La guerra della Cina alle big tech prosegue a colpi di divieti: è emerso il caso del colosso Didi, bloccato negli app store cinesi. Qual è la strategia di Pechino e cosa aspettarsi?
C’è una guerra in corso tra la Cina e le big tech.
L’ultima mossa in questo delicato conflitto stretto fra potere tecnologico, corsa al dominio globale e difesa della sicurezza nazionale è stata la rimozione dell’app Didi negli store cinesi.
Ma i bersagli di Pechino in questa stretta severa contro i giganti di internet non si sono affatto esauriti. Cosa sta succedendo?
Perché la Cina sta scatenando un’offensiva spietata nei confronti dei colossi tecnologici? Un’analisi degli ultimi fatti e della strategia della potenza asiatica.
La Cina affonda il colosso Didi: cosa è accaduto
Pochi giorni dopo che Didi, la versione cinese di Uber, ha lanciato un’offerta pubblica iniziale di 4,4 miliardi di dollari a New York, il regolatore del cyberspazio cinese ha ordinato di rimuoverlo dagli app store nel suo mercato interno, citando i rischi per la sicurezza.
La sentenza non impedisce alla società di operare: il suo mezzo miliardo circa di utenti esistenti sarà ancora in grado di ordinare i trasporti per ora.
Tuttavia, la mossa è un chiaro avvertimento e si aggiunge all’incertezza che circonda tutte le società internet cinesi, pressate dalle autorità nazionali per la sicurezza.
In sostanza, la Cyberspace Administration of China ha affermato che Didi aveva raccolto illegalmente le informazioni personali degli utenti, mettendo a rischio interesse pubblico e difesa nazionale.
Le questioni chiave di questo atto nella guerra cinese alle big tech sono: la mossa avrà un effetto di scoraggiamento sulle altre aziende tecnologiche cinesi nell’imbarcarsi in una quotazione all’estero?
E poi: questa decisione segna un ulteriore aggravamento della repressione normativa?
La stessa Didi ha dichiarato che coopererà pienamente alla revisione. Ha avvertito, tuttavia, che la rimozione dell’app per i nuovi utenti potrebbe avere un effetto negativo sulle entrate. C’è, quindi, tensione.
Da sottolineare: le corse garantite da Didi hanno rappresentato l’88% dei viaggi cinesi nel quarto trimestre del 2020.
Quando l’azienda ha acquistato le attività in Cina di Uber nel 2016, quest’ultima ha acquisito una partecipazione nella società che attualmente è del 12%.
La big tech è uno dei maggiori investimenti singoli nel portafoglio di SoftBank Group Corp. e conta anche Tencent Holdings Ltd come principale azionista.
Non solo Didi: altri colossi nel mirino cinese
Pechino ha ampliato il giro di vite sulle piattaforme tecnologiche, prendendo di mira altre società quotate negli Stati Uniti dopo aver ordinato la rimozione del gruppo di ride sharing Didi Chuxing dagli app store cinesi.
Nello specifico, la Cyberspace Administration of China ha annunciato lunedì 5 luglio che stava indagando su Boss Zhipin, una società di reclutamento online, e sulle app cinesi di camion Yunmanman e Huochebang, che si sono fuse nel 2017 per formare la Full Truck Alliance. Le piattaforme non sono autorizzate a registrare nuovi utenti mentre sono sotto indagine.
L’annuncio del CAC citava sospette violazioni delle leggi sulla sicurezza nazionale e sulla sicurezza informatica, senza fornire dettagli.
Come Didi, Full Truck Alliance e Boss Zhipin si sono quotate a New York a giugno, raccogliendo rispettivamente 1,6 miliardi di dollari e 912 milioni di dollari.
I tre gruppi tecnologici sono leader del settore in Cina e sono tutti sostenuti da Tencent, il gruppo tecnologico più influente, che ha evitato il peggio della repressione normativa.
Il CAC ha affermato tutto è stato svolto secondo le nuove procedure del cyberspazio emanate il 1 giugno, che hanno rafforzato la supervisione delle aziende che gestiscono infrastrutture informatiche critiche, potenzialmente dannose per la sicurezza nazionale.
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Qual è l’obiettivo della Cina nella guerra alle big tech?
Il controllo dei dati personali e informatici è un grande obiettivo per il governo cinese e si inquadra nell’ampio tentativo di regolamentare il settore tecnologico.
A giugno, Pechino ha approvato una nuova legge sulla sicurezza dei dati che stabilisce come le aziende li devono raccogliere, archiviare e utilizzare.
La Cina si sta anche concentrando sull’antitrust e sulla regolamentazione della tecnologia finanziaria. Ad aprile, il gigante dell’e-commerce Alibaba è stato colpito da una multa di 2,8 miliardi di dollari per un’indagine anti-monopolio, mentre la società di consegne di cibo Meituan è attualmente indagata per le stesse motivazioni.
Limitare il più possibile i poteri di sempre maggiore influenza di tali colossi è il target cinese. In una guerra fredda che si è riaccesa con gli USA, per Pechino il controllo assoluto di sicurezza e dati è diventato fondamentale.
Per capirlo, basterà leggere quanto riportato dal Global Times, secondo FT, come spiegazione dello stop a Didi:
“Un gigante di internet non può assolutamente avere un comando migliore dello Stato del super-database che sono i dati personali del popolo cinese.”
Big tech avvisate, mentre la guerra della Cina prosegue.
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