Turchia, tassi al 46% e lira sotto pressione. Il Paese in allerta economica?

Violetta Silvestri

18 Aprile 2025 - 09:46

In Turchia la banca centrale è tornata ad alzare i tassi di interesse, per quali motivi? Lira debole, incertezza sull’inflazione e tensioni politiche sono rischi per l’economia del Paese.

Turchia, tassi al 46% e lira sotto pressione. Il Paese in allerta economica?

La Turchia naviga di nuovo in acque agitate, sia a livello economico che politico, come dimostrato dalla decisione a sorpresa della banca centrale di alzare i tassi, frenando la precedente svolta accomodante.

Nello specifico, giovedì 17 aprile la banca centrale turca ha aumentato il tasso di interesse di riferimento di 350 punti base, portandoli al 46%, in una mossa non prevista che ha invertito un ciclo di allentamento del costo del denaro e rafforzato le attività turche, soprattutto dopo le turbolenze di mercato innescate dall’arresto del sindaco di Istanbul il mese scorso.

L’aumento dei tassi arriva in un momento cruciale, dopo che la banca centrale turca ha speso decine di miliardi di dollari nei tre giorni successivi all’arresto di Imamoglu e alle conseguenti proteste del 19 marzo per difendere la lira, che è scesa brevemente al minimo storico di oltre 40 per un dollaro statunitense.

I mercati turchi sono inizialmente crollati alla notizia dell’arresto e il 23 marzo il Governo del Paese ha vietato le vendite allo scoperto e allentato le regole sui riacquisti azionari nel tentativo di sostenere le azioni.

Non solo. Il comitato della banca centrale ha allertato anche sugli effetti del protezionismo (con la strategia dei dazi USA) e sulla volatilità dei prezzi delle materie prime, considerate minacce esterne alla disinflazione. La Turchia, tra potenziali agitazioni politiche e vulnerabilità finanziaria, resta un Paese osservato speciale.

Turchia, continua l’allerta per la lira e l’inflazione

L’inflazione annuale in Turchia ha registrato un +38,1% a marzo e la banca centrale prevede che raggiungerà il 24% entro la fine dell’anno. Rispetto al picco del 75% del 2022, l’allarme prezzi si è decisamente smorzato, anche se gli analisti restano cauti, poiché i beni di base hanno mostrato segni di aumento e i prezzi dei servizi sono rimasti ostinatamente elevati.

Da giugno 2023 a marzo 2024, la banca centrale ha aumentato il tasso di interesse di riferimento dall’8,5% al ​​50% per inasprire la politica monetaria e ha avviato un ciclo di allentamento monetario alla fine dello scorso anno, supportato dal miglioramento degli indicatori di inflazione.

La banca ha affermato che si prevede che i recenti sviluppi nei mercati finanziari aumenteranno leggermente l’inflazione mensile dei beni di base ad aprile, aggiungendo che la domanda interna è superiore alle proiezioni e suggerendo un impatto disinflazionistico inferiore. “Le aspettative di inflazione e la politica dei prezzi continuano, però, a rappresentare un rischio per il processo di disinflazione, ha evidenziato il comitato politico della banca centrale nell’annunciare la sua decisione.

Gli analisti di Capital Economics stimano che l’inflazione in Turchia seguirà un percorso discendente nei prossimi mesi e non prevedono ulteriori inasprimenti. “Ma è chiaro”, hanno scritto in una nota, “che il ciclo di allentamento della banca centrale ha incontrato un ostacolo importante e potrebbe volerci del tempo prima che venga riavviato.”

Sotto i riflettori c’è anche la lira turca. Il 20 marzo, il calo della valuta aveva spinto la banca centrale ad aumentare di emergenza il tasso di interesse di 200 punti base, portando il tasso sui prestiti overnight al 46,00%.

Secondo Brad Bechtel, responsabile globale del settore FX di Jefferies, l’aumento dei tassi di interesse di giovedì rappresenta quindi in larga parte un aggiustamento tecnico in seguito agli sviluppi di marzo.

“Vedremo cosa avrà da dire (il presidente turco Recep) Erdogan sulle mosse della banca centrale, ma finora la banca centrale ha fatto un buon lavoro nel gestire la continua lotta contro l’inflazione”, ha scritto Bechtel.

La dichiarazione del comitato monetario “ha evidenziato i rischi derivanti da una lira più debole e ha affermato che i responsabili politici avrebbero monitorato attentamente i flussi di capitali nel contesto dell’attuale incertezza sul protezionismo commerciale degli Stati Uniti”, secondo Nicholas Farr, economista per l’Europa emergente presso Capital Economics.

Gli economisti prevedono che il recente indebolimento della lira di circa il 3%, dovuto principalmente all’arresto di Imamoglu il 19 marzo, farà aumentare i valori dell’inflazione di aprile e maggio.

Turchia, guerra dei dazi e instabilità politica: cosa aspettarsi?

La decisione sui tassi è stata presa in un momento di turbolenza sul mercato globale causata da quella che è diventata una vera e propria guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina (e non solo), con entrambe le parti che hanno aumentato le tariffe sulle importazioni.

Il comitato ha citato “i potenziali effetti del crescente protezionismo nel commercio globale sul processo di disinflazione attraverso l’attività economica globale, i prezzi delle materie prime e i flussi di capitale” e ha affermato che “la politica monetaria restrittiva sarà mantenuta finché non verrà raggiunta la stabilità dei prezzi attraverso un calo sostenuto dell’inflazione”.

Gli analisti, inoltre, continuano a monitorare il clima politico interno, piuttosto teso e agitato nella città di Istanbul. Imamoglu, il principale rivale del presidente Tayyip Erdogan, è ora incarcerato in attesa di processo. L’arresto ha scatenato le più grandi proteste degli ultimi dieci anni e ampie critiche alla magistratura politicizzata e all’erosione dello stato di diritto, critiche respinte dal governo.

“I mercati rimarranno scettici nonostante l’attuale repressione dell’opposizione politica in Turchia”, ha affermato Erik Meyersson, responsabile della strategia dei mercati emergenti presso SEB, aggiungendo che prevede che i tagli riprenderanno a giugno, portando il tasso al 32% entro la fine dell’anno.

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