I prezzi del petrolio perdono oltre il 2% con i tumulti in Cina. Ora si teme una domanda troppo debole e un eccesso di offerta. Tutti i nodi del mercato del greggio, in forte sconvolgimento.
Il petrolio è crollato al livello più basso da dicembre 2021 quando un’ondata di disordini in Cina ha punito gli asset di rischio e offuscato le prospettive per la domanda di energia, aggiungendo tensioni in un mercato globale del greggio già fragile.
A livello mondiale, le quotazioni dell’oro nero stanno segnalando un potenziale cambiamento, con i trader e gli analisti che temono la riduzione della domanda e un’offerta eccessiva nei prossimi mesi.
Dopo mesi di forza, i futures del greggio stanno flirtando con minimi mai visti tutto l’anno mentre la Cina, principale consumatore di petrolio, entra in ulteriori blocchi Covid e le banche centrali aumentano i tassi di interesse per combattere l’inflazione.
Inoltre, l’Europa inizierà a bloccare il greggio russo trasportato via mare dal continente il 5 dicembre e nuove sanzioni impediranno inoltre alle compagnie europee di assicurare navi che trasportano petrolio russo verso Paesi terzi, a meno che questo sia stato acquistato a un prezzo stabilito.
Tra debolezza cinese, price cap e misure europee e forniture in potenziale aumento. il mercato del petrolio è in preda a un vero terremoto: 3 punti da osservare.
1. L’incognita Cina si abbatte sulla domanda di petrolio
Durante l’ultimo fine settimana di novembre, nel più grande importatore di greggio del mondo sono scoppiate proteste contro le severe restrizioni anti-Covid, con manifestazioni a Pechino e Shanghai, che hanno stimolato un’ampia svendita di materie prime lunedì 28 novembre.
I disordini hanno aiutato il dollaro sostenuto dalla domanda come valuta rifugio in periodi di incertezza, rendendo le materie prime meno attraenti. Il tonfo del petrolio che ne conseguito, è l’ultimo colpo in quelli che sono stati 12 mesi tumultuosi, con la volatilità guidata dalla guerra in Ucraina, l’aggressiva stretta della banca centrale per combattere l’inflazione e gli incessanti tentativi della Cina di sradicare il Covid-19.
“Il sentimento nel mercato petrolifero rimane negativo e gli sviluppi durante il fine settimana in Cina non aiuteranno certamente”, ha affermato Warren Patterson, responsabile della strategia delle materie prime presso ING a Singapore.
I dati hanno mostrato che lunedì mattina il traffico nelle ore di punta nelle principali città cinesi è in netto calo. A Pechino, la capitale, la circolazione di auto è diminuita del 45% rispetto a un anno fa, mentre a Guangzhou è calata del 35%. La domanda di petrolio cinese potrebbe raggiungere una media di 15,11 milioni di barili al giorno in questo trimestre, in calo rispetto ai 15,82 milioni di un anno fa, secondo Kpler, una società di dati e analisi.
“Le prospettive della domanda si deterioreranno prima di migliorare”, ha affermato Fenglei Shi, direttore del mercato petrolifero di S&P Global Commodity Insights, citando un aumento dei blocchi.
2. Price cap e sanzioni europee
Il potenziale disfacimento del vecchio ordine nel mercato petrolifero globale raggiungerà un momento decisivo a dicembre, quando scatterà il divieto di acquisto, importazione o trasferimento di petrolio greggio e di alcuni prodotti petroliferi dalla Russia all’Ue.
Inoltre, nuove misure impediranno alle compagnie europee di assicurare le navi che trasportano petrolio russo verso terzi, a meno che questi Paesi non accettino un prezzo per il petrolio dettato dalle potenze occidentali. In altre parole, gli Stati occidentali cercheranno di imporre un tetto al prezzo del petrolio venduto dalla Russia.
In una analisi del Financial Times, si sottolinea che nessuno può dire quanto saranno dirompenti queste misure. Le sanzioni imposte alla Russia da quando Putin ha invaso l’Ucraina, hanno appena intaccato le esportazioni di petrolio del paese o le entrate petrolifere del Cremlino.
Innanzitutto, non c’è accordo sul price cap al greggio russo. Alcuni Paesi europei vogliono un prezzo veramente punitivo vicino ai 20 dollari al barile, mentre altri richiedono una gamma di circa 60 o 65 dollari. Quest’ultimo prezzo è simile a quello che la Russia sta già ricevendo per il suo petrolio.
“Con i prezzi attuali in discussione, questo sembra essere molto più uno sforzo di riduzione dell’inflazione che delle entrate russe”, afferma Helima Croft, responsabile della strategia globale delle materie prime presso RBC Capital Markets.
Il dibattito è aperto su come può influire tale sanzione sulle quotazioni e sulla geopolitica del petrolio. Un grafico di FT mostra innanzitutto che negli anni il greggio russo si è aperto a nuove destinazioni fuori dall’Europa e in crescita in questi mesi:
Alcuni analisti sostengono che il price cap potrebbe innescare aumenti di prezzo. Circa 2,4 milioni di barili al giorno di petrolio russo dovranno trovare una nuova casa al di fuori dei Paesi dell’UE e del G7. Si prevede che India, Cina e altri acquirenti colmeranno parte di questo rallentamento.
Bernstein stima che la Russia potrebbe richiedere fino a 100 navi aggiuntive disposte a operare senza l’assicurazione occidentale per mantenere il suo flusso di petrolio fuori dal limite. Questo è un livello che Mosca potrebbe faticare a garantire anche se può attingere alla cosiddetta flotta oscura di petroliere utilizzate da Pesi sanzionati come l’Iran. Di conseguenza, per gli esperti l’offerta diminuirà, spingendo i prezzi a 120 dollari al barile l’anno prossimo, anche con una recessione.
Vitol, il più grande commerciante di petrolio indipendente al mondo, stima che le esportazioni russe potrebbero diminuire fino a 1 milione di barili al giorno, circa il 20% del volume che spedisce via mare.
3. Opec e offerta di petrolio
Il 4 dicembre ci sarà l’incontro Opec+. Il vertice avverrà solo due mesi dopo che il loro taglio dell’offerta ha causato la rabbia gegli Stati Uniti ( che volevano più greggio per freddare i prezzi) e poche ore prima l’embargo petrolifero sulla Russia da parte dell’Ue.
Gli stati del Golfo dell’Opec come l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti insistono sul fatto che non si stanno schierando con la Russia e stanno semplicemente tentando di gestire un mercato turbolento che rimane la linfa vitale dell’economia globale.
Sottolineano anche quella che vedono come l’ipocrisia dell’occidente: chiedere una maggiore produzione cercando anche prezzi più bassi, che però l’industria del settore ha ostacolato con minori gli investimenti e lasciando il mercato mal preparato per questa crisi e per ciò che potrebbe venire dopo.
In questo complesso quadro che si va delineando, tanti sono i fattori nuovi che stanno sconvolgendo il mercato petrolifero. Secondo S&P, è in corso la distruzione dell’ordine costituito finora nel settore del greggio e dell’energia in generale.
Il divario di prezzo tra futures del greggio a breve termine e quelli a lungo termine, le sanzioni, l’azione della Russia, la reazione dell’Opec, la politica dell’Arabia Saudita, la recessione trainata dalle banche centrali stanno smuovendo un terremoto del petrolio.
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