Cosa si cela dietro il movimento Black Lives Matter e quali sono le sue origini, la sua matrice e la sua missione? Cofondatrici in fuga, bilanci mai depositati e il ruolo dei media in questa faccenda.
Avete presente Black Lives Matter? In un contesto politico e ideologico incomparabilmente più favorevole agli afro-americani di quanto non fosse l’America degli Anni ’60-’80 del secolo scorso, ha conquistato uno status di organizzazione seria, socialmente accettata. Anzi protetta, grazie al suo slogan fondante che è di fatto il manifesto del wokismo e della difesa della razza.
Soltanto se è quella nera, va precisato. Vedere il caso della attrice show-woman di ABC Whoopi Goldberg, afro-americana radicale di sinistra, secondo la quale l’Olocausto non è dovuto al razzismo perché ebrei e nazisti sono tutti bianchi. Oppure le discriminazioni anti-asiatici per le ammissioni alle università, Harvard in testa.
Quindi, partendo dalla conoscenza del profilo moralmente alto e intoccabile che l’organizzazione BLM è riuscita a imporre per sé stessa all’opinione pubblica globale, si può apprezzare appieno la notizia della settimana. La BLM americana è al centro di uno scandalo basato sull’uso - improprio, secondo i District Attorney degli Stati di California, Washington, Connecticut, Maine, Maryland, New Jersey, Nord Carolina, ha scritto il Washington Examiner - dei fondi raccolti dalla fondazione Black Lives Matter Global Network Foundation (la casa madre delle filiali nei vari paesi). Sono stati 90 milioni di dollari nel solo 2020, aveva annunciato BLM, e oggi in cassa ce ne sarebbero ancora 60.
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Black Lives Matter: che cosa significa?
Il Dipartimento di Giustizia della California ha avvisato con una lettera di fine gennaio inviata alla sede di Oakland del gruppo, che i leader “saranno ritenuti personalmente responsabili” per ogni multa o spesa che sarà emessa contro BLM. Peccato che sono leader avvolti nel mistero. Ottenuta dal Washington Examiner, la lettera del procuratore generale dello Stato californiano Rob Bonta minaccia: “Black Lives Matter Global Network Foundation, Inc. è inadempiente con il Registro delle Fiduciarie di Beneficenza per non aver sottoposto i rapporti annuali richiesti. Una organizzazione che è inadempiente, sospesa o revocata, non è in regola e le è proibito impegnarsi in operazioni per le quali la registrazione è richiesta, compresa la sollecitazione o l’utilizzo di fondi della Fondazione”. Non può spendere, e non può incassare. BLM ha 60 giorni per presentare, inizialmente per l’anno 2020, l’assolvimento dei suoi obblighi fiscali e le spese fatte in beneficenza. Trascorsi i due mesi BLM perderà lo status di ente fiscalmente agevolato e i suoi titolari pagheranno una multa per ogni mese di ritardo nel mettersi in regola. Questo, per cominciare. Il problema è che non si tratta di una veniale inadempienza burocratica.
Patrice Cullors, la cofondatrice di spicco, si era dimessa da dirigente di BLM l’anno scorso, oggetto di critiche e proteste interne dei militanti a corto di liquidi, quando era uscita la notizia (in sordina, infatti scommetto che non vi ha mai raggiunto) che aveva comprato due ville per 3,2 milioni di dollari in California e in Georgia. Con Patrice se ne erano andate anche le due altre cofondatrici Alicia Garza e Opal Tometi. Nessuno vuole avere in mano le patate bollenti dei conti allegri della nobilissima Fondazione. C’erano due attivisti in predicato di subentrare al vertice di BLM, Makani Themba e Monifa Bandele, ma non hanno mai assunto il ruolo per disaccordi “con il Consiglio provvisorio di Leadership”, scrive l’Examiner. Ciò lascerebbe in carica Shalomyah Bowers e Raymond Howard, i due residui membri che, ha riportato in New York Post il 3 febbraio, hanno ignorato ripetuti messaggi dello stesso Post e dell’Examiner che chiedevano di sapere chi controlla il gruppo. Ma, soprattutto, che fine hanno fatto i milioni di dollari.
Qualcosa si sa. BLM ha trasferito una bella fetta di milioni in Canada ad un ente di beneficenza (M4BJ, collegato con BLM Toronto), guidato da Janaya Khan, moglie della citata cofondatrice di BLM Patrice Cullors. Con 6,3 milioni di dollari di investimento, Khan e altri attivisti di sinistra canadesi hanno comprato nel luglio del 2021 a Toronto una villa storica da quasi mille metri quadrati, che era stata la sede del partito Comunista canadese.
Digerita l’attualità, facciamo qualche passo indietro. Il 23 luglio 2015 l’artista e attivista Patrice Cullors, cofondatrice del movimento, spiegò sul network The Real News le origini di Black Lives Matter:
Abbiamo una cornice ideologica. Io e Alicia (Garza, altra cofondatrice NDA), in particolare, siamo attiviste allenate. Siamo marxiste addestrate. Siamo più o meno supercompetenti in teorie ideologiche.
