Crolli degli utili della case auto e licenziamenti sono sempre più frequenti nel settore. Auto elettrica, guida autonoma e connettività richiedono investimenti sempre più alti.
Di auto elettrica si parla ovunque: è l’elettrificazione a dominare qualsiasi discorso su strategie e nuovi modelli di autoveicoli. Ogni costruttore auto sta pianificando la messa in produzione di modelli a batteria e chi è indietro nella ricerca e nello sviluppo di EV è alla disperata ricerca di alleanze per arginare il problema.
Certo, la questione ambientale è un problema serio e deve essere affrontato. E la soluzione nel trasporto su strada sembra passare obbligatoriamente per l’auto elettrica. Una strategia che ha un costo, perché significa sviluppare in tempi rapidi sia modelli elettrificati - ibridi e full electric - sia le relative batterie.
E quando si fanno massicci investimenti, inevitabilmente si deve tagliare da qualche parte. Ecco allora arrivare annunci di massicci licenziamenti nel settore automobilistico: solo negli ultimi mesi Nissan ha annunciato 12.500 posti da tagliare, Ford ne ha annunciati 7.000 a maggio scorso mentre Daimler - proprietaria di Mercedes-Benz e in rosso per la prima volta in 10 anni - ha annunciato un piano di austerity, senza però paventare licenziamenti.
Non si salva neppure Tesla, che da gennaio a giugno 2019 ha perso il 22% del valore azionario. Quindi l’auto elettrica minaccia davvero di ridurre drasticamente i profitti dei costruttori di automobili? La società di consulenza AlixPartners ha descritto come “un deserto del profitto” il territorio che le case auto hanno davanti per il prossimo futuro. Ma perché l’auto elettrica ne è responsabile?
Auto elettrica come soluzione a inquinanti e CO2
Per rispondere alla domanda dobbiamo fare un passo indietro e capire perché l’auto elettrica sia un “dovere” per ogni casa auto. Perché è stata individuata come principale strumento per la riduzione delle emissioni inquinanti - Ossidi di Azoto (NOx) e Particolato (Pm) - e climalteranti (Anidride carbonica CO2).
E perché, di conseguenza, molte amministrazioni locali e nazionali stanno definendo piani di mobilità che prevedono blocchi parziali o totali alla circolazione di veicoli tradizionali nei centri urbani.
Nonostante quello dei trasporti non sia né l’unico né il principale produttore di emissioni nocive (ad esempio, le navi da crociera sono un problema più serio) e nonostante le moderne auto a gasolio siano infinitamente più pulite di quelle più vecchie.
E che - quindi - già il ricambio del parco auto circolante con modelli termici recenti diminuisce in maniera sensibile il livello dei gas che contribuiscono all’inquinamento e al riscaldamento globale.
225 miliardi di dollari di investimenti nell’elettrificazione
Di fatto, ne consegue che le case auto debbano investire pesantemente per essere pronti ad avere una gamma di veicoli elettrificati in tempi rapidi. E per evitare le salatissime multe previste per chi sfora i livelli di emissioni, soprattutto quelle relative alla CO2.
AlixPartner Stima in 225 miliardi di dollari l’investimento che i costruttori auto dovranno sostenere per l’elettrificazione tra il 2019 e il 2023. C’è da aggiungere che il costo di sviluppo di un’auto elettrica è circa due volte e mezza superiore a quella di un modello tradizionale.
Ecco perché, almeno in una prima fase - destinata a durare diversi anni - i profitti delle case auto sono destinati a scendere drasticamente. Alla luce di questi dati, la definizione di “deserto del profitto” assume dunque una conformazione più chiara.
Ma non è solo l’auto elettrica ad assorbire gli investimento delle case auto. La guida autonoma è un’altra voce importante della spesa nella ricerca e nello sviluppo. Così come la connettività, che con l’avvento del 5G sta subendo un’accelerazione notevole.
Investimenti importanti e vendite ancora scarse
Ai massicci investimenti che l’industria automobilistica è chiamata a sostenere fanno da contraltare i numeri di mercato dell’auto elettrica, che anche nelle previsioni più ottimistiche arriverà al massimo al 15% del totale al 2022 (stima AlixParters).
Certo, nei prossimi anni i costi di produzione dovrebbero ridursi: AlixPartners stima una riduzione del 4% annuo del costo di produzione delle batterie - grazie all’introduzione di nuove tecnologie - e del 7% dei costi di produzione dell’auto, grazie alle economie di scala.
Resta il fatto che tra investimenti massicci, bassa percentuale di penetrazione nelle vendite e un andamento incerto del mercato globale, l’auto elettrica desta molte preoccupazioni ai piani altri dei costruttori.
La Cina - primo mercato mondiale per l’auto elettrica - è in rallentamento e dovrebbe chiudere il 2019 a -8%. Gli Stati Uniti stanno entrando nella fase calante del ciclo e l’Europa è alle prese con un mercato che nel primo semestre ha segnato -3,1%.
In futuro meno addetti nell’Automotive e più fusioni
La conclusione che appare più logica è quella secondo la quale l’auto elettrica sarà una delle forme di mobilità future, ma che da sola non risolve il problema del riscaldamento globale.
Lo sviluppo della mobilità elettrica sta rivoluzionando l’industria automobilistica, che in futuro avrà bisogno di meno addetti - la produzione di un’auto elettrica è più semplice rispetto a quella di un’auto termica e così la sua manutenzione - e di gruppi aziendali dalle spalle grosse. Ecco spiegati - quindi - i licenziamenti e le fusioni tra costruttori diversi.
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