Soldi e potere: perché Salvini non si dimette da ministro

Alessandro Cipolla

14 Agosto 2019 - 11:41

Divampa la crisi di governo ma, nonostante la richiesta di elezioni anticipate, Matteo Salvini come tutti gli altri ministri della Lega non si è ancora dimesso: oltre ad aspetti economici, il rischio è di complicare la campagna elettorale.

Soldi e potere: perché Salvini non si dimette da ministro

Matteo Salvini continua a chiedere a gran voce le elezioni anticipate ma si guarda bene nel mollare la cadrega del Viminale. Nonostante la paventata ipotesi circolata nei giorni scorsi, finora nessun ministro della Lega si è dimesso.

Una situazione strana visto che il Carroccio ha aperto una crisi di governo affermando che non ci sono più le condizioni per andare avanti nell’alleanza con il Movimento 5 Stelle. Logica vorrebbe che il primo passo fosse stato le dimissioni in blocco dei ministri leghisti.

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Invece per il momento Matteo Salvini non intende dimettersi: una mossa questa che magari può in qualche modo complicare un immediato ritorno alle urne, ma che di fatto garantisce al leader della Lega tutta una serie di vantaggi in vista della probabile campagna elettorale.

Perché Salvini non si dimette da ministro

Nonostante la crisi in corso, al momento Matteo Salvini come tutti gli altri ministri del governo gialloverde, sia della Lega che del Movimento 5 Stelle o quelli tecnici, è pienamente in carica.

Se però la prossima settimana il premier Giuseppe Conte dovesse dimettersi o essere sfiduciato, nel caso che non si riuscisse poi a formare una nuova maggioranza capace di sostenere un governo (di scopo, istituzionale o di legislatura) al Presidente Sergio Mattarella non rimarrebbe che sciogliere le Camere con conseguenti elezioni anticipate.

Anche con la fine dell’esperienza gialloverde e un ritorno alle urne, l’attuale governo (quindi pure tutti i ministri) rimarrebbe comunque in carica per il disbrigo dell’ordinaria amministrazione.

In caso di elezioni, Matteo Salvini non dimettendosi avrebbe diversi vantaggi in vista della eventuale campagna elettorale senza considerare che, in qualità di ministro dell’Interno, spetterebbe al suo dicastero gestire le operazioni di voto.

Restando al Viminale, come sta succedendo in questi giorni potrebbe proseguire nella linea dei porti chiusi alle navi delle Ong con migranti a bordo, negando la firma a un loro ingresso nelle acque territoriali come previsto dal decreto Sicurezza bis trovando così ottimo materiale per la propaganda elettorale.

Andrea Fioravanti su Linkiesta fa notare pure quelli che sarebbero dei vantaggi economici. Non si tratterebbe di soldi in più direttamente nelle tasche di Salvini, un ministro che è anche senatore non percepisce il doppio stipendio ma soltanto quello da parlamentare, ma in meno per il suo staff (la cosiddetta Bestia di Luca Morisi) costretto ad abbandonare il proprio posto (e busta paga) al Viminale e minori risorse per la campagna elettorale.

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Visto che come ci ha abituato Salvini è solito battere palmo a palmo tutto il paese durante i suoi tour elettorali, per Fioravanti infatti se si dimettesse non potrebbe più mettere questi spostamenti a carico del Ministero dell’Interno, con il costo che ricadrebbe tutto sulle claudicanti casse della Lega.

C’è poi l’aspetto della visibilità. In qualità di ministro, vicepremier e leader del Carroccio, Salvini al momento impazza su tutti i media sfruttando anche il suo ruolo istituzionale, mentre se tornasse a essere “soltanto” senatore e segretario della Lega anche per colpa della par condicio avrebbe meno spazio.

Insomma Matteo Salvini ha tutta una serie di buoni motivi per non dimettersi, come i suoi colleghi di partito, dal ruolo di ministro dell’Interno: un abbandono in blocco potrebbe semplificare l’iter verso le elezioni anticipate, ma al momento il Capitano preferisce non abbandonare il posto strategico di guida del Viminale.

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