Riqualificazione professionale per aumentare la forza lavoro in quei settori dove si cerca ma non si trova personale da assumere. Il piano per riqualificare 3 milioni di persone.
La parola d’ordine per superare la crisi del mercato del lavoro scatenata dal Covid sembra essere “politiche attive”. È su queste che il Governo Draghi intende puntare, con il Ministro del Lavoro - Andrea Orlando - che ha come obiettivo quello d’incentivare il cambio lavoro per circa 3 milioni d’italiani.
Ci sono persone che stanno per perdere il lavoro in un settore dove la richiesta non sembra più essere elevata. Lo stesso vale per chi è già senza lavoro e senza una riqualificazione professionale potrebbe restare in questa situazione per diverso tempo.
Cosa fanno le politiche attive del lavoro allora: queste intervengono laddove serva appunto reinserire un disoccupato - ma anche chi è a rischio disoccupazione - nel mondo del lavoro.
Il problema che affligge il mercato del lavoro italiano è noto a tutti (o quasi): ci sono settori dove c’è poca domanda di forza lavoro, ma tanta offerta, e altri dove invece c’è molta domanda di lavoratori ma poca offerta.
Per abbassare l’alto tasso di disoccupazione che c’è in Italia, quindi, basterebbe prendere quella forza lavoro in eccesso e riqualificarla per fare in modo che questa possa rispondere alle esigenze di quei settori dove invece si cerca, ma non si trova, forza lavoro.
Serve, dunque, riqualificazione professionale, obiettivo che il Ministro del Lavoro intende raggiungere proprio grazie al potenziamento delle politiche attive.
Riqualificazione professionale e politiche attive: a disposizione 9 miliardi di euro
La cifra destinata al potenziamento delle politiche attive è particolarmente elevata: si tratta di 9 miliardi di euro, risorse che saranno in parte reperite dal Recovery.
Il Ministro del Lavoro ha già fissato i numeri. Nel dettaglio, l’obiettivo è quello di far cambiare lavoro - o meglio, ambito professionale - a circa 3 milioni di persone che a oggi avrebbero molta difficoltà a ricollocarsi nel mondo del lavoro.
Tra i soggetti a cui si rivolge la riforma delle politiche attive, troviamo per la maggior parte (il 75% del totale):
- donne;
- under 30;
- disoccupati di lunga durata;
- disabili.
L’obiettivo, ossia la riqualificazione professionale in linea con le nuove tendenze del mercato del lavoro, dovrà essere raggiunto entro il 2025.
Politiche attive: al via le discussioni sulla riforma
Dovrà essere lo Stato dunque a intervenire laddove chi oggi si trova senza lavoro venga indirizzato al meglio in uno di quei settori dove ci sono maggiori opportunità occupazionali, anche tenendo conto delle nuove esigenze dettate dal Covid.
Bisogna saper guardare al futuro, cosa che non tutti sono in grado di fare. E serve eventualmente una riqualificazione professionale per fare in modo che il proprio profilo possa tornare a essere spendibile nel mercato del lavoro.
Su entrambi i fattori interverranno le politiche attive, per le quali il Ministro del Lavoro sta lavorando a una riforma. A tal proposito, in questi giorni Orlando ha lavorato a un documento considerato alla base della discussione con le Regioni, coloro che poi avranno il compito di attuare le politiche attive sul territorio.
A tal proposito, l’obiettivo è di arrivare a una linea d’azione comune: sì a differenziazioni territoriali, ma tutto nel rispetto dei LEP (i quali verranno semplificati) e delle indicazioni che arrivano dal Governo centrale.
La riforma verrà varata entro il 2021; il primo incontro è in programma per il 7 luglio.
Cambio lavoro per 3 milioni di persone entro il 2025: come verrà realizzato il progetto
Sono diversi i punti noti della riforma delle politiche attive. Uno degli aspetti centrali è stato “ereditato” dalla precedente amministrazione.
Si tratta della GOL, Garanzia per l’occupabilità dei lavoratori: progetto pensato dall’ex Ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, che già dalla scorsa Legge di Bilancio è stato finanziato con 233 milioni di euro.
E ancora: altri 430 milioni di euro sono destinati al Piano strategico nazionale per le nuove competenze (PNC).
A regime, da sole queste due misure costeranno 6,7 miliardi di euro che saranno finanziati in gran parte dal PNRR.
Altri 600 milioni di euro saranno destinati al sistema duale scuola-lavoro (ex alternanza), mentre per i centri per l’impiego ci sono ancora a disposizione le risorse stanziate con il decreto 4/2019 (lo stesso che ha introdotto il Reddito di Cittadinanza). 1,5 miliardi di euro spesi per il rinnovo delle sedi, per l’ottimizzazione dei software, per la formazione, nonché per l’aumento della forza lavoro che passerà a 20 mila operatori con l’assunzione di 11.600 forze lavoro (mentre non è ancora noto il destino dei navigator).
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