I sindacati propongono al governo di ridurre l’orario di lavoro settimanale a parità di trattamento salariale attraverso i rinnovi dei contratti: si può fare davvero?
La riduzione dell’orario di lavoro, a parità di salario, non è impossibile. A fare da apripista potrebbe essere Intesa Sanpaolo, che punta a introdurre anche la settimana corta (da 4 giorni invece che 5). Ma potrebbe essere un caso non isolato.
I sindacati sembrano infatti uniti in questa proposta, da applicare con le nuove contrattazioni. Un’idea che per la prima volta sembra davvero poter essere presentata al nuovo governo, che verrà guidato da Giorgia Meloni.
A lanciarla è stato Pierpaolo Bombardieri, segretario della Uil. Ma anche il leader della Cgil, Maurizio Landini, si è subito detto d’accordo, tanto da appellarsi a Uil e Cisl per organizzare presto un incontro e valutare insieme i provvedimenti da chiedere al nuovo esecutivo.
Non solo su bollette e inflazione, quindi, ma anche sugli stipendi e sulla riduzione dell’orario lavorativo senza riduzioni in busta paga. Inoltre Landini chiede al governo di reperire le risorse per aiutare famiglie e imprese non dallo scostamento di bilancio, ma dagli extraprofitti.
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Stesso stipendio, ma meno ore: la proposta Uil
La proposta lanciata da Bombardieri in occasione della sua relazione al congresso della Uil permetterebbe ai lavoratori italiani di lavorare meno, ma senza vedersi ridurre lo stipendio. Quindi meno ore di lavoro ma a parità di trattamento economico. Secondo Bombardieri questa discussione andrebbe aperta subito sui singoli contratti da rinnovare.
Cgil d’accordo: ridurre orari, ma non busta paga
Anche Landini si dice d’accordo a tagliare l’orario di lavoro senza però intaccare i salari dei lavoratori. La riduzione oraria, a suo giudizio, servirebbe anche per chiedere maggiore studio, formazione e aggiornamenti, elementi ritenuti essenziali per la lotta alle diseguaglianze.
Come potrebbe essere ridotto l’orario di lavoro
La proposta di Bombardieri e Landini non definisce l’applicazione di un’eventuale riduzione dell’orario di lavoro a parità di stipendio. Qualsiasi passaggio, comunque, verrebbe determinato durante la contrattazione delle singole categorie, per cui non è da escludere che le regole siano differenti per i diversi settori.
Le opzioni, comunque, sono due. Un’ipotesi è quella di seguire l’idea di Intesa Sanpaolo, con turni di lavoro su quattro giorni anziché cinque. L’altra possibilità consiste nel ridurre in tutte le giornate l’orario di lavoro, quindi con meno ore ma sempre per cinque giorni.
Si può fare davvero?
Tra il dire e il fare, però, spesso c’è di mezzo il mare. La proposta dei sindacati potrà anche essere presentata al nuovo governo, ma in questo momento per Giorgia Meloni e i futuri ministri di sfide da affrontare con urgenza ce ne sono tante. E anche per il mondo del lavoro lo sguardo della maggioranza sembra rivolgersi altrove, con aiuti attraverso un taglio del cuneo fiscale per lavoratori e soprattutto imprese.
Difficile pensare, al momento, in una riduzione degli orari di lavoro a parità di stipendio, seguendo quelli che sono i principi dei partiti di maggioranza. Più probabile che una discussione di questo genere venga rinviata in avanti, almeno dopo aver completato la partita dei rinnovi contrattuali rimasti in sospeso.
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