Quali vantaggi dello smart working per le aziende? Scenari e opportunità di business

Patrizio Messina

9 Ottobre 2020 - 17:41

Lo smart working nelle aziende: vantaggi e possibili scenari futuri, un ritorno in chiave moderna di un’economia produttiva all’antica con al centro le micro-imprese locali.

Quali vantaggi dello smart working per le aziende? Scenari e opportunità di business

Nello scorso articolo abbiamo iniziato una disamina sullo smart working analizzandolo da diversi punti di vista, che vanno da quello del lavoratore per poi passare ai diversi altri stakeholders coinvolti a vario titolo in questa pratica lavorativa.

In questo approfondimento ci concentreremo sugli effetti che il telelavoro imprimerà nel mondo aziendale. Vedremo, quindi, sia gli effetti positivi che gli eventuali effetti negativi che le aziende subiranno nel tempo.

Gli effetti economici dello smart working per le aziende

L’analisi degli effetti dello smart working nel mondo delle imprese non può che iniziare analizzando gli effetti economici che esso genererà nel mondo delle imprese.

1) Le spese di locazione

Il primo e più evidente cambiamento riguarda le spese per l’affitto o il possesso degli immobili da utilizzare ai fini di contenervi dentro i dipendenti che verranno “smartizzati”.

Se i lavoratori possono espletare le proprie mansioni - totalmente o anche solo parzialmente - da casa, così come nasce l’esigenza del lavoratore a procurarsi uno spazio domestico per lavorare, al contempo questo spazio lavorativo andrà sottratto nelle aziende.

Se il lavoratore sarà 100% telematico lo spazio che esso occupava all’interno dell’azienda scomparirà totalmente. Se invece il dipendente lavorerà sia a casa che in azienda (magari perché ci sono mansioni che non si possono rendere telematiche oppure perché si necessita di un coordinamento periodico), lo spazio ad esso dedicato calerà statisticamente, in modo proporzionale alla parte di lavoro telematizzato.

Spieghiamoci meglio due esempi: uno che prende in esame il lavoratore totalmente telematico e un altro sulla base di un dipendente che una volta a settimana deve coordinarsi dal vivo in azienda.

Se il dipendente è delocalizzabile a casa in toto e la sua eventuale coordinazione può avvenire tranquillamente con comunicazioni via e-mial, telefoniche o in videoconferenza, lo spazio che prima era dedicato alla sua scrivania o al suo “posto” di lavoro può essere assegnato ad altre esigenze, oppure direttamente alienato.

Se anche qualche volta venisse chiamato a presentarsi in sede per un problema sopraggiunto, non servirà che esso abbia un suo ufficio fisso, e anche se ne servisse uno per l’occorrenza l’azienda gli assegnerebbe uno spazio momentaneo da utilizzare in queste occasioni.

Quindi, in definitiva, tutti i metri quadri che l’azienda utilizzava precedentemente per i dipendenti diventati telematizzati non sarà più necessario possederli.

Nel caso in cui il dipendente debba presentarsi una volta a settimana in azienda, situazione in cui è prevista una regolarità di presenza del dipendente in sede, l’azienda potrà tranquillamente utilizzare il medesimo ufficio e farlo ruotare su 5 diversi dipendenti.

Una parte andrà a coordinarsi in azienda il lunedì, una parte il martedì, e così via. Significa, in un caso simile, che l’azienda potrà tagliare, statisticamente, l’ottanta percento degli spazi adibiti ai dipendenti telematizzati.

Questo abbattimento degli spazi, che in passato erano destinati a contenere i dipendenti, genera ovviamente un risparmio notevole per l’azienda.

Nel caso l’azienda affitti gli spazi può tranquillamente spostarsi in una sede più piccola ed economica, oppure, se utilizza diversi immobili può razionalizzare gli spazi e liberarsi di uno o più di essi.

Anche in caso sia proprietaria degli immobili che utilizza può sfruttare la situazione per trarne profitto. Può ad esempio venderne un parte, oppure in alternativa, può affittarli a terzi generando un profitto.

