Spetta il mantenimento anche se la coppia non si è mai sposata? Ecco cosa prevede la legge e quando si ha diritto all’assegno senza matrimonio.
La convivenza comporta la creazione di un nucleo familiare a tutti gli effetti analogo a quello matrimoniale, che però manca della regolamentazione. Con il matrimonio, infatti, i coniugi si impegnano a rispettare precisi doveri e diritti reciproci, così come è stabilito dal Codice civile. Ad esempio, il dovere al mantenimento in favore del coniuge economicamente non autosufficiente dopo la separazione.
Ai fini dell’assegno di mantenimento e, in seguito, di quello divorzile, vengono analizzati tutti gli aspetti della collaborazione familiare e i contributi dati da entrambi i coniugi. Per esempio, accade che uno dei due si dedichi principalmente al ménage domestico e il secondo all’attività professionale, contribuendo entrambi alla vita familiare in diverso modo.
Una situazione del tutto uguale si presenta anche fra i conviventi, con ogni coppia che organizza la vita familiare – dal lato economico e domestico – sulle forze di entrambi. Ci si chiede allora se anche senza matrimonio si possa presupporre il diritto all’assegno di mantenimento.
Spetta il mantenimento senza il matrimonio?
Il diritto all’assegno di mantenimento ricade in modo automatico sui figli (almeno fino a un certo momento) e sull’ex coniuge che non è autosufficiente dal punto di vista economico, purché non gli sia stata addebitata la separazione. I precisi requisiti del diritto al mantenimento derivano proprio dal vincolo coniugale e diventano rilevanti dopo la separazione o dopo il divorzio.
Il diritto al mantenimento è il medesimo anche per gli uniti civilmente dato che, seppur l’unione civile non sia dal punto di vista prettamente giuridico assimilabile al matrimonio, esiste comunque uno specifico vincolo di tipo legale che lega le parti. Aspetto che manca nelle convivenze, nonostante nella pratica siano in tutto e per tutto affini a matrimoni e unioni civili.
Di fatto, ai conviventi manca un insieme di obblighi e doveri specifici come quelli coniugali, quasi tutto è lasciato alla libera scelta e agli obblighi morali. Di conseguenza, senza matrimonio non spetta il mantenimento. O meglio, non spetta il mantenimento per legge, ma potrebbe spettare in presenza di un diverso accordo a regolamentare la convivenza.
Quando spetta il mantenimento al convivente
Come detto, i conviventi non possono vantare l’uno sull’altro diritti di mantenimento, a meno che questa previsione non sia resa possibile da un loro accordo specifico. In particolare, il patto di convivenza può determinare anche gli aspetti patrimoniali che riguardano la coppia e introdurre l’obbligo di mantenimento nei confronti del convivente più debole economicamente.
Tutte le specifiche presenti sono valide e possono pertanto essere fatte valere in tribunale con una causa civile in caso di inadempimento. I conviventi possono stabilire nel patto anche la misura di calcolo del mantenimento o già il suo importo, così come la modalità di erogazione, la durata ed eventuali condizioni. L’unico requisito è che sia redatto con scrittura privata autenticata.
Obblighi alimentari fra conviventi
Diverso dall’assegno di mantenimento è l’obbligo alimentare dovuto alle persone in stato di bisogno. In caso di necessità, fra i primi obbligati c’è il coniuge, ma prima ancora di quest’ultimo c’è il donatario, obbligato in misura della donazione ricevuta.
È quindi tenuto a versare gli alimenti al convivente (o ex convivente) in stato di bisogno chi ha ricevuto delle donazioni, ma soltanto in misura di queste. Oltre a quest’obbligo generale, però, grazie alla legge Cirinnà anche nelle coppie di fatto sussiste l’obbligo alimentare, analogo a quello coniugale. Si ricorda, però, che gli alimenti sono molto più modesti del mantenimento e sottoposti a requisiti più stringenti.
leggi anche
Figli di coppie non sposate, cosa cambia?
Restituzione delle spese sopportate durante la convivenza
Visto che in assenza del patto di convivenza non spetta il mantenimento, risulta spontaneo domandarsi se allora sia possibile ottenere la restituzione delle spese effettuate durante il periodo di convivenza. Anche in questo caso, la risposta è negativa.
Pur non essendoci il vincolo coniugale, infatti, la giurisprudenza considera l’esistenza di un implicito dovere di solidarietà tra i conviventi, presupponendo che le spese siano finalizzate ai bisogni familiari. In effetti, questa interpretazione appare contradditoria rispetto a quanto visto sul mantenimento, ma in realtà si tratta di una forma di tutela per i conviventi, che in questo caso assimila un concetto derivante dal matrimonio.
A ben vedere, oltretutto, il Codice civile esclude il diritto alla restituzione di quanto dato per libera volontà adempiendo a un dovere morale. È comunque prevista un’eccezione per le spese straordinarie, costi di entità importante per i quali è dovuta la restituzione al 50% purché dimostrabili.
© RIPRODUZIONE RISERVATA