L’analista ed esperto in macroeconomia tratteggia i possibili scenari derivanti dalla fine del conflitto in Ucraina.
L’avvio del nuovo anno rimane carico di incertezze e interrogativi per l’economia europea e non solo.
Crisi energetica, inflazione e rialzo dei tassi sono soltanto alcune delle conseguenze prodotte dal conflitto che da quasi un anno devasta l’Ucraina, condizionando l’esistenza di milioni di persone, con ricadute rilevanti per i mercati del Vecchio Continente.
Ma se per ipotesi la guerra avviata dalla Russia dovesse terminare nel breve periodo - cosa che tutti ci auguriamo - siamo sicuri che la situazione generale ne trarrebbe giovamento? E se sì, in quali tempi? In un’intervista raccolta da Sara Bracchetti per Moneymag.ch a Stefano Gianti, l’analista di Swissquote Bank e opinion maker per molte testate finanziarie internazionali, prova a tratteggiare i possibili scenari macroeconomici derivanti dall’auspicata fine del conflitto.
L’onda della recessione
Secondo l’analista, nel 2023 la fase difficile che stiamo attraversando si esprimerà attraverso un rallentamento dell’attività economica con «meno» più leggeri davanti ai numeri. «Se la guerra in Ucraina si concludesse - spiega Gianti -, potremmo prevedere una recessione lievissima a inizio anno e invece un secondo, terzo e quarto trimestre con dei grandi caratterizzati dal segno più».
Nel frattempo la debolezza della divisa dell’Unione continuerebbe a giocare un ruolo fondamentale. «Nel corso del 2022 - ha spiegato Gianti a Moneymag.ch - l’euro si è indebolito a causa soprattutto della differente politica delle banche centrali. Il dollaro si è apprezzato e l’euro ha perso terreno quasi senza sosta. Una condizione che ha reso il 2022 un anno epocale, nel quale il differenziale dei tassi di interesse è stato determinante».
Effetto ’Price Cap’
Per Gianti i segnali più incoraggianti si sono espressi con la recente discesa dei prezzi delle materie prime connesse soprattutto al settore energetico. «Assistiamo a una ripresa della bilancia commerciale e anche l’euro va meglio, con un recupero del 12% sul dollaro nel solo ultimo trimestre del 2022. Tuttavia, nonostante l’adozione del Price Cap, i prezzi delle materie prime non sono ancora tornati ai livelli precedenti lo scoppio del conflitto».
Per l’analista, il vero nodo del 2023 è rappresentato da come si comporterà la bilancia commerciale europea. In questa partita, le esportazioni di Italia e Germania giocheranno un ruolo centrale, alla luce soprattutto della lunga fase di sofferenza che ha caratterizzato questi mercati nel corso dell’anno appena concluso. «Dopo l’uscita di scena della Merkel, la Germania non è più quella di una volta - commenta Gianti -. Manca la guida che l’Europa aveva avuto in passato. La Francia con Macron ha conquistato terreno, mentre l’Italia ha perso il ruolo che poteva avere con Draghi». Uno scenario che per l’esperto, porta verso un’Europa sempre più a trazione francese.
Sarà l’anno del riscatto?
Per l’analista di Swissquote Bank le premesse sono dunque legate all’andamento dell’inflazione. «L’indice dei prezzi è stato il grande tema del 2022 e lo sarà anche per questo anno - conclude -. Ci troviamo ad affrontare le conseguenze di un contesto in cui le banche centrali hanno aumentato e aumenteranno ancora i tassi. La Federal Reserve ne farà sicuramente ancora due di 25 punti base. E la Bce dovrà ritoccarli ancor di più».
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