Green pass e mascherine sono legittime senza stato di emergenza? Risponde il professor Bifulco

Simone Micocci

04/04/2022

Mascherine e green pass possono essere obbligatori anche senza stato di emergenza? Risponde Raffaele Bifulco, professore ordinario di Diritto costituzionale presso l’Università Roma Luiss.

Green pass e mascherine sono legittime senza stato di emergenza? Risponde il professor Bifulco

Lo stato di emergenza è cessato il 1° aprile 2022, tuttavia misure come green pass - anche per lavorare - e obbligo di mascherina al chiuso resistono, in quanto la loro definitiva cancellazione è in programma solamente nelle prossime settimane.

Tuttavia, secondo una parte dell’opinione pubblica una tale decisione del Governo potrebbe contrastare con alcuni dei diritti della persona tutelati dalla Costituzione. Venendo meno lo stato di emergenza, infatti, non ci sarebbero i presupposti per continuare a prevedere restrizioni di questo genere.

Per avere una risposta chiara abbiamo chiesto delucidazioni a Raffaele Bifulco, professore ordinario di Diritto costituzionale nel Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Roma Luiss «Guido Carli», nonché avvocato dal 1990, cassazionista dal 2003 e co-fondatore dello studio legale ADLaw con sede in Roma.

Per mesi le scelte adottate dal Governo per limitare la diffusione dei contagi da Covid hanno limitato la libertà dei cittadini. Alcune scelte, come l’obbligo del green pass per lavorare, sono state giustificate dal Governo con la necessità di tutelare la salute come interesse della collettività, come espressamente previsto dall’articolo 32 della Costituzione, durante il periodo di emergenza. Tuttavia, lo stato di emergenza è venuto meno dal 1° aprile, mentre alcune misure, come appunto la certificazione obbligatoria per lavorare, resistono ancora per qualche settimana. A questo punto ci chiediamo: green pass, mascherine, obbligo vaccinale, continuano a essere legittimi anche con la scadenza dello stato di emergenza? Oppure, secondo il suo parere, non lo sono mai state neppure quando questo era in essere?

Direi che è chiaro che il Governo sta pensando, opportunamente, a una uscita graduale dallo stato di emergenza. Il punto di riferimento è il d.l. 24 del 22 marzo 2022. Anche se nel complesso gergo del legislatore, l’art.1 dice chiaramente che si progetta di uscire dall’emergenza. Anche alcune concrete misure, come l’autosorveglianza, ci dicono che l’atteggiamento sta cambiando (art.4).

Quanto alla mascherina, si prevede che fino al 30 aprile 2022 le mascherine FFP2 vanno indossate obbligatoriamente nei mezzi di trasporto e per gli spettacoli aperti al pubblico. Fino alla stessa data l’obbligo rimane per tutti i luoghi chiusi, a eccezione delle abitazioni private.

Quanto al green pass, invece, la sua eliminazione è graduale: per l’accesso al luogo di lavoro, dal primo aprile basta il green pass base, per poi passare, dal 1° maggio, alla sua eliminazione (ciò non vale per il personale sanitario).

Da un punto di vista generale, dunque, le misure continuano a essere vincolanti, nonostante la cessazione dello stato di emergenza. Tra l’altro, l’uscita da tale stato non può realizzarsi dalla sera alla mattina, ma deve essere graduale e accompagnata da adeguati provvedimenti. E ciò non è il frutto di una invenzione del Governo ma di un provvedimento normativo, approvato da Parlamento e Governo ben prima dello stato di emergenza (art.26 d.lgs. 1/2018), che appunto prevede che, qualsiasi sia stato il motivo della dichiarazione dello stato d’emergenza, al suo cessare l’uscita deve essere graduale.

