Il governo ha approvato la riattivazione della società Stretto di Messina spa per la costruzione del ponte, visto quanto è costata finora si può definire a costo zero?
La società realizzata nel 1981 per la realizzazione del ponte sullo Stretto è stata sciolta nel 2013 e ad oggi, mentre la procedura di liquidazione è ancora in corso, il governo Meloni ha approvato la manovra per la sua riattivazione. In effetti, nel corso della campagna elettorale, ne hanno trattato vari esponenti politici come Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, secondo quest’ultimo si tratterebbe infatti di un’operazione a costo zero.
Nonostante l’approvazione del governo, è un po’ difficile non considerare anche i costi passati. La Stretto di Messina spa ha comunque provocato una spesa pubblica notevole negli anni, più che altro in merito alle procedure liquidatorie in quanto di fatto non è avvenuto alcun lavoro considerabile.
La progettazione del ponte ha comunque attraversato un iter decisamente burrascoso, tra riprese e brusche interruzioni. L’idea di procedere al rinnovo non ha mai smesso di incuriosire i governi, anche in vista di un aumento dell’occupazione e della presunta riduzione del traffico. Nonostante gli eventuali benefici, comunque, non è del tutto corretto considerarla una spesa a costo zero.
Quanto è costata realmente la società del ponte sullo Stretto
Per il momento non è possibile prevedere con assoluta certezza il costo della riattivazione, quello che è certo è la spesa complessiva affrontata finora dall’Italia, seppure il ponte non sia mai stato realizzato. In ogni caso, è possibile farsi un’idea abbastanza rilevante in merito, infatti considerando lo studio di fattibilità ripreso da Draghi e la vincita dell’appalto da parte della Rete ferroviaria italiana, si prospetta una spesa di almeno 50 milioni di euro. Cifra alla quale bisogna in realtà sommare i costi importanti degli ultimi anni.
Nel corso del 2021, infatti, la società ha speso quasi mezzo milione di euro, così distribuiti:
- 214.000 euro per pagare il salario del personale distaccato in merito alle operazioni di liquidazione.
- 100.000 euro per la retribuzione del commissario liquidatore Vincenzo Fortunato.
- 20.000 euro per il collegio sindacale.
- 13.000 euro per la società di revisione.
- 50.000 euro per le fatture dei professionisti e gli altri costi aggiuntivi.
- 55.000 euro di spese per la difesa legale.
Nel complesso, quindi, l’aspetto più rilevante è il protrarsi della procedura di liquidazione, che invece si sarebbe dovuta concludere nel 2014. A rallentare tutto questo procedimento hanno sicuramente contribuito in maniera decisiva i contenziosi legali che coinvolgono la società.
A cosa è dovuta la spesa se il ponte non è stato realizzato
Considerata la totale carenza di un avviamento del progetto per la costruzione del ponte, i costi appaiono senza dubbio esorbitanti. In realtà bisogna anche tenere in mente la necessità di pagare i dipendenti distaccati, che hanno diritto allo stipendio a prescindere dall’esistenza di procedure liquidatorie in corso.
La società, peraltro, vista proprio l’ingente diminuzione di attività, ha accusato anche una forte riduzione dei costi. Nel dettaglio, i costi complessivi riportati per lo scorso anno sono pari a 451.000 euro, contro i 759.000 euro del 2019.
Nonostante ciò, l’ultimo bilancio aziendale riporta un debito totale pari a 24,8 milioni di euro e proprio in relazione alla posizione debitoria intervengono le battaglie legali, con i numerosi risarcimenti pretesi a discapito della società.
Il contenzioso più preoccupante è quello contro Eurolink, il consorzio incaricato della costruzione, che reclama un risarcimento danni da 700 milioni di euro. Parsons, invece, società americana di ingegneria civile, ha richiesto 90 milioni di euro. Quest’ultima pretesa è stata negata dalla corte Costituzionale ma questo non cancella i consistenti risarcimenti già pagati dalla società.
La Stretto di Messina ha già pagato infatti più di 200.000 euro per un risarcimento riguardo l’espropriazione di terreni e ha a sua volta richiesto allo Stato italiano un indennizzo pari 325 milioni di euro, al fine di essere risarcita in seguito alla revoca della concessione e dei lavori già avviati.
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