5 volte in cui Valditara, ministro dell’Istruzione, è stato contestato per le sue dichiarazioni

Alessandro Nuzzo

24/11/2022

L’ultima sul valore dell’umiliazione è solo l’ultima uscita del neo ministro dell’Istruzione che in passato aveva già avuto modo di scatenare diverse polemiche.

5 volte in cui Valditara, ministro dell’Istruzione, è stato contestato per le sue dichiarazioni

In un sondaggio di Demopolis pubblicato lo scorso 27 ottobre, il neo ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara figurava tra i 10 ministri noti a meno di un quinto dei cittadini. Oggi forse ci sarà qualcuno in più a conoscerlo, soprattutto a causa di alcune dichiarazioni che hanno scatenato diverse polemiche.

L’ultimo in ordine cronologico è stato sul valore dell’umiliazione detto all’incontro Italia-Direzione Nord a Milano. Si tratta solo dell’ultimo di una lunga serie di dichiarazioni ambigue di cui si è reso protagonista. Ne abbiamo raccolti cinque.

Il valore dell’umiliazione

È l’ultima dichiarazione di Valditara che sta facendo discutere ed è stata detta qualche giorno fa in occasione dell’incontro Italia-Direzione Nord a Milano. Il tema sono i lavori socialmente utili per i bulli o chi si rende protagonista di episodi violenti a scuola. La frase incriminata che ha scatenato diverse polemiche è stata: «Soltanto lavorando per la collettività, umiliandosi anche - evviva l’umiliazione che è un fattore fondamentale nella crescita della personalità - di fronte ai suoi compagni, ci si prende la responsabilità dei propri atti. Da lì nasce il riscatto».

Date le polemiche per le parole utilizzate, dopo qualche ora il ministro Valditara è tornato sull’argomento chiarendo il suo concetto pur confermando il messaggio. «Ho usato un termine sicuramente inadeguato, confermo il messaggio: imparare l’umiltà di chiedere scusa». E poi ha aggiunto: «Nel video del convegno di Direzione Nord a Milano ho utilizzato un termine che non spiega affatto il senso del mio ragionamento. Stavo intervenendo su un episodio oggettivamente intollerabile, quello di uno studente che ha preso a pugni una professoressa. Ho affermato che sospendere per un anno quel ragazzo non ha molto senso, molto meglio responsabilizzarlo facendogli svolgere lavori socialmente utili alla comunità scolastica».

Lavori socialmente utili per gli studenti

Ma sul concetto dei lavori socialmente utili per gli studenti - diciamo così - più vivaci, il ministro Valditara ci era già tornato proponendoli come possibile «soluzione per contrastare gli episodi di violenza in classe per gli studenti sospesi un anno». Una frase che trovò il dissenso di diversi presidi che gli fecero notare come la sospensione di un anno non esistesse. Altri docenti invece lo informarono che in realtà in molti istituti già esiste una soluzione del genere dove a chi compie atti di bullismo vengono affidati piccole riparazioni o servizi a mensa.

Cellulari in classe

Altra proposta avanzata dal ministro dell’Istruzione riguarda il divieto di usare i cellulari in classe sia per gli studenti che per gli insegnanti. La motivazione sta nel fatto che lo smartphone diventa spesso fonte di distrazione visto che viene usato per chattare, navigare su internet e a volte anche per rispondere alle telefonate. In realtà già numerosi istituti si sono adeguati da soli vietando l’utilizzo dei cellulari in classe. Ma anche in questo caso il mondo della scuola si è diviso tra chi è d’accordo con questa soluzione volta a far crescere la produttività durante le ore scolastiche e chi invece pensa che invece il proibizionismo non paghi e sia meglio educare a un uso corretto.

Addio al reddito di cittadinanza per chi non ha finito le scuole dell’obbligo

Altra dichiarazione che ha scatenato l’ira soprattutto dei partiti d’opposizione è stata quella sul reddito di cittadinanza. Il ministro si è detto d’accordo a toglierlo ai giovani tra i 18 e i 29 anni che hanno interrotto gli studi prima dei 16 anni oppure che hanno un diploma ma non lavorano e non sono in formazione. «Il governo sta pensando di prevedere l’obbligo di completare il percorso scolastico per chi lo abbia illegalmente interrotto o un percorso di formazione professionale, pena in entrambi i casi la perdita del reddito o dell’eventuale misura assistenziale che dal 2024 lo sostituirà» - ha detto.

La parola merito aggiunta al ministero dell’Istruzione

Prima di tutte c’è stata la polemica sul termine «merito» inserito nel nuovo ministero dell’istruzione che il governo Meloni ha cambiato nome facendolo diventare ministero dell’istruzione e del merito. Una novità che scatenò non poche polemiche. C’è chi ritenne discriminatorio parlare di merito. «Il contrario di una scuola pubblica e democratica che deve accogliere e includere, non selezionare» - secondo la rete degli studenti. Il governo specificò che il concetto di merito vuol dire dare l’opportunità a chiunque.

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