“Dal 6 maggio scorso, quando emerse il focolaio di Itaewon sono stati effettuati 35 mila test per il Coronavirus connessi alla diffusione del contagio relativo al quartiere notturno, 15 mila dei quali solo ieri”.
La paura dello stigma sociale
Adesso è partita una campagna che vuole incoraggiare i frequentatori della zona a sottoporsi al test, ma dal momento che ci sono anche molti locali gay a Itaewon, molti cittadini temono lo stigma sociale.
Il vice ministro della Sanità, Kim Ganglip, ha rassicurato i cittadini garantendo il massimo rispetto della privacy, permettendo di eseguire dei test anonimi e valutando una revisione della prassi che rende pubblici gli spostamenti dei casi positivi al coronavirus.
Attualmente, si calcola che circa 2.000 persone abbiano frequentato la zona in cui è nato il nuovo focolaio tra il 24 aprile e il 6 maggio scorso e che ancora non si sono sottoposte al test.
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