Al WMF - We Make Future si incontrano intelligenza artificiale e naturale

Niccolò Ellena

16 Giugno 2023 - 14:26

Sul Mainstage del WMF - We Make Future, sono arrivati molti esperti che hanno parlato di intelligenza artificiale, robotica e futuro. Ecco cosa hanno detto.

Al WMF - We Make Future si incontrano intelligenza artificiale e naturale

Durante la prima giornata del WMF - We Make Future, fiera internazionale e festival sull’innovazione tecnologica e digitale, si è parlato tanto di intelligenze artificiali, robotica, relazioni umane e prospettive future condivise tra uomo e macchina, volte a potenziare e ad accelerare tutte le capacità dell’uomo.

A parlarne, direttamente dal Mainstage, sono stati degli esperti del settore come Jerry Kaplan, inventore del tablet e pioniere della Silicon Valley, Agnieszka Wykowska dell’Istituto Italiano di Tecnologia, che ha parlato di robotica a supporto di bambini con spettro autistico, e David Hanson, fondatore e Ceo di Hanson Robotics nonché padre del robot Sophia.

Proprio Sophia, il robot umanoide, ha ricoperto il ruolo di co-conduttrice accanto a Alice Mangione, attrice, comica e content creator del progetto editoriale The Pozzolis Family e Cosmano Lombardo, fondatore e Ceo di Search On Media Group e ideatore del WMF.

Al WMF - We Make Future arriva Sophia, il robot presentatore

Il primo giorno del WMF è arrivato un ospite del tutto speciale: Sophia, il robot umanoide più avanzato al mondo.

Prodotto dalla società di Hong Kong Hanson Robotics, il robot Sophia è in grado di conversare in modo naturale con gli umani, percepire i movimenti ed esibire una convincente espressività.

È il primo androide della storia ad aver ottenuto lo status di cittadino, ed è il primo essere non umano ad aver ricevuto un titolo dalle Nazioni Unite, quello di “Innovation Champion”.

Sul Mainstage è salito anche David Hanson, fondatore e Ceo di Hanson Robotics, nonché «papà» di Sophia.

Nel suo intervento - principalmente incentrato sulla robotica - ha detto: «sono qui per spiegarvi perché volevamo umanizzare l’intelligenza artificiale: i robot umanizzati possono essere estremamente utili per esplorare cosa significhi essere umani. Realizzare robot in questo senso permette di creare intersezioni meravigliose tipiche di noi esseri umani: chimica, ingegneria, arte e creatività. Ci aiuta a capire cosa vuol dire esseri umani in modo visivo e poetico. Io penso che tutte queste tecnologie utilizzate al meglio accelerino le capacità umane».

Ha poi aggiunto: «probabilmente, un giorno, i robot arriveranno ad autoalimentarsi e un umanoide come Sophia potrebbe voler esplorare autonomamente e avere un certo livello di capacità. Questo in realtà è ancora fantascienza ma col tempo potremmo arrivare a dare una personalità a Sophia».

WMF - We Make Future, Kaplan: «L’intelligenza artificiale generativa cambierà tutto»

Sophia ha poi introdotto Jerry Kaplan, inventore e pioniere della Silicon Valley, che ha parlato di una delle tecnologie più discusse di questo periodo: l’intelligenza artificiale generativa.

In particolare, Kaplan ha detto: «L’intelligenza artificiale generativa cambierà tutto. Siamo portati a pensare all’intelligenza artificiale come il robot super intelligente che prende il sopravvento. Non è così. L’intelligenza artificiale generativa non pensa e non agisce come lo fa l’uomo, lo fa attraverso i large language models, che condensano poi le informazioni in reti neurali, compattando le innumerevoli informazioni che riescono ad incamerare. Dobbiamo tenere ben a mente che non c’è un “loro” e non c’è un “noi”, l’intelligenza artificiale non ha una mente pensante».

I robot creeranno un futuro più inclusivo

Al WMF si è parlato molto anche del presente e di come i robot possano aiutare bambini con disturbi come l’autismo ad avere un futuro migliore.

A trattare l’argomento è stata Agnieszka Wykowska, coordinatrice di “Social Cognition in Human-Robot Interaction” delll’Istituto Italiano di Tecnologia. L’esperta ha spiegato che ad aiutare molto i bambini autistici è la componente interattiva che si sviluppa tra loro e un robot.

Nell’interazione sociale, ha spiegato Wykowska, ci sono sempre segnali che vengono decodificati in maniera automatica: «per esempio guardare un’altra persona negli occhi ci aiuta a interpretare cosa comunica implicitamente con lo sguardo. Credo che capiate tutti l’importanza di guardare negli occhi una persona quando si parla. Credo che abbiate tutti avuto un’interazione con una persona che vi guarda o per troppo tempo o per troppo poco. Ma quanto è troppo o troppo poco tempo? È il nostro cervello che studia implicitamente questi meccanismi. E nel nostro laboratorio studiamo proprio questi meccanismi».

Ma nei bambini autistici le interazioni avvengono in maniera differente: «è stato dimostrato - ha continuato - che i bambini autistici amano interagire con la tecnologia. E dopo sole due settimane di interazione bimbo - robot le interazioni sociali del bambino erano effettivamente migliorate».

«Utilizzando i robot umanoidi - ha concluso - abbiamo cercato di capire in che modo funziona l’intelligenza umana, ci serviva per creare dei robot ancora più simili agli uomini. Insieme a questi robot potremmo creare un futuro migliore e più inclusivo».

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