Logico che il modo di procedere non è uguale per tutte le aziende e non c’è una regola fissa. Occorre vedere, da caso a caso, come essa è strutturata per stabilire se è meglio trasferirsi, oppure razionalizzare gli spazi e alienarne una parte, eccetera. Ma sicuramente possiamo convenire che ci sarà un abbattimento dei costi che erano destinati a tale scopo.

2) La tassazione

Tra l’altro, utilizzare un’immobile non comporta spese solo ed esclusivamente per l’affitto o l’eventuale mutuo ma anche tutta una serie di costi ad essi connessi che derivano dal loro mantenimento operativo.

Alcuni sono costi legati a tasse ed imposte. Basta pensare all’IMU, alla TARI, e a tutte quelle tasse legate al possesso o all’utilizzo degli immobili.
Inoltre, non dimentichiamolo mai, la dimensione degli immobili è un grande indicatore di potenziale redditività aziendale.
Questo significa che nei vari studi di settore utilizzati per stabilire quanto un’azienda guadagna in un anno, possedere o utilizzare immobili più piccoli farà abbassare le stime e con esso la soglia che viene stabilità per far scattare accertamenti fiscali.

E siccome che - chi lavora nel mondo delle aziende lo sa benissimo - spesso gli imprenditori preferiscono pagare più tasse del dovuto piuttosto che avere a che fare col fisco (anche solo per le perdite di tempo e le spese da affrontare in avvocati, trasferte e via discorrendo), riuscire a ridurre i redditi presunti permette di incappare di meno in queste spiacevoli situazioni in cui si è costretti a pagare più tasse del dovuto a mo’ di tassazione occulta.

3) Le spese di mantenimento

Ma le spese di mantenimento non finiscono con le sole tasse dell’amministrazione pubblica.

Occorre poi provvedere a riscaldare, o meglio, climatizzare gli ambienti, illuminarli, pulirli, manutenerli per non farli deperire nel tempo (ci si riferisce a tutti quegli interventi di ripristino ordinario come la tinteggiatura delle pareti, sistemare maniglie delle porte che si rompono, eccetera), o gli eventuali interventi straordinari come una tubatura che salta, guasti agli impianti elettrici, e via discorrendo.

Inoltre occorre sicuramente assicurare i locali per gli eventuali danni a cose e persone che l’immobile stesso e/o le attività lavorative in esso svolte possono cagionare ai dipendenti o agli eventuali ospiti, oppure ancora a terzi. Logico che più i locali sono grandi maggiore sono i costi per assicurarli.

Possedere dei locali più piccoli abbatte, quindi, tutta una serie di voci generando un enorme risparmio di denaro per l’azienda. Meno metri quadri si hanno, meno statisticamente ci saranno cose che si rompono o si usurano o possono arrecare danno a qualcuno.

4) I profitti

L’abbattimento delle spese di gestione va ad influire anche sui profitti aziendali. Innanzitutto, se l’azienda spende di meno per svolgere le proprie funzioni, sicuramente alla fine del ciclo economico dovrà aver generato maggiori profitti. Ma il vantaggio non si ferma qui.

Avendo meno spese, l’azienda può lavorare con una minor esposizione monetaria e ciò si ripercuote in cicli monetari più corti, minor interessi da pagare su castelletti e massimo scoperto, e via discorrendo. Quindi, anche in questo caso il tutto si tramuta in margini di profitto che crescono per via delle spese inferiori.

Oltre a tutto ciò, una spesa inferiore va ad influenzare positivamente sia il rapporto tra costi e ricavi, aumentando la redditività aziendale, sia, nel caso di aziende quotate in Borsa, ne fa sicuramente salire le quotazioni. Ma in ogni caso, in tutte le aziende anche se non quotate ne migliora la bancabilità, la possibilità di ottenere prestiti e di ottenerli a tasso più contenuto, e ne aumenta anche il valore di avviamento in caso di cessione delle attività.

