Il sell off su Bitcoin ed Ethereum non è provocato solo dai dati sull’inflazione Usa oltre le attese. La verità sul crollo in uno studio che rivela quali sono i rischi del Merge.
Ancora una volta Bitcoin ed Ethereum hanno dimostrato una forte correlazione con i dati dell’economia reale e con i timori di una politica monetaria della Fed più aggressiva. Il sell off di martedì su Bitcoin ed Ethereum sembra dunque provocato dai dati sui prezzi al consumo superiori alle attese. Davvero è solo colpa dell’inflazione?
Sell off su Bitcoin ed Ethereum dopo l’inflazione Usa
L’inflazione americana corre nonostante il ribasso dei prezzi del gas e questo può significare solo una cosa: nella riunione del 21 settembre la Federal Reserve potrebbe decidere per un nuovo maxi rialzo dei tassi di interesse.
Negli Stati Uniti inflazione è scesa all’8,3% ad agosto dall’8,5% ma gli analisti aspettavano un tasso all’8,1%; spaventa ancora di più il dato core (al netto di energia e alimentari) che accelera al 6,3% dal 5,9% di luglio.
Subito dopo la pubblicazione dei dati, le principali criptovalute sono crollate sotto il peso delle vendite: Bitcoin ha perso il 9,93%, scivolando fino ai supporti critici poco sopra i 20.000 dollari, Ethereum ha lasciato sul campo l’8,29% del suo valore, scendendo in area 1.600 dollari.
Duro colpo per Bitcoin ed Ethereum in vista del Merge
Un duro colpo per Bitcoin ed Ethereum che questa settimana sono sotto i riflettori anche per un altro motivo. Tra il 13 e il 15 settembre si completeranno gli ultimi aggiornamenti e gli shadow fork determinando il passaggio di Ethereum dalla rete blockchain proof-of-work (PoW) alla proof-of-stake (PoS): operazione definita «the Merge».
In altre parole, i miner che fino ad oggi hanno validato le transazioni aggiungendo blocchi alla rete saranno sostituiti da staker che impegnano ETH per il mantenimento della rete.
Ed è proprio in questo passaggio che si annida un rischio che potrebbe portare al tracollo di Ethereum.
Uno studio pubblicato lunedì da Nansen, società di analisi blockchain, mette in evidenza come un numero significativo dei cosiddetti «stakers» potrebbe causare un’importante svendita di Ether (ETH, la moneta digitale di Ethereum) nel giro di sei o dodici mesi.
Dal lancio della Beacon Chain nel dicembre 2020, sono stati bloccati in staking circa 20 miliardi di dollari di ETH, pari all’11% del circolante. Nansen spiega che oltre il 70% dei detentori di ETH in staking si trova ora in rosso ed è probabile che non intendano vendere i propri asset sul mercato. Va poi considerato che gli staker di ETH dovranno aspettare l’aggiornamento «Shanghai» (tra 6-12 mesi) prima di poter sbloccare i propri asset, rispettando la «coda di prelievo» proposta dal Ethereum Foundation per prevenire un sell-off di massa.
Decentralizzazione a rischio con il merge di Ethereum
Lo studio di Nansen mette in evidenza anche un altro problema post Merge: i principali provider di staking, Coinbase, Binance e Kraken, detengono una quota del 30% degli ETH in staking. La quota maggiore è però detenuta da Lido DAO (31%), un protocollo decentralizzato di liquid staking creato per contrastare il rischio che gli exchange centralizzati accumulassero la maggior parte degli ETH in staking e nel rispetto dei regolamenti giurisdizionali.
Questo timore- sottolinea Nansen - si sta concretizzando per Lido. Gli analisti suggeriscono dunque che si trovino soluzioni a potenziale rischio di eccessiva centralizzazione di ETH in staking e ad una conseguente censura.
Sell off su Bitcoin ed Ethereum: l’analisi tecnica
Il sell off su Bitcoin ha scosso gli investitori. Da un punto di vista grafico la principale criptovaluta ha disegnato un «bearish engulfing» dove la candela di martedì, da -9,93%, incorpora quella precedente invertendone il segno. Tuttavia non stupisce la comparsa di questa figura in corrispondenza di una resistenza a 22.500 dollari: in questo punto transita infatti la base del canale rialzista tracciato dai minimi di giugno, rotta al ribasso lo scorso 26 agosto e riavvicinata con il rimbalzo partito il 7 settembre.
Il «return move», un test dal basso di un precedente supporto, rischia dunque di anticipare nuovi pericolosi cali. La perdita del supporto psicologico dei 20.000 dollari confermerebbe questa ipotesi con conseguente affondo a 18.700 e 17.600 almeno.
Diverso invece lo scenario grafico di Ethereum: i prezzi hanno già tentato senza successo ad agosto il ritorno sopra quota 1.800, salvo poi arretrare. Per il momento, la permanenza sopra la trend line che sale da giugno a 1.400 dollari circa potrebbe offrire una valida sponda per tentare un nuovo allungo che proietti le quotazioni anche oltre i 2.000 dollari, altra resistenza tenace rappresentata dalla linea che scende dai massimi di fine 2021. In tal caso si aprirebbero spazi di crescita verso 2.300 almeno.
Atteso invece un nuovo deterioramento sotto 1.400 per supporti a 1.280 dollari e fino a 1.000 dollari.
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