Ma il vecchio Joe Biden non doveva essere quello affidabile, bravo ed esperto in diplomazia e in politica estera?
Ma il vecchio Joe Biden non doveva essere quello affidabile, bravo ed esperto in diplomazia e in politica estera? Poveri i suoi elettori americani e i suoi sostenitori europei che credevano davvero di essere «tornati alla normalità» (era quello lo slogan centrale della campagna del Democratico) per essere riusciti a scaricare Trump.
Il Repubblicano era infatti bollato dai media come un pazzo pericoloso per la pace nel mondo, distruttore della armonia tra gli alleati, incapace di tenere a bada i nemici, e amico dei dittatori.
Invece sono bastati sette mesi a Biden per creare crisi a raffica e collezionare fiaschi. Andiamo con ordine e partiamo dalla cronaca della settimana. Venerdì 17 il vecchio Joe, e l’America con lui, hanno subito uno schiaffo di portata storica inimmaginabile. Thomas Jefferson si deve essere rigirato nella tomba perché mai era successo uno strappo tanto clamoroso fra gli Usa e la Francia da quando lui, padre fondatore e nominato ministro plenipotenziario dei neonati Stati Uniti alla Corte di Versailles nel maggio del 1874, sigillò una relazione tra le due nazioni che aveva resistito a tutto per quasi due secoli e mezzo, persino al duro dissenso sull’invasione di George Bush dell’Iraq nel 2003.
La Francia ritira l’ambasciatore da Washington
Con Biden al potere, il ministro degli Esteri Jean-Yves Le Drian ha invece ritirato l’ambasciatore francese Philippe Etienne da Washington. Nella nota ufficiale, la decisione è stata motivata con la “eccezionale gravità dell’annuncio del 15 settembre da parte degli Stati Uniti e dell’Australia”. E vedremo subito di che si tratta. Parlando alla stampa, Le Drian è andato giù più duro: “Non eravamo stati neppure consultati prima, è stata una pugnalata nella schiena”. Sic.
Penso che tutti abbiano letto la notizia, rilasciata con enfasi dalle agenzie internazionali, due volte. Increduli. Richiamare il diplomatico di più alto livello da un Paese è infatti il passo più drastico che un governo può prendere nei confronti di un altro governo. Vero che a Biden era già successo in marzo, quando era stato Putin a ritirare il rappresentante russo da Washington; ma la Russia è, almeno, catalogata formalmente come un avversario.
Con la Francia, invece, la responsabilità di un presidente USA è di gestire il rapporto affinché non si arrivi mai a uno strappo tanto clamoroso. La causa che ha prodotto la rottura diplomatica è formalmente economica, ma su uno sfondo politico-militare sostanzialmente strategico. Il presidente Macron ha agito perché ferito nell’orgoglio, e nel portafoglio nazionale, per aver perso una commessa miliardaria prestigiosa. Ossia, l’acquisto da parte dell’Australia di sottomarini nucleari americani anziché francesi, stracciando un contratto in essere con Parigi.
Si sa che gli Stati Uniti e l’Australia hanno un interesse vitale nel mantenere viva e stretta l’intesa tra tutte le nazioni del blocco democratico globale di fronte alla minaccia comunista cinese di invadere Taiwan e di attaccare la stessa Australia. E chi può ignorare che la Francia e’ una componente fondamentale dell’alleanza occidentale?
“Buy American«(compra americano) è la politica che Biden ha copiato paro paro da Donald Trump (ma non si deve dire in giro). Ciò comporta il parallelo sforzo -»Sell American" (vendi americano) - di favorire l’export Usa. Quando si tratta di sottomarini, con la tecnologia nucleare per lo più, il capo del governo di Washington deve però anche avere l’attenzione e la destrezza di combinare l’interesse economico con quello strategico. Deve insomma saper tenere unito e saldo il fronte alleato, nella gestione di ogni affare, di fronte all’opinione pubblica internazionale, fatta di amici e di avversari.
Questo è il significato di leadership, e la reazione di Parigi è una cocente dimostrazione che Joe non la possiede. Non importa giudicare se il ritiro francese sia stato giustificato, o meno. É legittimo pensare che Macron sia ultra permaloso. Ha anche annullato venerdì a Washington la celebrazione in programma da tempo di una storica battaglia navale in cui le navi francesi aiutarono la Rivoluzione Americana contro gli inglesi.
Ma la Francia, con tutta la pretesa di mantenere alta la sua grandeur appassita, conserva un ruolo importantissimo. Di complemento, ma indispensabile, nella formazione complessiva delle forze occidentali democratiche alle prese con nemici minacciosi. Lo stesso New York Times, filo Democratico, ha scritto sabato che “in riunioni dopo riunioni con le loro controparti francesi, i rappresentanti americani non hanno mai fatto alcun cenno anticipatore dei loro piani di far saltare il più grande contratto della Difesa che la Francia abbia mai avuto (60 miliardi di dollari NDA)”. Da fonte incontestabile, i francesi hanno insomma ragione piena nel sentirsi vittime di un tradimento.
Ma non ci avevano presentato Biden, in campagna elettorale, come il vecchio saggio? L’adulto nella stanza? Quello che ci garantiva contro le mattane di Donald? Trump, accusato di volere smantellare la NATO, fu al contrario attivo nel cercare di rafforzarla: ottenne infatti un aumento di 130 miliardi di dollari dell’impegno finanziario nell’alleanza da parte dei Paesi membri.
E a proposito di mattane, ci ricordiamo i duetti tra Trump e il dittatore della Nord Corea Kim Jong-un? Prima gli scambi volgari: “Il mio bottone nucleare è più grosso del tuo!”, sparò Trump nel gennaio 2018. Poi i testa a testa, di persona, in territorio neutro, culminati nella storica stretta di mano nella zona demilitarizzata in Corea nel gennaio 2019. Le lettere di Trump a Kim Jong-un avevano attirato i risolini dei commentatori, e Biden ci aveva costruito sopra lo slogan elettorale “Donald amico dei dittatori”.
La realtà, sotto gli occhi del dittatore nordcoreano, era però che il presidente Repubblicano aveva distrutto l’ISIS, e stracciato il patto nucleare di Obama con Teheran. Negli anni di Trump al governo si era così passati dai test nucleari a ripetizione e dai razzi sparati dai nordcoreani sopra il Giappone e verso la California, allo stop drastico di ogni attività militare seria da parte di Kim Jong-un. Ora che Biden ha subito l’umiliazione di un ritiro dall’Afghanistan disastroso per civili afgani e militari americani, non è un caso che la Corea del Nord, la settimana scorsa, abbia ripreso i suoi test nucleari e i suoi lanci, inaugurando la novità di sparare i razzi dai treni. Dopo un primo avvertimento nel marzo 2021, una sorta di benvenuto a Joe appena arrivato alla Casa Bianca, ora Kim Jong-un ha quindi annusato il clima e ha accelerato nelle provocazioni, puntando a maggiori concessioni da Biden.
Prossima puntata, l’Iran. Vedremo il presidente americano alle prese con i tempi ravvicinati che il regime islamico ha annunciato nella sua corsa alla bomba nucleare. Sicuramente, lo strappo Francia-Usa sarà stato festeggiato dall’Ayatollah e dal regime islamico con un altro brindisi (analcolico?), dopo quello per la fuga totale degli americani da Kabul del mese scorso.
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