Quali sono le città italiane con le tasse più alte? A fornire i dati delle più tartassate dal Fisco è Unimpresa, tenendo conto delle seguenti imposte: Imu, Tasi, Irap e le addizionali Irpef. Ecco la classifica 2018 con i Comuni d’Italia che pagano più tasse.
Tasse e imposte: quali sono le città italiane più tassate? Ecco la classifica 2018 dei Comuni d’Italia con maggiore pressione fiscale.
Unimpresa ne ha evidenziate sette e le città italiane dove si pagano più tasse sono Roma, Torino, Napoli, Genova, Bologna, Ancora e Campobasso. La città più virtuosa d’Italia invece sembrerebbe Venezia.
La “Mappa del fisco locale in Italia” realizzata dal Centro studi di Unimpresa ha tenuto conto delle seguenti imposte: Imu, Tasi, Irap e le addizionali Irpef.
Tale classifica basata su dati dell’Agenzia delle Entrate, della Corte dei conti e del Dipartimento Finanze, è stata stilata assegnando un punto per ognuna delle quattro imposte che risultasse particolarmente onerosa.
In tal modo si è visto come per le imprese e le famiglie, le imposte su case e capannoni industriali risultino per tre casi su quattro più gravose nei capoluoghi italiani sopracitati rispetto agli altri comuni d’Italia.
Le città italiane che pagano più tasse, ecco quali sono le imposte più gravose
Andiamo a vedere la classifica 2018 delle città italiane che pagano più tasse e quali sono le imposte più gravose per ogni Comune.
Per quel che riguarda l’Imu, il prelievo fiscale (1,06%) riguarda allo stesso modo le sette città italiane con tasse più alte, ovvero Roma, Torino, Napoli, Genova, Bologna, Ancora e Campobasso.
La Tasi invece influisce in ugual modo (0,33%) a Torino, Napoli, Genova, Bologna e Ancona.
L’Irap vede prime a pari merito i capoluoghi della Campania e del Molise, con aliquota al 4,97% dunque sia a Napoli che a Campobasso.
Mentre per le addizionali Irpef sono i cittadini del Lazio i più tartassati ed è precisamente la Capitale ad aggiudicarsi il primo posto sul podio delle località con maggiore pressione fiscale (4,23%).
L’aliquota Imu massima prevista per chi possiede una seconda casa, pari all’1,06%, non interessa però solo le sopracitate sette città viste finora. Su 21 centri urbani esaminati nel rapporto, ben 16 hanno ottenuto un punto per l’aliquota praticata.
Le 7 città italiane che pagano più tasse, ecco i dati delle imposte più gravose
Andiamo ora a vedere i dati delle imposte più gravose delle 7 città italiane che pagano più tasse.
Ecco una tabella che mostra la classifica 2018 dei Comuni più tassati e delle rispettive aliquote delle imposte Imu, Tasi, Irap e le addizionali Irpef.
Città | Imu | Tasi | Irap | Irpef |
Roma | 1,06% | 4,82% | 4,23% | |
Torino | 1,06% | 0,33% | 4,13% | |
Napoli | 1,06% | 0,33% | 4,97% | |
Genova | 1,06% | 0,33% | ||
Bologna | 1,06% | 0,33% | 3,13% | |
Ancona | 1,06% | 0,33% | 4,73% | |
Campobasso | 1,06% | 4,97% | 3,43% |
Città italiane con tasse più alte, Unimpresa: differenze territoriali penalizzanti
Il vicepresidente di Unimpresa Claudio Pucci ha dichiarato che le differenze territoriali rilevate, per quanto riguarda il prelievo fiscale, sono veramente troppe.
C’è un enorme divario fra le città italiane, da quelle che pagano tasse molto elevate fino a Venezia, l’unica virtuosa, ma passando anche per quei Comuni che si posizionano a metà classifica con uno e due punti.
Dopo le 7 città italiane con imposte più alte, con due punti nella classifica dei tributi territoriali, si posizionano infatti Firenze (Imu all’1,06% e Tasi allo 0,33%), Palermo (Irap al 4,82% e Imu all’1,06%), Perugia (Imu all’1,06% e Tasi allo 0,33%), Bari (Irap al 4,82% e Imu all’1,06%), Potenza (addizionale Irpef al 3,13% e Imu all’1,06%), Trieste (Imu all’1,06% e Tasi allo 0,33%) e Catanzaro (Irap al 4,82% e Imu all’1,06%).
Un solo punto invece per Milano (Imu all’1,06%), Cagliari (Tasi allo 0,33%), L’Aquila (Irap al 4,82%), Aosta (Imu all’1,06%), Trento (Tasi allo 0,35%) e Bolzano (Tasi allo 0,40%). Ma l’unica città virtuosa che non presenta neanche un’aliquota elevata è il capoluogo del Veneto, il cui prelievo fiscale è sempre sotto le soglie più alte.
Tali differenze, ha concluso Unimpresa, non aiutano la ripresa né gli investimenti delle imprese.
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