Stati Uniti, il grande paradosso: per salvarsi serve un crollo del mercato azionario

Flavia Provenzani

11 Maggio 2023 - 07:47

Per salvare l’economia degli Stati Uniti dal default e dalla recessione è necessario un crollo del mercato azionario, che spinga la classe politica a dare l’ok all’innalzamento del tetto sul debito.

Stati Uniti, il grande paradosso: per salvarsi serve un crollo del mercato azionario

L’economia degli Stati Uniti ha molti più problemi di quanto sembri - o di quanto gli altri media siano disposti ad ammettere.

L’innesco dei problemi è stato, neanche a dirlo, lo scoppio della pandemia tre anni fa: il settore produttivo è andato in tilt e l’inflazione ha raggiunto livelli che non si vedevano da 40 anni, uno scenario che ha spinto le banche centrali ad aumentare i tassi di interesse. Per mesi economisti ed analisti ci hanno detto che la recessione non solo era inevitabile, ma anche in arrivo.

Ma poi guardiamo i dati. E vediamo che l’economia degli Stati Uniti sta crescendo, il mercato del lavoro appare stabile e promettente e i consumatori continuano a spendere. Una mole di contraddizioni senza fine. Eppure, il countdown è iniziato e - paradosso - senza un crollo del mercato azionario Washington D. C. è destinata al default.

Come sta messa (davvero) l’economia degli Stati Uniti

I dati di aprile mostrano una crescita nel numero di nuove assunzioni negli Stati Uniti, un risultato che cozza con le continue notizie che parlano di migliaia di licenziamenti in grandi società come Meta, Amazon, Disney, Walmart e General Motors.
Il tasso di disoccupazione statunitensi è a livelli minimi da record, visti l’ultima volta nel lontano ’69, e quest’anno sono stati aggiunti all’economia USA 1,2 milioni di nuovi posti di lavoro, un risultato strabiliante.

Sebbene i licenziamenti in massa annunciati, sono ancora molte le assunzioni nel comparto tecnologico, soprattutto sul fronte dei sistemi informatici. Anche il settore delle costruzioni va alla grande: secondo dati governativi ad aprile sono state 7,9 milioni le persone impiegate nel settore.

E sul fronte salariale le cose procedono spedite. Dopo anni di lenta crescita degli stipendi, negli ultimi mesi i lavoratori statunitensi hanno goduto del miglior aumento salariale dell’ultima generazione, soprattutto i lavoratori con gli stipendi più bassi. Ora che il rialzo dell’inflazione appare meno potente, questi stipendi più alti potrebbero complicare la lotta all’inflazione della Federal Reserve, come anche sostenere la spesa dei consumatori, aiutando l’economia statunitense a evitare una recessione.

E la recessione?

Siamo davanti a una bomba ad orologeria con un countdown infinito se guardiamo agli allarmi lanciati dagli esperti circa un imminente arrivo di una recessione che si susseguono oramai da mesi.

Eppure il mercato azionario quest’inverno è salito nella speranza che la situazione potesse essere sotto controllo, il PIL e l’inflazione hanno smesso di crescere all’impazzata e ciò non ha impattato sul tasso di disoccupazione. La fine del ciclo di rialzo dei tassi di interesse della Fed, banca centrale americana, potrebbe essere imminente, e il suo presidente, Jerome Powell, è convinto che la recessione si evitabile. Le probabilità che arrivi una recessione sono al 35% secondo uno studio di Goldman Sachs.

«Evitare una recessione è, a mio avviso, più probabile che avere una recessione», ha dichiarato Powell. «Ma non escludo nemmeno questo. È possibile che avremo una lieve recessione», ha spiegato il presidente Fed ai giornalisti in sede di conferenza stampa dopo l’ultima decisione sui tassi della banca centrale.

Cosa minaccia l’economia USA

Ma la situazione non è così rosea come sembra.
Ad oggi due minacce specifiche stanno mettendo a rischio la stabilità dell’economia statunitense:

  • la crisi delle banche regionali, innescata dal fallimento della Silicon Valley Bank;
  • la crisi politica legata al tetto sul debito pubblico.

Ad oggi la crisi bancaria sembra essersi stabilizzata - almeno per ora - ma lo scontro tra Democratici e Repubblicani sul debito ha il potenziale di impattare enormemente sullo stato di salute dell’economia statunitense.

Gli Stati Uniti, infatti, potrebbero non riuscire a ripagare gli obbligazionisti e andare in default il 1° giugno qualora il Congresso non riuscisse a trovare un accordo sul limite del debito prima di allora. È stata la stessa segretario al Tesoro - nonché ex presidente della Federal Reserve - Janet Yellen ad aver lanciato l’allarme.

La diffusione di un certo terrore sul mercato azionario sarebbe stata a dir poco comprensibile. Ma così non è stato. I maggiori indici azionari USA sono in gran rialzo nel 2023 - il Nasdaq segna un +16,5%, l’S&P 500 è in rialzo di quasi l’8%.

Il paradosso

Ed è qui il più grande paradosso.
Finché il mercato azionario si presenta non solo stabile ma anche in crescita, il Congresso non avrà la spunta necessaria per arrivare ad un accordo. C’è bisogno, proprio come successo nel 2011 e nel 2013, di un profondo panic sell per poter giungere ad una soluzione.

Nel 2011, il Congresso ha raggiunto un accordo per un aumento al tetto del debito due giorni prima della data in cui la liquidità, secondo le stime del Tesoro, sarebbe esaurita. Sui mercati finanziari fu la settimana peggiore dalla crisi finanziaria del 2008 e la situazione portò agli Stati Uniti il primo e unico declassamento sul credito.

Oggi i mercati non sono affatto preoccupati. È come se dessero per scontato che una soluzione, anche se all’ultimo secondo, verrà trovata, proprio come già accaduto in passato più di una volta.

Ma siamo davvero sicuri di poter stare tranquilli?

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