Il superbonus 110% verrà cancellato: anche con il nuovo governo non ci sarà nessuna proroga

Giacomo Andreoli

13/08/2022

Solo il M5s vuole rifinanziare il superbonus 110%, tutti gli altri partiti, quelli del centro-destra in primis, vogliono ridurlo progressivamente, confermando il meccanismo di decalage targato Draghi.

Il superbonus 110% verrà cancellato: anche con il nuovo governo non ci sarà nessuna proroga

Dopo le elezioni del prossimo 25 settembre non ci sarà futuro per il superbonus 110%. Il contributo per i lavori di efficientamento energetico voluto dal governo Conte 2 nel 2020 sta per andare in soffitta: praticamente nessuno dei partiti che si presenta al voto intende mettere ulteriori fondi. Solo il Movimento 5 stelle, che ha voluto fortemente la misura, propone infatti un vero e proprio rifinanziamento.

Gli altri, a partire dal centrodestra, sono d’accordo con la linea Draghi, e la volontà è confermare il decalage varato dal suo governo: bonus integrale fino alla fine del 2023 e poi progressivo abbassamento dello sconto, fino a tornare in linea con l’ecobonus al 65% nel 2025. L’idea, infatti, è che la misura sia troppo costosa e stia “drogando” troppo i prezzi del mercato edilizio (contribuendo all’inflazione), oltre ad avere meccanismi di cessione del credito e di sconto in fattura con problemi tecnici che anche ripetuti interventi governativi non sono riusciti a risolvere del tutto.

Come funzionerà quindi lo sconto per i lavori in casa nei prossimi cinque anni? Vediamo cosa prevede la legge al momento e quali sono le posizioni dei partiti che si presentano alle elezioni.

Il meccanismo di decalage voluto da Draghi

In questo momento i fondi stanziati per il superbonus 110% sono già stati impegnati per i lavori edilizi fino al 2026. Risultano infatti prenotate opere di efficientamento per 33,7 miliardi di euro su 33,3 messi in campo da qui a quattro anni. Per i lavori già prenotati il (per volontà del presidente del Consiglio e del ministro dell’Economia Daniele Franco), prevede queste scadenze:

  • fino al 31 dicembre 2025 (con contributo pieno al 110% per le spese sostenute nel 2023, che poi scende al 70% nel 2024 e al 65% nel 2023) per: condomini (sia interventi trainanti che interventi trainati nelle singole unità immobiliari), organizzazioni di volontariato, Onlus e associazioni di promozione sociale, persone fisiche uniche proprietarie di edifici da 2 a 4 abitazioni ed eventuali pertinenze;
  • fino al 30 giugno 2023 per case popolari e istituti similari (con estensione al 31 dicembre 2023 se entro il 30 giugno 2026 i lavori sono arrivati al 60%), ma anche cooperative di abitazione a proprietà indivisa;
  • fino al 31 dicembre 2022 (così come per il sismabonus) per persone fisiche su edifici unifamiliari e villette a schiera, con il vincolo del 30% dei lavori effettuati entro il 30 settembre di quest’anno.

I problemi per la cessione dei crediti

Il governo è poi intervenuto nel decreto Aiuti bis per cercare di sbloccare i crediti fiscali. L’elevato flusso delle richieste di cessioni, infatti, aveva portando le principali banche italiane a mettere un freno alla compensazione. I nuovi meccanismi hanno leggermente migliorato le procedure, ma non risolto del tutto gli intoppi burocratici.

Superbonus 110%, la posizione del centrodestra

Quanto ai programmi elettorali dei partiti, quello del centrodestra prevede la “salvaguardia delle situazioni in essere” su tutti i bonus edilizi e contemporaneamente un “riordino” degli incentivi per l’efficientamento energetico, la messa in sicurezza e la riqualificazione degli immobili residenziali pubblici e privati. Tradotto: niente ulteriore finanziamento per il superbonus 110%.

A confermarlo è stato anche il numero due di Forza Italia Antonio Tajani, che in un’intervista al Quotidiano Nazionale ha spiegato che il superbonus “è servito, però è una misura molto onerosa: l’idea è mantenerlo, ma ridurlo progressivamente”.

Superbonus 110%, la divisione tra Pd e M5s

Secondo gli attuali sondaggi il centrodestra è in netto vantaggio con circa il 47% dei consensi e, vista la legge elettorale in parte maggioritaria, potrebbe ottenere una larga maggioranza in Parlamento. Ma anche se vincesse il centrosinistra, attualmente dato al 32%, le cose non sarebbero destinate a cambiare granché. Il principale partito dell’alleanza, il Pd, si è infatti detto d’accordo con la linea Draghi, trovando su questo una convergenza con il Terzo Polo di Calenda e Renzi.

Il Movimento 5 Stelle, attualmente stimato attorno al 10% nei sondaggi, vorrebbe invece mettere ulteriore denaro sul superbonus 110% per far riprendere le prenotazioni dei lavori, ma anche estendere la misura di almeno un anno, se non due, arrivando magari fino al 2025 con lo sconto completo. L’unico modo per arrivare a una soluzione del genere sarebbe un exploit grillino alle elezioni oltre il 20% e il riapprodo dei suoi eletti al governo: una prospettiva al momento improbabile.

Non dimentichiamo che quel 6,6% in più di Pil che abbiamo fatto nel 2021- ha detto il leader Giuseppe Conte– è in buona parte dovuta al superbonus, non dimentichiamo i 630mila nuovi occupati nel settore delle costruzioni e nei settori indotti e collegati. E infine non dimentichiamo i 4 miliardi entrati nelle casse dello Stato in tasse e usati per sostegni a famiglie e imprese”.

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