Come trasferire la residenza fiscale all’estero (e dimostrarla legalmente)

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24 Aprile 2025 - 17:17

Quali sono i requisiti della residenza fiscale estera? Com’è possibile trasferirla e dimostrarla? Ecco a cosa devono stare attenti i diretti interessati.

Come trasferire la residenza fiscale all’estero (e dimostrarla legalmente)

La residenza fiscale estera è una realtà per tanti italiani che svolgono attività anche fuori confine. Da motivi legati al lavoro ad altri relativi allo studio, per esempio, sono tante le ragioni che possono portare un residente in Italia a trasferirsi altrove. E se ciò avviene per un periodo solo temporaneo, non si riscontrano particolari problemi dal punto di fiscale. Ma non si può dire lo stesso quando il trasferimento viene fatto con l’intenzione di renderlo permanente, o comunque di lunga durata: in questi casi, è necessario procedere con il trasferimento della residenza fiscale, possibilmente rivolgendosi a un professionista esperto in questo campo (o informandosi molto e a dovere), date le problematiche che si possono riscontrare.

Purtroppo, la normativa è complessa. Anche a causa di chi decide di spostare la residenza fiscale all’estero come stratagemma: si continua a svolgere l’attività in Italia, ma si pagano meno tasse. L’Agenzia delle Entrate tenta di ostacolare questa prassi in ogni modo e, spesso, a rimetterci sono quei lavoratori e studenti che abitano realmente fuori frontiera e che tornano in Italia periodicamente per trovare la propria famiglia o fare semplicemente una vacanza. E, allora, come dimostrare la residenza fiscale estera?

Cerchiamo di mettere ordine, scoprendo sia come trasferire la propria residenza all’estero e sia come dimostrarla in caso di controlli fiscali.

Requisiti della residenza fiscale estera

La normativa italiana sulla residenza fiscale all’estero è stata significativamente aggiornata con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 209 del 27 dicembre 2023, parte della riforma della fiscalità internazionale. Questa riforma ha introdotto criteri più stringenti per determinare la residenza fiscale, allineando l’Italia agli standard internazionali e alle convenzioni contro le doppie imposizioni.​

Secondo l’articolo 2 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), modificato dal decreto, una persona fisica è considerata fiscalmente residente in Italia se, per la maggior parte del periodo d’imposta (almeno 183 giorni, considerando anche le frazioni di giorno), si verifica almeno una delle seguenti condizioni:​

  • presenza fisica nel territorio italiano: la semplice presenza fisica in Italia per la maggior parte dell’anno fiscale è ora un criterio autonomo per determinare la residenza fiscale, indipendentemente da motivazioni o altri legami. Anche le frazioni di giorno sono considerate nel calcolo dei giorni di presenza;
  • domicilio: il concetto di domicilio è stato ridefinito in senso sostanziale, identificandolo come il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona. Questo criterio enfatizza i legami affettivi e familiari rispetto agli interessi economici;
  • iscrizione nelle anagrafi della popolazione residente: l’iscrizione per la maggior parte del periodo d’imposta nelle anagrafi italiane costituisce una presunzione relativa di residenza fiscale, superabile con prova contraria;
  • residenza in Italia ai sensi del Codice Civile.

Per i cittadini italiani che trasferiscono la residenza all’estero, l’iscrizione all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) è un requisito fondamentale. Tuttavia, questa iscrizione non è sufficiente per escludere la residenza fiscale in Italia. È necessario dimostrare che il centro degli interessi vitali, ovvero il luogo con il quale la persona ha i legami più stretti sotto l’aspetto personale e patrimoniale, si trovi effettivamente all’estero.

In caso di conflitto tra la residenza fiscale italiana e quella di un altro Stato, le convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia prevedono criteri di risoluzione, noti come «tie breaker rules», che considerano fattori come il domicilio permanente, i legami personali ed economici, e la cittadinanza.

Quindi, per certificare una residenza fiscale estera è essenziale non solo trasferire la residenza anagrafica all’estero e iscriversi all’AIRE, ma anche dimostrare che il centro degli interessi vitali si trovi fuori dal territorio italiano. La presenza fisica in Italia per più di 183 giorni, anche non consecutivi, può determinare la residenza fiscale, indipendentemente da altri fattori. Pertanto, è consigliabile pianificare attentamente il trasferimento all’estero, considerando tutti i criteri previsti dalla normativa vigente.

Come trasferire la propria residenza fiscale all’estero

Trasferire la residenza fiscale all’estero rappresenta una decisione di rilievo che comporta l’osservanza di una procedura articolata, regolamentata dalla normativa italiana e dalle convenzioni internazionali. È fondamentale comprendere i requisiti -detti in precedenza - e gli adempimenti necessari per evitare il rischio di doppia imposizione e garantire la conformità fiscale.​

Ecco la procedura per il trasferimento della residenza fiscale all’estero.