5) Il rapporto con i dipendenti

Utilizzando lo smart working si verifica sicuramente uno stravolgimento dei rapporti che intercorrono tra l’azienda ed i dipendenti.
Abbiamo già visto nello scorso articolo cosa questo comporta dal lato del dipendente, ma di certo ci sono dei cambiamenti anche a livello aziendale.

Aspetto motivazionale
Se da un lato l’azienda ottiene molti vantaggi economici utilizzando il telelavoro, dall’altro lato, non avere i dipendenti a portata di mano può far perdere motivazione alla forza lavoro, che poi inizia a diventare via via meno produttiva.

Fin quando sono in azienda si possono controllare, affiancare ad altri dipendenti motivanti e trascinanti, così come inserirli in organico come sottoposti di un capo che li entusiasma e coordina efficacemente.
Rimanendo a casa, però, l’utilizzo di queste pratiche è quasi del tutto inefficace e, anche se si utilizza un superiore in gamba è impossibile o quasi tenere motivato il dipendente.

Questo significa che l’effetto alienazione tenderà alla lunga a “depotenziare” i dipendenti e a renderli via via meno produttivi. Occorrerà, quindi, usare degli incentivi di altro tipo per tenerli costantemente produttivi, magari di tipo monetario o bonus vari, che alla fine si traducono in costi per l’azienda.

Aspetto sociale
Per gli stessi motivi, mantenere un buon engagment aziendale è praticamente impossibile. Un dipendente che si ritrova a lavorare in solitaria non si affiaterà ai suoi colleghi, e sebbene in certi casi può essere una cosa positiva, specie se si sono verificati in passato atti di bullismo e mobbing, in genere si va verso un minor senso di appartenenza del dipendente nei confronti dell’azienda.

Avete presente quando si parla delle aziende GAFA americane (Google, Apple, Facebook, Amazon)? Si nomina sempre il loro ambiente di lavoro con i biliardi in sala relax, l’arredamento feng shui e cose simili, proprio a voler valorizzare il senso di appartenenza dei dipendenti e l’affiatamento tra di loro.

Bene, stando a casa questo senso di appartenenza e di affiatamento è impossibile da sviluppare e questo rende il dipendente meno fedele e affidabile nel suo utilizzo, cosa che potrebbe spingerlo a lasciare l’azienda anche a fronte di incentivi modesti. Tanto non si sentirebbero in colpa a piantare un’organizzazione in cui non conoscono nessuno.

Aspetto contrattualistico
Un fattore ancora assente nel dibattito televisivo e giornalistico consiste nel fatto che i contratti di lavoro attuali non sono utilizzabili in un rapporto di lavoro telematico.

I motivi sono diversi, ma giusto per toccare le situazioni principali abbiamo che il lavoro espletato dal dipendente non è più misurabile in termini di tempo tranne che lo si calcoli a forfait.

Questo perché occorrerebbe controllarlo a casa e sarebbe una vera e propria invasione della privacy del dipendente. Anche se si mettesse un timbratore virtuale a casa dei telelavoratori, come ci si potrebbe accertare che essi siano veramente a lavoro o meno?

È chiaro che non si possa fare, e quindi si necessiterà di un sistema diverso di misurazione del lavoro che facciano uso di tabelle delle tempistiche forfettarie, che tuttavia farebbero assomigliare il rapporto di lavoro a quelli cosiddetti a cottimo.

Ad esempio, se un dipendente mediamente svolge 12 pratiche al giorno (calcolato su base annuale), allora l’azienda deve mandare un massimo di 12 pratiche al giorno da lavorare, e ciò che eccede questa quantità è considerabile a tutti gli effetti come straordinario.

Tuttavia occorre prevedere un contratto di lavoro ad hoc, che contenga il numero di pratiche giornaliere medie e che tiene conto della normale oscillazione produttiva fra giornate più scariche e quelle più intensive senza far scattare straordinari se si rimane nella normale media lavorativa.
Così come deve proteggere il lavoratore se l’azienda non è in grado di saturargli la produzione senza che questo vada ad inficiare la paga del dipendente.

