Al World Economic Forum di Davos i vertici di aziende e istituzioni occidentali si confrontano sulle prospettive economiche e lanciano proposte, ma la loro rischia di essere solo una maschera.
Basterà il raduno del gotha del capitalismo mondiale per salvare l’economia occidentale dallo spettro della recessione? Nonostante le parole fiduciose ad esempio di Christine Lagarde sulle prospettive macroeconomiche dell’Unione europea nel 2023, gli stessi esperti del World economic forum di Davos sanno che l’Occidente va verso una nuova crisi, spinta da inflazione, caro-energia e prospettive negative della Cina. Nemmeno loro potranno fermarla, anzi.
Quest’anno come mai le critiche all’annuale meeting con economisti noti e vertici di aziende e istituzioni economiche occidentali sono tante e differenziate. Questo innanzitutto perché il forum di Davos ha dato spazio ai cosiddetti “falchi” europei, convinti che si debba continuare con politiche monetarie restrittive, tornando a una certa austerità sui conti pubblici e a politiche neoliberiste sulle pensioni. Politiche che, secondo gli economisti di scuola neo-keynesiana, rischiano di aggravare la crisi sociale.
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