  • Iscrizione all’AIRE: il primo passo consiste nell’iscrizione all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE), obbligatoria per i cittadini italiani che trasferiscono la residenza all’estero per un periodo superiore a 12 mesi. L’iscrizione deve essere effettuata presso il consolato italiano competente per territorio entro 90 giorni dal trasferimento. ​
  • Cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente: contestualmente all’iscrizione all’AIRE, è necessaria la cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente del comune italiano di provenienza.​
  • Documentazione del trasferimento: è importante conservare documentazione che attesti il trasferimento effettivo della residenza all’estero, come contratti di lavoro, contratti di locazione o proprietà di immobili, bollette, iscrizione a sistemi sanitari esteri etc etc.
  • Durata del soggiorno all’estero: la permanenza all’estero deve essere effettiva e continuativa per almeno 183 giorni all’anno (184 in caso di anno bisestile), in linea con le disposizioni delle convenzioni contro le doppie imposizioni.​

Come anticipato, oltre agli aspetti formali, l’Agenzia delle Entrate valuta anche il «centro degli interessi vitali» del contribuente, ovvero il luogo con cui la persona ha legami personali e patrimoniali più stretti. Pertanto, anche se formalmente residente all’estero, un individuo potrebbe essere considerato fiscalmente residente in Italia se mantiene legami significativi nel territorio nazionale.

Residenza fiscale estera: come evitare problematiche e controlli

Negli ultimi anni l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza hanno aumentato i controlli relativi a coloro che cambiano la propria residenza fiscale, per evitare che venga dichiarata tale modifica pur rimanendo a vivere in Italia. In questo modo, infatti, la persona in questione eviterebbe di pagare le imposte in Italia, senza effettivamente trasferirsi.

Questo aumento dei controlli ha reso più scrupolose le richieste necessarie a dimostrare il trasferimento della residenza, per evitare truffe ai danni dello Stato, hanno anche fatto sì che chi si trova a svolgere l’operazione in questione per ragioni legittime possa avere più difficoltà.

Chi desidera trasferire la propria residenza fiscale all’estero dovrà quindi organizzarsi per tempo:

  • evitare di avere debiti fiscali o previdenziali in Italia prima del processo di trasferimento della residenza fiscale. I debiti fiscali infatti possono essere notificati anche all’estero;
  • controllare se si hanno redditi in Italia anche se si vive all’estero e dichiararli quando dovuto. Possono provenire da immobili in affitto, lavori da freelance, o di qualsiasi altro tipo. I redditi in Italia infatti generano reddito imponibile e dovranno venire tassati di conseguenza;
  • conservare tutta la documentazione relativa al proprio trasferimento che dimostri di vivere in maniera stabile e continuativa all’estero;
  • organizzare il proprio futuro lavorativo dal punto di vista fiscale, per comprendere quale forma di impresa o regime fiscale sia più adatto alla propria situazione.

Dimostrazione della residenza fiscale estera

I contribuenti hanno la necessità di dimostrare che risiedono oltre confine solo se hanno scelto un paese con una fiscalità privilegiata, come può essere, ad esempio, il Principato di Monaco. Nel caso in cui il paese scelto non è a fiscalità privilegiata, spetterà direttamente all’Agenzia delle Entrate dimostrare che il contribuente non risiede oltre confine.

Nel caso in cui debba essere il contribuente a dimostrare che ha una residenza fiscale all’estero, lo può fare con un qualsiasi mezzo di natura documentale, con il quale possa dimostrare che all’estero:

  • è in possesso di una dimora abituale;
  • ha iscritto i figli a scuola e questi la stanno frequentando;
  • ha un lavoro continuativo o svolge una qualsiasi attività imprenditoriale;
  • ha sottoscritto un contratto di affitto o di acquisto di un immobile residenziale;
  • è iscritto nelle liste elettorali, nel caso in cui questo sia possibile.

Il fatto che il contribuente non sia proprietario di immobili in Italia o non abbia delle partecipazioni all’interno di società, rende ancora più credibile la sua residenza all’estero. Se poi riesce a dimostrare di non avere rapporti significativi e duraturi di carattere economico o familiare nel nostro paese, è ancora meglio.

È necessario, per i contribuenti riuscire a dimostrare in maniera chiara ed inequivocabile di aver perso ogni tipo di collegamento con l’Italia. Ma soprattutto dovrà provare che la sua presenza nel Paese a fiscalità privilegiata sia reale e duratura. Queste, sostanzialmente, sono le strade da percorrere per riuscire a dimostrare di avere la residenza fiscale all’estero.

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