Il governo Meloni promette di tagliare le tasse, a partire dall’Irpef, ma l’operazione è meno semplice del previsto: sui conti pubblici pesa il conto del Superbonus e dei bonus edilizi.
Il primo Def del governo Meloni ha messo nero su bianco lo stato dell’economia italiana. I dati da interpretare sono tanti e il Corriere della Sera ha provato a capire cosa potrà succedere nei prossimi anni analizzando le tabelle del quadro programmatico. Ciò che ne esce fuori è che sono attese ristrettezze di bilancio.
L’analisi porta anche a individuare il maggior responsabile di queste ristrettezze: il Superbonus 110% e, in generale, i bonus edilizi. Infatti le previsioni per il 2022 parlavano di un costo - per questo pacchetto di misure - pari a circa 72 miliardi. Ma le cose sono andate diversamente.
Il Superbonus e gli altri bonus per la casa sono costati, nel solo 2022, 116 miliardi. Il che vuol dire circa il 6% del Pil generato nell’intero anno. Inevitabile, quindi, che questo conto pesi sulle attese per i prossimi anni.
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La crescita e l’impatto di Superbonus e bonus edilizi
I dati economici italiani risentono, in positivo, della ripresa post-pandemica. Il Pil italiano espresso in euro, a prezzi costanti, era dello 0,8% superiore ai livelli pre-Covid. Un buon risultato, migliore di tanti Paesi europei. Su cui hanno influito anche il Superbonus al 110% e il bonus facciate: hanno fatto aumentare la crescita, stando al Def, tra l’1,5% e il 2,5%, con una spesa di 90 miliardi di euro.
È pure vero che, a fronte dei costi sostenuti dallo Stato, ogni euro di debito con queste due misure ha creato al massimo mezzo euro di crescita: un saldo non proprio positivo. Ma è altrettanto vero che senza bonus l’economia italiana sarebbe addirittura decresciuta.
La crescita e il debito causato dai bonus edilizi
L’obiettivo del governo è di raggiungere una crescita reale cumulata del 4,9% fino al 2026: traguardo non semplice da tagliare, ma neanche impossibile. Ed è necessario che si ottenga questo risultato per avere un calo del debito e tenere in ordine i conti. Gli spazi di bilancio, però, sono davvero pochi: con una crescita nominale attesa del 16,6% in quattro anni, comunque il calo del debito sarebbe solo dell’1,7%.
Il problema, individuato dal Corriere, consiste nello scarto tra il disavanzo di competenza e quello di cassa, sempre più alto. Nel Def il disavanzo di cassa è più alto di quello di competenza di oltre 20 miliardi quest’anno, con un divario che sale progressivamente fino ai quasi 35 miliardi del 2026. Vuol dire 115 miliardi di debito in più rispetto allo scenario che avremmo guardando solo al deficit. E questo disavanzo così alto deriva, in gran parte, proprio dai bonus edilizi.
Cosa può fare il governo per tagliare le tasse?
Il governo per finanziare le sue promesse fiscali - a partire dalla riforma con la riduzione delle aliquote Irpef - dice di voler tagliare la spesa, rinunciando ad alcune agevolazioni. Per ora le previsioni sulla spesa pubblica fanno ritornare in mente l’austerity: il crollo della spesa fino al 2026 può essere pari al 4% del Pil, ovvero 76 miliardi.
I tagli maggiori arriverebbero per il pubblico impiego, per la spesa sanitaria e per il funzionamento dello Stato. Gli unici aumenti previsti sono quelli per la spesa pensionistica e per quella per gli investimenti, soprattutto grazie al Pnrr. In sostanza se non si fanno questi ingenti tagli il debito rischia di salire ancora. Altro che percorso di discesa per tenere in ordine i conti.
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