Soffermiamoci sullo stato di emergenza. Una recente sentenza, la n. 04 del 2022, pronunciata dal Giudice di Pace di Bressanone, ha accolto il ricorso presentato da un cittadino a cui è stata irrogata una multa per non aver indossato la mascherina. Tra le motivazioni, c’è quella secondo cui la delibera che ha dichiarato lo stato di emergenza è priva di fondamento giuridico. E una buona parte di giurisprudenza la pensa così. È davvero così? E per quale motivo la giurisprudenza in questi mesi ha avuto difficoltà a mantenere una linea unitaria, confondendo i cittadini a riguardo?

Direi che bisogna distinguere. L’obbligo d’indossare la mascherina ha subito diverse modulazioni, a seconda della fase della pandemia e a seconda che si fosse in luogo chiuso o aperto. Fino a una certa fase, l’obbligo della mascherina in luogo pubblico non era prevista dalla legge direttamente ma stabilita o da DPCM ovvero rimesso a ordinanze sindacali. Quindi si sono aperti spazi per interpretazioni giudiziarie differenti, a seconda della natura dell’atto che prevedeva l’obbligo. È chiaro che, nei confronti dell’ordinanza del sindaco che dispone l’obbligo di portare la mascherina, il giudice si sente più libero di valutare la fondatezza dell’obbligo.

Invece, quando l’obbligo ha trovato fondamento nella legge (come è accaduto con il d.l. 221/2021 del 24 dicembre scorso), gli spazi interpretativi del giudice si sono ridotti. In questo caso, se il giudice ha perplessità sul fondamento giuridico dell’obbligo, non può procedere egli stesso a cambiare il diritto ma deve rivolgersi alla Corte costituzionale, chiedendo a questa di annullare la legge e spiegando adeguatamente, in termini giuridici, i motivi di tale richiesta. Ma la Corte non ha bocciato le scelte legislative dello Stato di questi due anni.

Per mesi abbiamo letto, soprattutto sui social network, lo sfogo di alcuni cittadini, specialmente di quelli non vaccinati, rispetto al fatto che con le restrizioni attuate in piena pandemia, siano stati lesi i loro diritti costituzionali. Adesso che stiamo procedendo a larghe falcate verso un ritorno alla normalità, possiamo finalmente dare una risposta a riguardo? Davvero la situazione di emergenza ha portato i governi a sconfinare rispetto a quanto definito nella Costituzione?

È stato detto in tutte le salse: il diritto alla salute non è solo un diritto fondamentale dell’individuo, è anche un interesse della collettività. Tanto è vero che la Costituzione prevede la possibilità di vaccinazioni, a condizione che siano previsti dalla legge e che non siano violati i limiti imposti dal rispetto della persona umana. Limiti che non pare siano stati violati.
Aggiungerei che negli ultimi decenni siamo stati abituati, fortunatamente, a rivendicare i nostri diritti, dimenticandoci che abbiamo obblighi verso la comunità nella quale viviamo.

Secondo lei, quanto successo in questi ultimi due anni, e appunto visti tutti i contrasti sorti rispetto alle misure attuate, ci lascia degli spunti di riflessione rispetto a una modifica costituzionale che possa introdurre delle norme più specifiche per gestire eventuali momenti di emergenza?

Anche in questo caso distinguerei. Le emergenze ‘ordinarie’ sono già disciplinate dal codice della protezione civile (il d.lgs.1/2018). Il profilo problematico è che le crisi e le emergenze sono sempre più internazionalizzate. Rispetto a tale tipo di crisi, l’Italia o la Germania o un qualsiasi altro paese europeo possono fare poco con i rispettivi strumenti normativi. Molto più importante è, secondo me, avere meccanismi istituzionali che mettano in grado i principali attori del Paese -Parlamento e Governo- d’interagire efficacemente con gli unici attori che possono governare adeguatamente queste crisi, in primis l’Unione europea e le organizzazioni internazionale. Ma per far questo non abbiamo bisogno di modifiche costituzionali sullo stato d’emergenza. O almeno non mi pare una priorità.

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