Niente di illegittimo, per carità, ma perché la stampa mainstream non lo scrive, mentre è giusto che lo sappiano tutti? Soprattutto i tantissimi che sono convinti che “Black Lives Matter” sia solo lo slogan di un messaggio di pace razziale. E invece è una formazione politica con un obiettivo ideologico eversivo.
Questo avevo scritto di BLM nel mio libro su Donald Trump, “Il Guerriero Solitario”, uscito nel settembre 2020. L’estate del 2020 aveva portato alla ribalta BLM, che in simbiosi con i manifestanti mascherati in nero di Antifa aveva messo a soqquadro tante città americane da Portland (Oregon) a Minneapolis, da New York City a San Francisco, da Filadelfia a Chicago. Solo per citare le più colpite dai moti vandalici sovversivi organizzati dai due gruppi dopo l’assassinio nell’aprile 2020 dell’afro-americano George Floyd per mano dell’agente bianco Derek Chauvin (condannato nel giugno dello stesso anno a 22 anni e mezzo per omicidio, e in attesa della sentenza del secondo processo, federale, in cui, nel dicembre 2021, si è dichiarato colpevole di aver violato i diritti civili della vittima).
Il caso tragico di Floyd aveva avuto una enorme, unanime e più che giustificata rilevanza mediatica di denuncia della brutalità del poliziotto killer. Le conseguenze in termini di disordini urbani, invece, erano state minimizzate dai giornali mainstream che riferivano di “manifestazioni per lo più pacifiche”. Alcuni inviati delle tv nazionali di sinistra - CNN e MSNBC in testa - presenti sulla scena, si erano esposti al ridicolo sostenendo la tesi dei “dimostranti pacifici” mentre alle loro spalle si vedevano negozi devastati e camionette della polizia in fiamme.
Ci furono, in realtà, innegabili episodi di sedizione eversiva: una caserma di polizia era stata occupata e bruciata a Minneapolis, mentre un tribunale e altre sedi federali erano stati assaltati dai manifestanti a Portland, facendo danni per 2,3 milioni in vetrate rotte, graffiti e vandalismi vari.
“Secondo una agenzia (Armed Conflict Location and Event Data) che monitora le dimostrazioni violente nel mondo e negli USA, almeno 11 americani sono stati uccisi durante la partecipazione a manifestazioni politiche quest’anno (era il 2020 NDA) e altri 14 sono morti in altri incidenti legati a disordini politici. Nove delle persone uccise durante le proteste erano manifestanti che prendevano parte alle proteste di Black Lives Matter. Due sono stati i conservatori uccisi dopo le ‘manifestazioni dei patrioti’ pro Trump”.
Quest’ultimo brano è tratto da un articolo dell’inglese Guardian del 31 ottobre 2020, notoriamente simpatizzante per la sinistra. E Black Lives Matter ne esce come una sigla importante, influente, autorevole.
Eppure, quasi nessun giornalista della stampa progressista, americana o europee, ha avuto la curiosità di approfondire la matrice di BLM, le sue origini, la sua missione. E ora vedremo come gestirà il suo imbarazzante epilogo.
Il brand sopravvive nella pigrizia dell’opinione pubblica, sedata dalla censura compiacente dei media. Alla Premier League di calcio inglese, e in qualche altra partita internazionale, assistiamo all’inginocchiamento dei giocatori e degli arbitri. L’atto è un rito laico di professionisti milionari, élite di un ambiente (nel football americano e nella pallacanestro, gli sport più popolari negli USA) che è insieme il più woke e il più sbilanciato a favore degli afro-americani: tra i professionisti della NBA (pallacanestro) il 74.2% sono neri e il 16,9% bianchi; nella NFL (football) il 57,5% sono neri, il 24,9% bianchi. Il resto sono ispanici, asiatici o razze miste (fonte:statista.com).
Comunque, è sempre buona cosa che si dica “no al razzismo” in ogni dove, anche sui campi di gioco. Purché le ginocchia degli atleti, simpatizzanti per la causa antirazzista sotto il marchio sempre più screditato di Black Lives Matter, non siano confuse con il pugno chiuso dei militanti delle Pantere Nere del 1966, e delle Nuove Pantere Nere del 1989: gruppi neri, nazionalisti, violenti, che al tempo si dichiaravano apertamente filo Islam e filo Marxismo, e che avevano avuto le loro stagioni di fama “borghese” grazie al seducente favore, tra i radical chic occidentali, per la militanza di sinistra, anche sovversiva (indimenticabile il racconto di Tom Wolfe sul party a Manhattan a casa di Leonard Bernstein).
L’esperienza delle Pantere Nere, al suo culmine, si era consumata in aspre lotte interne sfociate in rese dei conti e vere esecuzioni, Malcolm X il caso più celebre.
Dalle tragedie alla farsa? È un sollievo vedere che la leadership di Black Lives Matter sia adesso più interessata al real estate, e a raschiare i fondi della cassa.
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