I medici sanno cosa fare: ecco come si sta intervenendo per arginare il fenomeno del vaiolo delle scimmie in Italia.
Tanta apprensione sul tema del vaiolo delle scimmie, ma arrivano le prime rassicurazioni dal mondo della medicina che, in risposta allo stato d’iniziale allerta, spiega come proteggersi dalla malattia e come la sanità italiana stia rispondendo a questo fenomeno virale.
Sembra paradossale dirlo ma c’è un fronte sul quale possiamo dire di aver tratto beneficio dalla pandemia da Coronavirus esplosa ormai due anni fa: il settore medico. La competenza del personale sanitario del nostro Paese è infatti cresciuta notevolmente a causa dell’incredibile sfida che tutti i membri di ospedali e strutture assistenziali si sono trovati inaspettatamente a fronteggiare.
Questa capacità reattiva e la familiarità con alcune tecniche di contenimento sarà quindi l’arma principale di contrasto al virus del vaiolo che, pur restando una malattia da non sottovalutare, può essere combattuta adeguatamente dalla comunità. Ecco le parole degli esperti dello Spallanzani in merito, già in allerta da tempo e oggi in prima linea.
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Pur non avendo ancora accantonato il capitolo Covid-19 aprire quello del Monkeypox è un dovere e una necessità.
Emanuele Nicastri, direttore della divisione Malattie infettive dello Spallanzani di Roma parla così ai microfoni del Corriere e rassicura la popolazione sulle tecniche d’intervento dell’istituto. Nella sua struttura, quasi a creare un parallelismo con il 2020 seppur senza lo stesso stato di allerta, ci sono infatti i tre casi italiani di pazienti infetti (anche se tutti paucisintomatici).
L’isolamento dei soggetti è stato disposto preventivamente e con tempestività poiché dice Nicastri nell’ultima intervista alla stampa:
«Eravamo stati messi in allerta dai primi sette casi emersi in Inghilterra e dalla conseguente immissione nel sistema regionale delle malattie infettive; eravamo pronti. Ce lo aspettavamo che il vaiolo delle scimmie prima o poi sarebbe arrivato anche qui. Non lo avevamo mai né visto né affrontato prima, che si trattasse di pazienti autoctoni o di importazione».
A differenza del paziente zero per il Covid però c’è stata grande prontezza, soprattutto da parte di un medico del pronto soccorso del Policlinico Umberto I nel segnalare il fenomeno sulla base dei referti fotografici che erano stati inviati nei giorni precedenti.
Pur passando quindi da un’emergenza all’altra il dottore rimarca quindi la responsività degli addetti del settore aggiungendo che anche in questo caso i pazienti sono stati sottoposti ad analisi del sangue e tamponi:
«Per loro vengono applicati gli stessi protocolli del Covid: possono ricevere visite ma da dietro un vetro che li scherma».
Vaiolo scimmie: come si diffonde il contagio
Al tema dell’isolamento si unisce infatti anche una doverosa specifica del dottor Giovanni Rezza, noto accademico nonché attuale Direttore Generale della Prevenzione sanitaria presso il ministero della Salute e dirigente di ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità. Il medico infatti pone l’accento sul fatto che il vaiolo delle scimmie si trasmette per contatto diretto e non per via aerea e che i focolai in genere si autolimitano.
Non a caso gli esami che vengono eseguiti per avere la conferma dell’infezione prevedono ad esempio tamponi di tipo cutaneo operati sulle lesioni ma anche tamponi nasofaringei. Come per il Covid insomma i medici ci ricordano che questo virus si trasmette attraverso i liquidi biologici.
Nel caso di una sintomatologia blanda si può anche rimanere a casa ma con le stesse accortezze che conosciamo da due anni. Nicastri raccomanda «stanza singola e ben areata, mascherine se si entra in contatto con un convivente, bagno separato». Quanto alle tempistiche di guarigione invece qualcosa cambia: l’isolamento previsto è di 21 giorni anche se per i pazienti ospedalieri molto dipenderà dalle condizioni di ripresa individuali e, soprattutto, dagli esiti delle analisi e dei tamponi negativi. Quanto alle pustole è necessario attendere che si stacchi la crosta.
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