Stipendi, gli aumenti sono necessari: cosa bisogna fare per contrastare l’inflazione

Stefano Rizzuti

26/05/2023

Aumentare gli stipendi, anche attraverso il rinnovo dei contratti, è necessario per mitigare gli effetti dell’inflazione: l’intervista di Money.it al professore Lorenzo Gai.

Stipendi, gli aumenti sono necessari: cosa bisogna fare per contrastare l’inflazione

L’inflazione sta durando più del previsto e l’unica soluzione che può mettere in campo il governo per mitigarne gli effetti è l’aumento degli stipendi, attraverso il taglio del cuneo fiscale e il rinnovo dei contratti. Lorenzo Gai, docente di Economia degli intermediari finanziari dell’Università di Firenze, spiega in un’intervista a Money.it come si sta evolvendo l’inflazione e cosa può succedere nei prossimi mesi, anche dal punto di vista delle decisioni della Bce.

Fare una previsione su cosa avverrà è quasi impossibile, ma anche l’ultimo dato - quello sull’inflazione nel Regno Unito - mostra una certa “persistenza” del fenomeno. L’inflazione, sottolinea Gai, non è stata innescata dai salari, ma dai prezzi che oggi sono molto aumentati. E non c’è solo la parte relativa ai costi energetici, ora tornata sotto il livello d’allerta con prezzi del gas ai livelli del 2021.

Si è infatti innescata “una spirale importante a livello inflazionistico” e le banche centrali dipendono sempre più dai dati: se sono alti, come nel caso della Gran Bretagna, “è chiaro che le azioni di politica monetaria non possono allentarsi”. Anche perché, come dimostra il caso degli Stati Uniti, “il fenomeno non è ancora superato”.

L’inflazione sta durando più del previsto?

Questa mi sembra un’affermazione possibile. E non è, per ora, entrata in gioco la componente salariale. In Italia di sicuro, ma neanche in Germania. Io inviterei a seguire i tassi di mercato, perché sovente anticipano le misure della Bce. La Bce sancisce l’avvenuto aumento dei tassi, ma spesso i tassi di mercato già permettono di cogliere l’andamento.

La Bce continuerà a lungo ad alzare i tassi?

No, non credo che continui a lungo, credo che ci saranno un altro paio di rialzi e poi, salvo dati veramente pessimi sull’inflazione, credo si fermi. Anche perché, noi - con il governatore Visco - siamo tra quelli che sostengono che questo rialzo debba anche fermarsi, soprattutto perché a questi tassi sono legati i rendimenti dei titoli pubblici o perlomeno delle future emissioni. Non è sostenibile troppo a lungo. I tassi più alti stanno spostando una parte crescente del risparmio degli italiani dal conto corrente ai titoli di Stato: questo rialzo dei rendimenti ormai ha convinto molti risparmiatori a tornare in massa sui titoli di Stato, in Italia e anche un po’ in altri Paesi. E questo mette in difficoltà le banche, perché quella raccolta la perdono ed era a basso costo, ora la banca deve finanziarsi in altro modo.

I prezzi energetici, come detto, sono scesi: perché, però, in Italia il caro-prezzi non si attenua?

Bisogna considerare il comportamento degli operatori economici, quelli che possono fare il prezzo, a differenza del lavoratore dipendente. Si sta creando un trasferimento involontario di ricchezza da una categoria a un’altra, il libero professionista può adeguare i prezzi, mentre il dipendente non ha un automatismo per la rivalutazione degli stipendi. Non a caso gran parte delle risorse nelle ultime finanziarie sono state impiegate defiscalizzando, intervenendo sulla tassazione, introducendo bonus per categorie che si vanno impoverendo. Poi c’è anche l’impoverimento di chi ha i soldi nel conto corrente, anche perché chi ha consapevolezza cerca di investirli, per non essere impoveriti dall’inflazione.

I lavoratori dipendenti, quindi, sono quelli che ci rimettono di più con l’inflazione: è giusto aumentare i loro stipendi? Bisogna farlo con il taglio del cuneo fiscale o anche con altri strumenti come il rinnovo dei contratti?

Mi pare che sia abbastanza giusto quello che sta facendo il governo, però il rinnovo dei contratti mi sembrerebbe altrettanto necessario, se persiste questa inflazione. Un conto è se siamo di fronte a un fenomeno contenuto, passeggero, ma se parliamo di un fenomeno che non si esaurisce in 3-5 mesi, forse qualcosa in più per questa categoria va fatta. Ci sono anche misure equivalenti, che a livello di busta paga netta incidono allo stesso modo, ma anche il rinnovo dei contratti si rende necessario.

Non si rischia di creare la tanto temuta spirale salari-inflazione?

Son quelle misure fatte di pesi e contrappesi. Ognuna delle misure ha un beneficio, vale anche per i rialzi della Bce, l’arte del governo è sempre molto difficile e poi ognuno risponde anche a un elettorato di riferimento, che condiziona le scelte di governo. Certamente il rinnovo dei contratti non contrasterebbe con il frenare l’inflazione, anzi può dare nuova benzina e alimento, però ci sono da contemperare le misure di giustizia sociale con le misure di contrasto al fenomeno. Come tutte le cose la virtù sta nel mezzo. Pensiamo che anche la Bce ora sta valutando di aumentare il livello di inflazione oltre il tradizionale 2%, il che ci dà un’idea di quanto sia difficile da estirpare il fenomeno, si sta ragionando se innalzare questo livello finora sempre giudicato giusto.

Quali sono le altre ricette che il governo può mettere in campo per mitigare gli effetti dell’inflazione?

Va fatta una premessa: il governo, al pari di tutti i governi, si scontra con limite derivante dal fatto che l’Italia è uno dei Paesi più sotto vigilanza per i conti pubblici e anche le misure che puoi assumere ne risentono, sei guardato a vista. Per cui, oltre a concentrarsi sulle misure già adottate, direi non c’è neanche grande spazio per intervenire nel bilancio dello Stato. Ogni misura ha un costo, che fa aumentare il debito pubblico. Il governo, al di là dei proclami da campagna elettorale, chiamato poi a realizzare molte delle cose promesse si è reso conto che i mercati e l’Europa ci guardano: ho trovato molto saggio il comportamento dell’esecutivo di non andare a infilare le dita negli occhi ai mercati, perché sono gli stessi a cui vai a chiedere soldi. Con i vincoli di bilancio che abbiamo, insomma, non credo ci sia grande spazio.

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