Alla Camera è approdata una proposta di Fratelli d’Italia sulla nazionalizzazione di Bankitalia: fredda la Lega, ma la sponda potrebbe arrivare dai 5 Stelle.
Bankitalia è sempre più al centro dell’agenda politica. Dopo l’idea dell’utilizzo dell’oro per sistemare i conti e le polemiche sulle nomine a Palazzo Koch, adesso in Parlamento si sta iniziando a parlare di una possibile nazionalizzazione.
Alla Camera infatti è iniziato l’esame di una proposta di Fratelli d’Italia per nazionalizzare la Banca d’Italia attraverso il ministero dell’Economia, che comprerebbe al valore nominale le quote oggi detenute da soggetti privati, come banche e assicurazioni.
Un testo quello presentato dal partito di Giorgia Meloni molto simile a uno del Movimento 5 Stelle del 2016, con i pentastellati che ancora non si sono espressi sull’argomento mentre Claudio Borghi, presidente leghista della commissione Bilancio di Montecitorio, ha parlato di “proposta assai problematica”.
La proposta di Fratelli d’Italia per nazionalizzare Bankitalia
Alla commissione Finanza della Camera è iniziata la discussione di una proposta di Fratelli d’Italia che era stata presentata subito dopo le scorse elezioni. Ad ottobre Guido Crosetto, tra i firmatari del testo, aveva parlato di una “provocazione”.
L’argomento infatti è più che spinoso oltre che delicato: la nazionalizzazione di Bankitalia. Ecco cosa recita il testo presentato in commissione Finanza da Giorgia Meloni e ora in discussione a Montecitorio.
Le quote di partecipazione della Banca d’Italia detenute da soggetti diversi dallo Stato o da altri enti pubblici sono trasferite al Ministero dell’Economia e delle Finanze. Ai soggetti detentori di suddette quote di partecipazione è attribuito il corrispondente valore nominale.
A spiegare meglio di cosa si tratterebbe nel dettaglio, ci ha pensato però un articolo di Davide Colombo sul Sole 24 Ore.
Con un salto indietro di quattordici anni si vorrebbe dare attuazione a una norma rimasta sulla carta (la legge 262 del 2005) e che prevedeva il possibile trasferimento allo Stato della proprietà del capitale della Banca d’Italia. Il tutto al valore nominale del 1936, quando pur con una struttura privatistica la Banca aveva partecipanti al capitale solo di natura pubblica. Allora il capitale valeva 300 milioni di vecchie lire o, meglio, 156mila euro di oggi. Una cifra lontanissima dai 7,5 miliardi rideterminati tra il 2013 e il 2015, con la revisione dello Statuto di via Nazionale e la dematerializzazione delle quote.
In sostanza con una legge del 2013 il capitale della Banca d’Italia è stato rivalutato a 7,5 miliardi, in 300.000 quote. La proposta di Giorgia Meloni prevede che lo Stato riacquisti le quote al precedente valore storico, di circa 155.000 euro.
Oggi i principali detentori di quote rivalutate sono Intesa Sanpaolo, Unicredit, Assicurazioni Generali e Carige. Se la riduzione forzosa del valore delle quote non venisse indennizzata, gli attuali partecipanti al capitale subirebbero perdite ingenti. Viceversa, lo Stato dovrebbe sostenere oneri elevati in caso di indennizzi.
Asse con il Movimento 5 Stelle?
Nel 2016 una proposta del genere è stata presentata dal Movimento 5 Stelle con firmatari Alessio Villarosa, Carla Ruocco (ora presidente della commissione Finanze della Camera) e Daniele Pesco.
Al momento però per Giovanni Currò, membro M5S della commissione Finanze, il Movimento 5 Stelle “non ha una posizione, dobbiamo discuterne tra noi, con i nostri rappresentanti al governo e ovviamente con la Lega”.
Sul fronte del carroccio Claudio Borghi, che ha presentato nel frattempo un suo progetto di legge per stabilire che la proprietà dell’oro di Bankitalia è dello Stato italiano, appare però molto cauto.
“Troppo complicato mettere mano al sistema delle quote - ha commentato il leghista - potrebbe essere un’occasione per parlare della governance ma, così come è disegnata, ha delle criticità economiche, ne parlerò con Fratelli d’Italia”.
La proposta di Fratelli d’Italia però potrebbe essere usata come clava da chi, vedi Movimento 5 Stelle, pensa che la rivalutazione a 7,5 miliardi fatta in precedenza sia stata un autentico regalo a quelle banche che partecipano al capitale.
Inoltre ci sarebbe il rischio che con l’attuale assetto le quote oggi in mani italiane possano finire ad azionisti stranieri, visto che gli istituti un domani potrebbero essere scalati da soggetti non italiani.
Il testo presentato alla Camera dalla Meloni al momento è stato accolto in maniera fredda dalla maggioranza, anche se non è detto che possa portare a una discussione più ampia in merito a Bankitalia come spesso evocato da Lega e Movimento 5 Stelle.
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