Cassazione, Riace: nessuna frode negli appalti di Mimmo Lucano

Mario D’Angelo

2 Aprile 2019 - 21:10

La Cassazione ha demolito le accuse relative all’affidamento degli appalti e ridimensionato i presunti matrimoni combinati nell’ambito del caso Riace

Cassazione, Riace: nessuna frode negli appalti di Mimmo Lucano

La Corte di Cassazione ha sostanzialmente smontato quasi tutti i capi d’imputazione del caso Riace, cittadina calabrese diventata simbolo dell’accoglienza ai migranti. Lo scorso ottobre il Tribunale della libertà di Reggio Calabria disponeva la misura cautelare nei confronti del sindaco (sospeso) Mimmo Lucano, nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Locri su dubbi appalti e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Oggi, martedì 2, la Cassazione ha depositato le motivazioni relative all’udienza dello scorso 26 febbraio, che si era conclusa con l’annullamento del divieto di dimora per Lucano.

Riace, cosa ha detto la Cassazione

La Massima Corte non ha trovato indizi di comportamenti fraudolenti che il sindaco avrebbe “materialmente posto in essere” per assegnare i servizi della raccolta dei rifiuti. Le delibere e gli atti di affidamento, scrive la Corte in una nota, sono infatti stati affidati con collegialità e con “i prescritti pareri di regolarità tecnica e contabile”.

Nessuna “opacità”, insomma, nell’”affidamento diretto di appalti”, poiché questi sono previsti dalla legge. Sempre che, com’è stato riscontrato dagli ermellini, gli appalti siano in favore dell’”inserimento lavorativo di persone svantaggiate” e che gli importi siano “inferiori alla soglia comunitaria”.

Ridimensionate accuse su matrimoni combinati dal sindaco

Altra accusa sostanzialmente molto ridotta è quella relativa ai “presunti matrimoni di comodo” fra immigrati e concittadini favoriti dal sindaco per far ottenere ai primi la cittadinanza italiana. Neanche in questo caso la Cassazione ha trovato indizi, salvo per quanto riguarda l’aiuto di Lucano alla sua compagna Lemlem, ma comunque “per ragioni affettive”.

Non c’è mai stato, secondo la Cassazione, un sistema Riace di matrimoni combinati, un’accusa che “poggia sulle incerte basi di un quadro di riferimento fattuale” che non soltanto è privo di “significativi e precisi elementi di riscontro”, ma che “addirittura” non è stato accompagnato da “qualsiasi contestazione formalmente elevata in sede cautelare”.

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