Cosa succede se nel corso di un processo per separazione e divorzio emergono reati tributari? Le conseguenze potrebbero essere molto gravi per i contribuenti.
Cosa succede se all’interno di un procedimento per la determinazione dell’assegno di mantenimento in favore dell’ex coniuge o dei figli emerge che vi sono dei redditi diversi da quelli dichiarati? Quali sono i limiti che incontrano i controlli fiscali?
A fornire una risposta sulla questione è la riforma Cartabia che mette in luce tutte le possibili conseguenze e connessioni tra le indagini tributarie/finanziarie e i processi civili e in particolare il procedimento per la determinazione dell’assegno di mantenimento.
Molti possono pensare che nell’ambito di un processo civile non possano esservi altre implicazioni se non quelle che derivano direttamente dalla questione dibattuta, ad esempio se si discute sui termini di una separazione/divorzio, si resta nell’ambito di tale dibattimento, determinando la separazione per colpa o senza colpa, con addebito o senza addebito, riconoscendo l’assegno di mantenimento, ma se dal dibattimento dovessero emergere altre problematiche e anche dei reati cosa succede?
La riforma Cartabia (D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, con effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 ) in merito ha portato delle novità inerenti i controlli fiscali.
Controlli fiscali nel corso del processo per separazione o divorzio
La disciplina antecedente all’entrata in vigore della riforma Cartabia, art. 5, comma 9, della Legge n.898/1990, prevede che all’udienza di comparizione i coniugi devono presentare la loro dichiarazione dei redditi e “ogni documentazione relativa ai loro redditi e al loro patrimonio personale e comune.” L’articolo continua statuendo che:
In caso di contestazioni il tribunale dispone indagini sui redditi, sui patrimoni e sull’effettivo tenore di vita, valendosi, se del caso anche della polizia tributaria
Cosa vuol dire? Semplicemente che i coniugi possono contestare le dichiarazioni dei redditi, sebbene regolarmente presentate, cioè possono far presente al giudice che in realtà l’altro coniuge ha un patrimonio di consistenza maggiore, ad esempio terreni intestati a un prestanome i cui frutti ricadono però nella sfera del coniuge, oppure possono contestare i redditi dimostrando che ci sono entrate non dichiarate al Fisco, di conseguenza la disponibilità economica è maggiore e durante il matrimonio era assicurato alla prole un tenore di vita più alto di quello che potrebbe sembrare dalle dichiarazioni ufficiali.
Nel momento in cui viene contestato ciò, il giudice che sta trattando la causa di divorzio in sede civile, può disporre indagini di polizia tributaria attraverso apposita delega alla Guardia di Finanza territorialmente competente.
Naturalmente, disposti tali controlli fiscali, può emergere di tutto, ad esempio possono emergere conti corrente detenuti in paradisi fiscali, una contabilità parallela rispetto a quella emergente dalle dichiarazioni dei redditi, possono emergere patrimoni intestati fittiziamente ad altri soggetti. Possono, di conseguenza, palesarsi anche reati molto gravi e che come tali devono essere perseguiti.
La polizia tributaria in questi casi può mettere in campo tutti i suoi strumenti di indagine, ad esempio accessi e ispezioni, controllo dei conti corrente e verifiche di varia natura.
Cosa cambia con la riforma Cartabia per le indagini tributarie in corso di procedimento per separazione/divorzio?
La riforma Cartabia, non toglie alcun potere di indagine rispetto a quanto visto fino a ora, ma rende più gravosa la posizione delle parti.
Nella disciplina previgente si è detto che in caso di contestazione il giudice poteva dare il via ai controlli fiscali, ma con la riforma Cartabia questo punto cambia, in sfavore del contribuente.
Recita l’art. 473-bis.2 , rubricato “poteri del giudice” che in caso di domande di contributo economico, all’interno di procedimenti di separazione, di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento dell’unione civile e di regolamentazione dell’esercizio della responsabilità genitoriale
il giudice può d’ufficio ordinare l’integrazione della documentazione depositata dalle parti e disporre ordini di esibizione e indagini sui redditi, sui patrimoni e sull’effettivo tenore di vita, anche nei confronti di terzi, valendosi se del caso della polizia tributaria
Questo implica che, indipendentemente dalla contestazione delle parti, se il giudice si accorge che c’è una consistenza economica differente da quella che appare dalla documentazione, può d’ufficio, attivare la polizia tributaria.
Separazione e divorzio, in caso di controlli fiscali l’onere della prova contraria spetta al contribuente
In merito alle indagini della polizia tributaria e al conseguente eventuale processo. Ricordiamo che c’è un regime delle prove non particolarmente favorevole al contribuente.
La giurisprudenza è concorde nel ritenere che nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria rilevi difformità tra quanto dichiarato e la realtà finanziaria, l’onere della prova risulta assolto con la semplice rilevazione dei dati finanziari.
Spetta al contribuente a questo punto dimostrare che in realtà la determinazione dell’imponibile così come effettuata dall’Amministrazione è errata, cioè vi è l’onere della prova contraria a carico del contribuente.
La Corte di Cassazione ha inoltre fissato un ulteriore principio: le risultanze delle indagini bancarie hanno un valore probatorio da ricondurre alle presunzioni legali. Il contribuente anche in questo caso può fornire prova contraria.
Cosa vuol dire presunzioni legali? È la stessa legge che attribuisce a un fatto noto il valore di prova in relazione a un altro fatto che quindi viene presunto. Le presunzioni legali possono essere assolute se non è ammessa la prova contraria e relative se la prova contraria è ammessa. Ci troviamo quindi nell’ambito delle seconde.
Volendo riassumere, se nel corso di un procedimento per la determinazione dell’assegno di mantenimento emergono fatti rilevanti dal punto di vista tributario, il coniuge può ritrovarsi non solo a dover pagare un assegno di importo più elevato, oppure a ricevere un assegno di importo minore, ma anche a dover pagare maggiori imposte e, nel caso in cui il fatto rilevi penalmente, potrebbe avviarsi anche una procedura penale.
© RIPRODUZIONE RISERVATA