Si devono poi considerare anche la maturazione delle ferie, quello che accade in caso di malattia, eccetera.
Occorre, quindi, un contratto molto articolato da creare ad hoc. Inoltre, non tutti i lavori sono formati da pratiche documentali ma gli output possono essere i più disparati, ed i contratti devono prevedere le più svariate forme di rapporto lavorativo.
Così facendo i dipendenti vengono perfettamente valutati in base alla loro produttività.

6) Evoluzione del business

Se un’azienda vuole abbracciare la pratica dello smart working non basta che spedisca ai propri dipendenti dei documenti Word via email ma deve effettuare una digitalizzazione dei processi interni.
Tuttavia, digitalizzare l’azienda non è un processo così semplice ed immediato come i più possono pensare. Non basta spedire un documento in formato doc o pdf per dire di aver digitalizzato i documenti, così come non basta creare un software gestionale fai da te per strutturare un processo produttivo in modo digitale.

Il problema più grande da risolvere quando un’azienda, oppure l’amministrazione pubblica, vuole digitalizzarsi è quello che riguarda la sicurezza.
Occorre che i documenti non siano intercettabili da parte di hacker, e se malauguratamente vengono intercettati ugualmente, essi non devono comunque essere consultabili. Dei normali file, anche se protetti da password, sono facilmente violabili.

Inoltre serve che la documentazione sia elaborata e abbia valore legale, quindi che incorpori la firma digitale dell’operatore e tutte le informazioni necessarie affinché, in caso di procedimenti legali o quant’altro, si possa risalire con sicurezza il chi ha fatto cosa e quando.

Anche il sistema che gestisce i processi interni deve essere gestito in modo che nessuno possa intromettersi dall’esterno e carpire segreti industriali e/o sabotare gli stessi processi.
Tutto questo ha dei costi di realizzazione abbastanza elevati, specie se si vogliono dei sistemi creati in modo sartoriale sulla propria azienda.

Se l’azienda in questione è una micro-impresa che non effettua nessuna lavorazione a rischio, allora può anche lavorare spedendosi file per e-mail elaborati con un normale software commerciale e proteggendosi, al più, con le sole password di documento.

Ma se l’azienda è un minimo strutturata e lavora con documenti al cui interno sono contenuti segreti aziendali, dati sensibili, preventivi per appalti milionari, eccetera, essere intercettati può risultare fatale per l’azienda.

Oltre al fattore sicurezza occorre pensare ai tempi e a tutti gli impicci tipici che si presenteranno nel momento in cui occorre far digerire la novità ai dipendenti. Essi, infatti, dovranno essere aggiornati al fine di renderli operativi dentro un’azienda digitale.
Non dimentichiamoci, in questa specifica questione, che l’età media dei lavoratori italiani è piuttosto elevata per via del fatto che si va in pensione sempre più tardi. E migrare dei dipendenti “anziani” verso le nuove tecnologie non è detto sia una cosa facile da fare.

Quindi, riassumendo, di positivo c’è sicuramente il fatto che l’azienda dopo che è stata digitalizzata potrà usufruire di tutti quei vantaggi visti prima, tuttavia, per digitalizzarsi deve affrontare costi e fastidi di vario tipo, che potrebbero scoraggiare i più a compiere il grande passo.

Non aggiornarsi rischia di tagliare fuori la propria azienda in un contesto futuro sempre più competitivo e che vedrà le aziende che lo fanno meglio e più velocemente ottenere un grande vantaggio in termini di competitività che rischia di assegnargli la leadership, o addirittura, di sbattere tutta la concorrenza fuori dal mercato.

