Nei prossimi 5 anni il saldo dei posti di lavoro potrebbe essere negativo. Secondo le stime infatti ci saranno 14 milioni di posti di lavoro in meno, ma non per tutti i settori. Ecco cosa cambia.
Si conferma a ogni nuova indagine sul mondo del lavoro come la pandemia sia stata un evento fondamentale per scandire un “prima” e un “dopo”. L’ultimo rapporto del World Economic Forum, dal titolo “Futuro del lavoro”, conferma quest’immagine e riconosce in maniera chiara i nuovi connotati del lavoro nei prossimi 5 anni. Sembra infatti che verranno creati almeno 69 milioni di posti di lavoro, ma ne potrebbero sparire circa 83 milioni. In altre parole: nei prossimi 5 anni potrebbero esserci 14 milioni di posti di lavoro in meno. Eppure secondo altre stime il saldo potrebbe essere addirittura in positivo.
Bisogna tenere conto infatti che il rapporto del World Economic Forum fa riferimento a un sondaggio compiuto su 803 imprese internazionali impegnate in diversi settori. Per quanto sia una fotografia ampia, i dati recuperati sono comunque viziati da diversi fattori. Se si confrontano però i dati raccolti nel rapporto “Futuro del lavoro” e quanto è visibile agli occhi di tutti dal periodo post pandemica, si possono segnalare alcuni elementi fissi e sui quali le azioni dei governi di tutto il mondo dovranno concentrarsi. Tra questi: la disoccupazione superiore a livelli pre pandemia - dato sul quale influisce il boom di dimissioni volontarie - salari stagnanti e bassi, ma soprattutto un ampio gap tra lavori richiesti e competenze di chi cerca lavoro.
La sfida del futuro è formare i milioni di lavoratori che si occuperanno di tecnologia o di cura della persona. Alcuni lavori potrebbero essere rimpiazzati proprio dalla tecnologia o dall’intelligenza artificiale, ma ci sono anche lavori per i quali l’essere umano non può essere sostituito. L’Italia deve quindi cogliere le sfide dell’istruzione, formazione e riqualificazione per non rimanere indietro e perdere il treno della transizione tecnologica del mondo del lavoro.
La fotografia post pandemia: un rallentamento che cambia il mondo del lavoro
Dopo la pandemia di coronavirus il lavoro non torna indietro. La nuova normalità - in molti hanno criticato il motto “tornare alla normalità” durante quei mesi difficili - è una diverso bilanciamento tra orario lavorativo e vita privata, ma soprattutto un nuovo modo di integrare la tecnologia nel lavoro. Dove andrà il mercato del lavoro mondiale? Il rapporto “Futuro del lavoro” cerca di rispondere proprio a questa domanda. Emerge dai dati raccolti che il 23% dei posti di lavoro è destinato a cambiare forma, circa 83 milioni di posti di lavoro sono destinati a sparire e altri 69 milioni saranno creati.
Significa, a una prima occhiata, che 14 milioni di posti di lavoro (circa il 2%) andranno persi nei prossimi 5 anni. La causa però non è la corsa alla tecnologia - che invece riuscirà a creare posti di lavoro - ma al rallentamento dell’economia globale. In questo scenario sarà la tecnologia a dare nuovo impulso al mondo del lavoro.
Lavori rimpiazzati e lavori creati: come cambia il mondo del lavoro tra 5 anni
Tra transizione ecologica e transizione tecnologia nei prossimi 5 anni saranno molti e variegati i nuovi posti di lavoro. Tra i lavori più richiesti, per i quali già oggi si è creato un ampio gap tra posti vacanti e personale qualificato (nell’ordine di circa 1 milioni di posti di lavoro disponibili), ci sono sicuramente tutte le figure informatiche, gli specialisti di big data e i professionisti della sicurezza informativa. Non mancano però anche gli esperti di sostenibilità, gli educatori, i geologi - dovuto all’interesse per la localizzazione delle terre rare - e i lavori nel terzo settore per la cura della persona.
Ci sono anche dei lavori che rischiano però di essere superati dalla tecnologia. Per esempio la robotizzazione delle fabbriche, degli uffici dedicati al pubblico e quelli più specifici delle banche. I ruoli di lavoro che subiranno di più la pressione dell’avanzamento e ampliamento nell’utilizzo quotidiano della tecnologia saranno infatti i segretari, i cassieri di banca e i contabili.
Per non restare indietro, e non raggiungere il saldo negativo stimato di 14 milioni di posti di lavoro in meno, sarà necessario attivare un nuovo settore, ovvero quello dell’aggiornamento delle competenze.
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