Articolo 18: cosa prevede oggi e come cambia con la riforma di Renzi? Tutto ciò che c’è da sapere

Vittoria Patanè

25 Settembre 2014 - 13:52

Articolo 18: cosa prevedeva in passato, cosa prevede oggi e quali sono i cambiamenti inseriti nel Jobs Act di Matteo Renzi? Tutte le informazioni

Articolo 18: cosa prevede oggi e come cambia con la riforma di Renzi? Tutto ciò che c’è da sapere

La polemica sull’Articolo 18 non accenna a placarsi. Tutti ne parlano sulle prime pagine dei giornali e all’interno dei palazzi del potere.

Cambiare l’art.18 è uno degli obiettivi principali della riforma del lavoro attualmente al vaglio del Governo Renzi. Non è la prima volta che qualcuno cerca di abolirlo, in quarant’anni sono stati in molti a provarci, scontrandosi sempre con la dura opposizione dei sindacati che lo ritengono uno dei principi cardine dello Statuto dei Lavoratori.

Ma cerchiamo di capire meglio cosa prevede e in cosa consiste, ma soprattutto quali sono i cambiamenti che l’Esecutivo intende apportare.

Articolo 18:cosa prevede?
L’articolo 18 è entrato in vigore in seguito all’approvazione della legge n.300 del 28 maggio 1970, conosciuta da tutti come Statuto dei Lavoratori, una norma atta a tutelare diritti e libertà fondamentale di un dipendente soggetto a contratto a tempo indeterminato, anche part-time.

L’art.18 costituisce l’applicazione della cosiddetta tutela reale, disciplinando in particolare il caso di licenziamento illegittimo (ovvero effettuato senza comunicazione dei motivi, ingiustificato o discriminatorio) di un lavoratore.

Il datore di lavoro non può infatti licenziare un dipendente «senza una giusta causa o un giustificato motivo».

Nel caso in cui non si riscontrassero valide ragioni per il licenziamento infatti, esso risulta nullo e il datore di lavoro ha l’obbligo di reintegrare il lavoratore al suo posto, con le stesse mansioni e lo stipendio.

Ci sono però delle eccezioni: nel caso in cui il licenziamento venga effettuato da un azienda con meno di 15 dipendenti, il datore di lavoro non ha l’obbligo di reintegro, ma deve comunque concedere un indennizzo, pari a 15 mensilità di retribuzione.

L’erogazione dell’ indennizzo monetario può avvenire in teoria anche da parte delle imprese con più di 15 addetti, ma in tal caso spetta al dipendente scegliere se tornare al proprio posto di lavoro o optare per il risarcimento.

Sottolineiamo che il tetto dei 15 dipendenti non ha a che fare con l’intero organico di un’azienda, ma solo quello delle «singole sedi, uffici, filiali stabilimenti o reparti» o l’insieme di tutto il personale impiegato complessivamente dall’ impresa in un singolo Comune. Dunque, se un’azienda occupa nel complesso più di 15 persone, ripartite però in differenti unità o sedi, questa non è costretta a rispettare l’obbligo di reintegro.

Altra eccezione importante riguarda i sindacati. Sembrerà paradossale, ma le norme per le quali CGIL, CISL e UIL si battono da anni e anni, ostacolando l’opera di riforma di qualsiasi Governo capiti loro a tiro, non si applicano ai licenziamenti dei sindacati. La legge n.108 del 1990 non prevedere l’obbligo di reintegro per:

«tutti i datori di lavoro che svolgono senza fini di lucro attività di natura politica, sindacale, ricreativa, culturale, di istruzione o religiosa e di culto».

Articolo 18 nella Riforma Fornero
La riforma Fornero del 2012 ha modificato il testo dell’articolo 18 prevedendo tre tipologie di licenziamento:
Licenziamento discriminatorio (credo politico, fede religiosa, appartenenza a sindacati, adesione a scioperi, età, sesso, etnia). In questo caso si prevede reintegro e risarcimento integrale.
Licenziamento disciplinare: per “giusta causa”, cioè nel momento in cui si verifica una circostanza talmente grave da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro; o per “giustificato motivo soggettivo”, cioè in caso di notevole inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore. In questo caso si prevede il reintegro con risarcimento limitato nel massimo di 12 mensilità, oppure il pagamento di un’indennità risarcitoria, tra le 12 e le 24 mensilità, senza versamento contributivo.
Licenziamento economico: causato da “giustificato motivo oggettivo”, cioè da ragioni inerenti “l’attività produttiva, l’organizzazione del lavoro e il regolare funzionamento di essa”. Prevede un’indennizzo ridotto, da 12 a 24 mensilità, tenendo conto dell’anzianità del lavoratore e delle dimensioni dell’azienda stessa, ma non si applica il reintegro.

Articolo 18: come cambia con il Jobs Act di Renzi?
L’attuale riforma del lavoro voluta dal Governo Renzi prevede che l’articolo di 18 non venga applicato sulle nuove assunzioni. Il contratto a tempo indeterminato diventerà a tutele crescenti in base all’anzianità di servizio. Il neoassunto con contratto a tempo indeterminato non avrà dunque le stesse tutele dei colleghi più anziani, ma potrà ottenerle nel corso degli anni.

In caso di licenziamento il dipendente verrà tutelato e sostenuto economicamente. Il datore di lavoro potrà scegliere tra due opzioni:
- scegliere il nuovo sistema che elimina l’obbligo di reintegro sostituendolo con un indennizzo economico che aumenta in relazione all’anzianità di servizio
- optare per le regole contenute nella legge Fornero, rischiando l’obbligo di reintegro, ma con la certezza di dover versare un importo inferiore in caso di condanna.

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