Tuttavia, una cosa che nessuno dice è che la digitalizzazione di questi processi lavorativi non coinvolge solo ed esclusivamente i documenti e i lavori di tipo “concettuale”. Digitalizzare l’azienda significa, soprattutto, puntare ad un paradigma produttivo pienamente rientrante nella quarta rivoluzione industriale, o se preferite, nella cosiddetta “Digital Economy”.

Insomma, non basta che digitalizziamo gli uffici.

La digitalizzazione delle informazioni è solo la cima dell’iceberg aziendale. Quello che un’azienda deve fare è digitalizzare anche i processi di vendita, se ovviamente questa parte del processo è centrale nel core business, nonché la vera e propria produzione, nel caso si occupi della produzione di beni materiali.

Nello specifico, automatizzare le vendite permette di rendere smart tutto il front-end aziendale nonché di applicare un sistema di marketing a risposta diretta in grado di far decollare i fatturati.

Inoltre, un sistema di vendita digitalizzato utilizza la rete come canale principale e questo permette di gestirla tramite addetti alle vendite che possono tranquillamente lavorare da casa.
Abbiamo, quindi, gli effetti positivi dello smart working aziendale che va a coinvolgere tutto il reparto vendite.

Un altro aspetto che si può digitalizzare automatizzandolo è la logistica interna delle merci, un po’ come fa la multinazionale Amazon, e addirittura, in casi particolari, si può automatizzare anche parte della produzione.
I cambiamenti a livello aziendale sono molto più profondi di quello che di primo acchito si possono immaginare.

Il nodo della polarizzazione produttiva

Un altro aspetto molto importante ma che nessuno sta analizzando riguarda il fatto che l’utilizzo dello smart working nelle aziende genererà un effetto polarizzante rispetto alle dimensioni delle imprese.

Significa che le aziende si divideranno nel tempo in due macro-categorie:

  • le grandi aziende multinazionali;
  • le micro-aziende locali.

Le grandi aziende multinazionali lavoreranno a livello globale e il loro punto di forza sarà l’economia di scala. Il tutto verrà agevolato dal fatto che gran parte delle mansioni lavorative saranno rese telematiche e svolte tranquillamente nei paesi occidentali, mentre i processi meno pregiati potranno essere svolti in modo delocalizzato all’estero oppure senza quasi usare manodopera umana, grazie all’introduzione dei robot e delle Intelligenze Artificiali.

Le micro-aziende, invece, useranno i sistemi telematici e le automazioni dei processi di vendita e produzione per abbassare notevolmente i costi di avvio delle attività imprenditoriali.

Potendo avviare un’impresa usando dei locali molto piccoli, o addirittura senza nemmeno la sede fisica che potrà essere sostituita da un semplice ufficio ad ore, così come l’uso di lavoratori telematici, magari pagati a cottimo, permetterà di rispolverare un sacco di attività produttive che nel tempo erano scomparse.

Vedesi, ad esempio, tutte quelle produzioni agricole che erano state schiacciate dalla GDO, oppure la realizzazione semi-artigianale di beni materiali che erano stati spazzati via dall’economia di scala appannaggio di imprese medie e piccole, le cosiddette PMI.

Con l’introduzione dello smart working e dell’annessa digital economy quello che si otterrà sarà un abbattimento dei costi di produzione che renderà nuovamente competitive le micro-imprese, che così annullerà il vantaggio che le PMI possedevano rispetto a loro.

Tuttavia, un spetto poco valutato quando si organizza un’azienda è quello che riguarda i costi che aumentano in modo esponenziale rispetto alle dimensioni.

Se da un lato è vero che un’azienda più grande permette di ottenere economia di scala sempre più marcate, dall’altro lato, un’azienda più grande ha dei costi di gestione che aumentano in modo iper-lineare con il crescere delle dimensioni per via delle complicazioni che essa porta con se.

Le dimensioni maggiori di un’impresa sono, quindi, convenienti quando l’abbattimento dei costi ottenuti con l’economia di scala sono maggiori della maggiorazione dei costi subiti per il fatto che si è cresciuti dimensionalmente.

