Lo scenario più funesto per l’Europa è un ritorno all’austerity da parte della Germania. I favoriti però sembrano abbracciare proprio questa politica.
In Germania si apre il quesito dell’austerity: il futuro della nazione sarà nuovamente segnato da questa politica o le elezioni in corso tradiranno la linea storica del paese in vista di un orizzonte europeo di più ampie vedute?
Il profilo della Germania del domani si deciderà infatti proprio a partire dalle politiche fiscali, ma c’è poco fermento tra i partiti su questo tema e la risposta al quesito sembra delinearsi come un verdetto di continuità.
Ciò tuttavia significherebbe tradire lo spirito del Next Generation EU in nome del conservatorismo, una mossa con non poche conseguenze di peso.
Il riflesso di un’eventuale manovra frugale sullo stato di salute dell’Europa è quindi legato a doppio filo agli esiti di questa tornata elettorale: ad attirare l’attenzione in tal senso sono due candidati in particolare.
Cos’è l’austerity e perché piace alla Germania
Per comprendere il quadro complessivo è innanzitutto utile chiarire cosa si cela dietro il termine austerity e perché l’opinione pubblica tedesca è così schierata a riguardo.
Con il riferimento alle politiche di austerità si chiamano in causa concetti propri di una politica di bilancio restrittiva fatta di tagli alle spese pubbliche con il fine ultimo di ridurre il deficit.
L’obiettivo di questo approccio è raggiungere un equilibrato bilancio statale e per far ciò bisogna intervenire sulla revisione e riduzione delle spese attraverso disinvestimenti, stretta sulle pensioni e aumento della pressione fiscale sui contribuenti.
I proventi di questi tagli, in quest’ottica, dovrebbero condurre il paese che si avvale di tale strategia verso una crescita contenuta ma costante, una base solida su cui contare, seppur frutto di sacrifici.
La Germania si è fatta a lungo portavoce di questa ideologia tipica di quelli che oggi chiamiamo paesi frugali proprio a causa di un «esperimento» ben riuscito.
Vent’anni fa il paese era considerato il “malato d’Europa” a causa dei bassi livelli di crescita e degli alti tassi di disoccupazione. Lo scenario così descritto però fu risolto da uno sforzo nazionale coordinato a livello politico che si concretizzò in un recupero di 4 punti percentuali di PIL.
La stretta fiscale, quindi, non fu accompagnata da alcuna recessione bensì viene oggi associata a tempi floridi poiché la crescita si rafforzò e il tasso di disoccupazione scese stabilmente.
Memori di questa esperienza i tedeschi, che come tutti devono rialzarsi dopo il colpo inflitto dalla crisi, vorrebbero intraprendere nuovamente questa via. Il problema però è l’impatto che ciò avrebbe sugli equilibri europei.
Austerity: incompatibile con la direzione dell’Europa
L’assenza di una posizione fiscale comune a livello europeo è evidente, con una divisione abbastanza chiara fra il Nord “frugale” e un Sud “spendaccione”.
La spaccatura dell’Eurozona è emersa chiaramente nella definizione del piano di rilancio post pandemia e la ragione del consolidamento delle storiche posizioni appena descritte sarebbe da ricercare in una semplice formula: in tempi di difficoltà ci si affida al sentiero già battuta.
Attualmente, però, il clima europeo registra un desiderio di cambiamento e, come riportato dal quotidiano britannico Financial Times, la Commissione europea sarebbe aperta alla definizione di nuovi obiettivi economici più flessibili, facili da raggiungere anche per gli Stati in difficoltà in modo tale da fronteggiare la recessione in vista.
Ciò sarebbe rappresentato dal testo “Sgp 2.1”, un documento di 108 pagine che circola tra i funzionari UE. Lo stesso andrebbe a operare sul trattato di Maastricht, ovvero il testo contenente i criteri economici e finanziari che gli Stati dell’Unione europea devono soddisfare per accedere all’Unione economica e monetaria dell’Unione.
Un andamento di questo tipo, tuttavia, non sarebbe conforme alle strette regole che vorrebbe imporre la Germania, voce di peso all’interno della commissione.
I candidati meno indicato sono quelli vincenti
L’opposizione tedesca a queste nuove aspirazioni si realizzerebbe quindi con la vittoria di un candidato favorevole all’austerity ed è proprio questo lo scenario che sembra prospettarsi, stando ai sondaggi.
A remare contro l’Europa sarebbero sia Laschet del CDU/CSU che Scholz dell’SPD, in testa con il 25 e il 26% dei consensi.
In caso di vittoria di Laschet con il CDU/CSU possiamo aspettarci un nuovo esecutivo più rigorista di quello di Merkel vista la voce del partito che da sempre rema contro «un’Unione dei debiti», ma anche qualora venisse eletto il ministro delle Finanze Scholz si sta parlando d’investire i fondi nazionali del Next Generation EU nella sola riduzione del debito pubblico.
In entrambi gli scenari insomma la Germania post-Merkel vira verso la linea della prudenza fiscale con il timore generale di un fronte compatto ed ostile all’apertura europea alla ridefinizione dei parametri di Maastricht.
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