La guerra dei dazi Usa-Cina continua e può solo peggiorare. Secondo indiscrezioni Biden sta per annunciare tariffe contro beni del dragone strategici. Cosa sta per succedere al commercio mondiale?
La guerra commerciale Usa-Cina a colpi di dazi e misure protezionistiche può solo peggiorare.
Stando alle ultime indiscrezioni provenienti dalla Casa Bianca, infatti, Biden starebbe per svelare una decisione radicale sui dazi cinesi già la prossima settimana, una mossa che dovrebbe colpire settori strategici chiave.
La notizia, trapelata da Bloomberg, ha avuto subito ripercussioni sui mercati. Lo yuan si è indebolito, mentre l’indice CSI 300 delle azioni cinesi è sceso fino allo 0,6% nelle prime negoziazioni prima di ridurre di circa la metà il suo calo. Il Ministero degli Esteri e il Ministero del Commercio cinesi non hanno risposto immediatamente alle richieste di commento.
Biden e il suo sfidante Trump stanno entrambi cercando di presentarsi “duri” come non mai nei confronti della Cina, mentre si dirigono verso una rivincita elettorale a novembre. L’attuale presidente il mese scorso ha firmato un disegno di legge che ha dato inizio a un conto alla rovescia affinché la piattaforma di condivisione video TikTok disinvesta dalla sua società madre cinese ByteDance Ltd. o abbandoni il mercato americano.
Trump ha promesso di aumentare le tariffe sulla Cina su tutta la linea se rieletto, attraverso una tassa del 60% su tutte le importazioni cinesi.
Pur non volendo il disaccoppiamento, gli Usa intendono attuare una politica commerciale decisa contro la Cina, influenzando in questa lotta anche gli altri Stati (Europa in primis). In tale inasprito contesto, il mondo si dirige sempre di più verso una divisione netta in blocchi che sta plasmando nuove relazioni tra Paesi in nome di una frammentazione pericolosa per i rapporti politici e per l’andamento economico.
Usa-Cina, nuovi dazi e rischi in arrivo. La decisione di Biden
La strategia statunitense contro l’invasione di beni a basso costo cinesi nel proprio mercato prosegue con nuovi passi. I dettagli sul valore preciso o sulle categorie di tariffe in arrivo restano vaghi, ma si dice che l’amministrazione Usa si sia concentrata su aree di interesse cruciali per la sicurezza nazionale e competitiva.
I dazi si concentreranno su settori quali veicoli elettrici, batterie e celle solari, con le tasse esistenti in gran parte mantenute secondo l’indiscrezione di Bloomberg. Anche se la decisione potrebbe essere ritardata, rappresenta comunque una delle mosse più importanti di Biden nella corsa economica con la Cina. Si basa sulla sua richiesta del mese scorso di aumentare le tariffe sull’acciaio e sull’alluminio cinesi e sul lancio formale di una nuova indagine sull’industria cantieristica cinese.
Gli Stati Uniti si oppongono alle “pratiche economiche sleali e all’eccesso di capacità industriale” della Cina, ha affermato Biden il mese scorso. “Non sto cercando uno scontro con la Cina. Cerco concorrenza, ma una concorrenza leale”.
Le tariffe avrebbero probabilmente un impatto immediato minimo sulle aziende cinesi, poiché i suoi giganti dei veicoli elettrici leader a livello mondiale sono per lo più esclusi dal mercato americano grazie alle tariffe automobilistiche. Le sue aziende solari esportano principalmente negli Stati Uniti da Paesi terzi per evitare restrizioni. L’amministrazione Biden ha infatti esercitato pressioni sul vicino Messico affinché proibisca alla Cina di vendere indirettamente i suoi prodotti metallici agli Stati Uniti da lì.
In questo clima di rivalità crescente, l’intera gamma di dazi esistenti spazia dalle importazioni di input industriali, come microchip e prodotti chimici, ai beni di consumo, compresi abbigliamento e mobili. Trump ha imposto la prima delle tariffe nel 2018, citando la sezione 301 del Trade Act del 1974.
La strategia delle tariffe si è intensificata da quell’anno fino a oggi. Xi Jinping ha infatti cercato di incrementare la produzione per arrestare il rallentamento economico interno e questo approccio ha innescato allarme all’estero. I leader degli Stati Uniti e dell’Unione Europea hanno rimproverato Pechino per i sussidi statali, che secondo loro hanno alimentato un diluvio di esportazioni a basso costo che stanno minacciando l’occupazione nei loro mercati.
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