Se però interviene un fattore che permette di abbassare il costo di produzione, l’economia di scala ne risente e diventa vantaggiosa solo su volumi molto elevati. Questo si traduce in un massacro per tutte quelle imprese che possono ottenere un’economia di scala non sufficiente elevata.

In pratica, con la digitalizzazione dei processi si andrà verso una situazione in cui le PMI si ritroveranno a spendere di più rispetto alle micro-imprese per via delle loro dimensioni maggiori, ma senza avere più il vantaggio derivante dall’economia di scala.

In pratica saranno aggredite dal basso dalle nuove micro-imprese.

Al contempo, le PMI sono troppo piccole per poter pensare ad un salto globale in quanto la complessità che è necessario gestire quando si vuole operare a livello mondiale è notevole e necessità di molto personale e di grandi quantità di risorse economiche.

Inoltre, se anche riuscissero a organizzarsi per il salto globale ci sarebbe il problema dei volumi prodotti che saranno troppo bassi per competere con le grosse multinazionali.

Questo si tramuta in un aggressione dall’alto da parte delle multinazionali già affermate.

Questo doppio fronte che si aprirà automaticamente con la digitalizzazione aziendale porterà, secondo me, alla distruzione delle PMI che si ritroveranno tra l’incudine ed il martello generando dei problemi macro-economici non indifferenti a livello nazionale e continentale.

Non dimentichiamo che le PMI sono sempre stato il punto di forza dell’Italia, e volendo anche di tutta l’Europa.

Start-up e opportunità di business

L’abbattimento dei costi di gestione che si otterrà con la digitalizzazione dei processi e l’uso del lavoro telematico permetterà di rendere profittevole attività che prima erano impossibili da effettuare.

Ci riferiamo a tutte quelle imprese artigianali o semi-artigianali, specializzate nella produzione di beni e servizi legati al territorio, e quindi con una filiera produttiva estremamente corta, che non permette di effettuare economia di scala ottenibili utilizzando processi produttivi tradizionali.

Questo farà si che spunteranno come funghi una miriade di micro-imprese che rilanceranno l’agricoltura di qualità, che produrranno e venderanno prodotti tipici locali, oppure, nel caso di beni materiali, che offriranno prodotti fatti su misura in modo sartoriale, e così via.

Sono attività che erano via via scomparse da oltre mezzo secolo ma che ritorneranno in auge in chiave moderna grazie alla vendita online, alla digitalizzazione dei processi produttivi e allo smart working.

Inoltre, lo smart working imprimerà un altro cambiamento nel tempo, che poi approfondirò nell’articolo che parla di questa pratica rispetto all’economia nazionale, e cioè il fatto che diluirà la popolazione che quindi si sposterà dalle grandi città per trasferirsi nei centri meno urbanizzati sparsi lungo il territorio nazionale.

Questo permetterà alle piccole comunità provinciali di crescere di numero e di superare quella massa critica necessaria per rendere profittevole molte attività a filiera corta sparse lungo tutta la nazione.

Quindi, in definitiva, l’abbattimento dei costi di gestione e avvio delle imprese, a cui si sommano la rinascita delle attività a filiera corta è il motivo per il quale sono convinto che ci sarà un fiorire di micro-attività, che verranno avviate da persone che non vogliono fare il dipendente oppure di dipendenti che hanno perso il lavoro e trovano il modo di riutilizzare le proprie competenze in un’attività propria.

Non dimentichiamoci, inoltre, che bassi costi di avvio significa anche una maggior facilità di trovare business angels o di farsi finanziare da una banca. Inoltre, anche se non si trovano finanziatori potrebbe essere possibile avviare attività anche con capitali propri o accedendo a normali prestiti mantenendo basso il rischio di fallimento.

In conclusione, benché a livello mondiale si sta spingendo molto sulla digital economy al fine di avvantaggiare le grandi multinazionali, quello che invece accadrà sarà un ritorno in chiave moderna di un’economia produttiva all’antica con al centro le micro-imprese locali.

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