Quando si chiede un prestito o si stipula un mutuo viene applicata una tassa sui finanziamenti. L’importo dipende da vari fattori, tra cui la finalità del finanziamento.
Comprare casa comporta, nella maggior parte dei casi, la necessità di stipulare un contratto di mutuo. Su questa tipologia di atto sono applicate imposte indirette, si parla generalmente di tassazione dei finanziamenti, ma a quanto ammonta? Si possono ottenere agevolazioni? Come si calcola. Ecco tutto ciò che c’è da sapere sull’imposta sui finanziamenti.
Il Dpr 601 del 1973, negli articoli da 15 a 20bis prevede la disciplina della tassazione dei finanziamenti a medio e lungo termine, in questi casi in luogo della disciplina ordinaria, si applica l’imposta sostitutiva sui finanziamenti.
La tassazione sostitutiva si applica in luogo di imposte indirette, cioè imposte di registro, di bollo, ipotecaria e catastale e della tassa sulle concessioni governative (articolo 17 Dpr 601 del 1973).
La disciplina sostitutiva è stata introdotta per la prima volta nel 1973 e nel tempo ha subito diverse modifiche che hanno riguardato l’aliquota applicata, gli adempimenti necessari, l’ambito soggettivo e oggettivo dell’imposta.
Ambito applicativo della tassazione sui finanziamenti
La prima cosa da determinare al fine di capire qual è l’ambito di applicazione della tassa sui finanziamenti è proprio il concetto di finanziamenti, in questo caso occorre fare riferimento alla nozione data dalla giurisprudenza.
La Corte di Cassazione nella sentenza 4611 del 29 marzo 2002 definisce il finanziamento come
provvista di disponibilità finanziarie, cioè la possibilità di attingere danaro, in qualunque momento ciò sia necessario, in base ad un impegno in tal senso assunto dall’istituto di credito, con obbligo di restituzione entro il termine (medio o lungo) previsto contrattualmente
Di conseguenza rientra nell’ambito di applicazione anche l’apertura di credito in conto corrente, mentre viene escluso da concetto di finanziamento qualunque operazione che non comporti un aumento della disponibilità economica, ad esempio una dilazione di pagamento concessa da una banca non è considerata finanziamento e quindi non trova applicazione l’imposta sostitutiva sui finanziamenti. Rientrano nel campo invece finanziamenti contratti al fine di estinguere precedenti esposizioni debitorie.
La tassa sui finanziamenti in base all’articolo 15 del Dpr 601/1973 si applica a:
- finanziamenti a medio e lungo termine (cioè, la cui durata contrattuale sia stabilita in più di 18 mesi) effettuate dalle banche (articolo 15, Dpr 601/1973);
- finanziamenti di impianti, opere, reti e dotazioni destinati a iniziative di pubblica utilità effettuate da Cassa Depositi e Prestiti Spa;
- finanziamenti di qualunque durata, effettuati in conformità a disposizioni legislative, statutarie o amministrative dalle banche nei settori del credito per il lavoro italiano all’estero, del credito all’artigianato, del credito cinematografico, del credito teatrale, del credito di rifinanziamento e del credito peschereccio di esercizio;
- alle garanzie prestate in relazione alle operazioni di finanziamento strutturate come emissioni di obbligazioni o titoli similari alle obbligazioni, da chiunque sottoscritte, alle loro eventuali surroghe, sostituzioni, postergazioni, frazionamenti e cancellazioni anche parziali, ivi comprese le cessioni di credito stipulate in relazione alle stesse, nonché ai trasferimenti di garanzie anche conseguenti alla cessione delle predette obbligazioni, nonché alla modificazione o estinzione di tali operazioni;
- alle operazioni di mutuo all’acquisto di abitazioni poste in essere da enti, istituti, fondi e casse previdenziali nei confronti di propri dipendenti e iscritti. In questo caso l’imposta sostitutiva può essere applicata anche nel caso di finanziamenti concessi per la costruzione di abitazioni.
La base imponibile della tassa sui finanziamenti e aliquota
L’opzione per l’applicazione dell’imposta sostitutiva deve essere esercitata per iscritto nell’atto di finanziamento.
L’articolo 18 del Dpr 601 del 1973 determina la base imponibile e detta le aliquote da applicare per la tassazione sui finanziamenti.
La base imponibile dell’imposta sui finanziamenti è rappresentata dall’ammontare complessivo dei finanziamenti erogati in ciascun esercizio. Nel caso di Fido la base imponibile è rappresentata dall’ammontare del fido. Nel caso di finanziamento strutturato, come emissioni di obbligazioni o titoli similari, la base imponibile corrisponde all’ammontare delle obbligazioni collocate.
L’aliquota ordinaria della tassa sui finanziamenti è pari allo 0,25% (articolo 18, comma 1, Dpr 601/1973, come modificato da art. 10, comma2–bis, D.L. 14 marzo 1988, n. 70). Nel caso in cui il mutuo sia concesso in favore di istituti autonomi case popolari o cooperative edilizie l’aliquota viene dimezzata allo 0,125% (articolo 19 Dpr 601/1973, comma 3). Per i finanziamenti all’esportazione di durata superiore a 18 mesi, si applica un’aliquota dello 0,05%.
Per l’acquisto, costruzione o ristrutturazione di immobili a uso abitativo e relative pertinenze, per i quali ricorrono le condizioni per l’agevolazione “prima casa” e sia resa apposita dichiarazione, si applica l’aliquota dello 0,25%. La stessa sale al 2% negli altri casi (art.18, comma 3, Dpr 601/1973).
Mutuo prima casa cointestato, come si applica la tassa sui finanziamenti
Se il mutuo per la prima casa è cointestato, affinché si possa applicare l’aliquota ridotta allo 0,25% è necessario che tutti i cointestatari abbiano i requisiti di volta in volta previsti dalle norme.
In caso contrario, l’aliquota ridotta viene applicata per la quota di finanziamento del soggetto che ha requisiti. Ad esempio, se il mutuo è cointestato al 50% a una persona che ha i requisiti, ad esempio under 36 con reddito Isee inferiore a 40.000 euro e ad altro soggetto che non ha i requisiti (ad esempio, ha superato il 36° anno di età), l’aliquota allo 0,25% si applica solo a metà del finanziamento, all’altra metà si applica l’aliquota al 2%.
In caso di decadenza dai benefici previsti per l’acquisto della prima casa, l’Agenzia delle Entrate, tramite uffici competenti per territorio, provvede al recupero delle somme derivanti dall’agevolazione ottenuta.
Il recupero deve avvenire entro il termine decadenziale di 3 anni dal verificarsi dell’evento che comporta la decadenza dal beneficio. In questo caso viene applicata anche una sanzione amministrativa pari al 30% della differenza tra quanto pagato e quanto dovuto.
Qualora il soggetto finanziato decida di surrogare il proprio mutuo, il nuovo finanziamento è esente da imposta sostitutiva e dalle imposte indirette sostituite (imposta di registro, imposta di bollo, imposte ipotecarie e catastali e tasse sulle concessioni governative).
La dichiarazione sull’imposta sostitutiva sui finanziamenti deve essere effettuata dall’ente che eroga il prestito/mutuo. Tali soggetti devono presentare le dichiarazioni a cadenza semestrale con indicazione delle operazioni compiute per ciascun semestre dell’anno.
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