Il governo cinese torna a imporre rigidi lockdown per centinaia di migliaia di abitanti: la minaccia non è sconfitta e l’allerta è ancora alta.
A due anni di distanza dallo scoppio della pandemia, la Cina risponde ancora con il pungo duro e non sembra riscuotere grande successo nonostante la sua ferrea risposta al propagarsi dei casi. Attualmente diverse megalopoli del territorio stanno rivivendo l’incubo del 2020 e si affaccia all’orizzonte un’altra potenziale minaccia.
L’approccio di Xi Jinping e del partito è quello della strategia «zero-Covid» che prevede lockdown per intere città anche nel caso in cui i contagi effettivi si attestino su numeri irrisori. Un paradosso che fa riflettere.
Il virus infatti continua a viaggiare, ma il Dragone non può permettersi altre emergenze a ridosso del nuovo anno. Le ragioni di questa mossa vanno quindi ricercate negli eventi in programma per i prossimi mesi: l’appuntamento olimpionico di Beijing 2022 e, ancora prima, i grandi festeggiamenti del capodanno cinese.
Per saperne di più su come il gigante asiatico stia cercando a tutti i costi di preservare l’integrità di queste due imponenti occasioni di visibilità internazionale scendiamo però nella fattispecie delle ultime notizie di cronaca.
Vaste aree in lockdown: l’approccio del governo
Il Dragone non sembra aver sconfitto la minaccia del virus come voleva dare a vedere.
Oggi i tredici milioni di abitanti della città cinese di Xi’ian, capoluogo della provincia di Shaanxi, sono in lockdown. Le autorità locali hanno riferito di 63 casi di contagio oggi, un focolaio che oggi costringe i residenti a stare in casa in smartworking e in Dad, con pochissime eccezioni.
Secondo gli ultimi decreti emanati ad esempio ogni famiglia può designare una persona per andare a fare la spesa ogni due giorni. Il perimetro della zona poi è blindato con interruzione dei servizi di trasporto e la cancellazione dei voli verso la città.
Analogamente si comporterà tutta Dongxing, una città di circa 200mila abitanti nel sud del paese. Il dato piuttosto sconcertante in questo caso è che l’annuncio è arrivato dopo l’accertamento di un singolo caso di contagio, non di più.
La popolazione non è sorpresa
I cittadini cinesi però non sono stati colti alla sprovvista da questo approccio e anzi, forse hanno anche imparato a farci l’abitudine seppur mal sopportando l’intera vicenda. A metterli in guardia erano state proprio le istituzioni che, durante gli ultimi interventi pubblici, consigliavano alle famiglie di fare scorte per l’inverno.
Ci sono poi alcuni precedenti degni di nota da cui i cinesi hanno avuto modo e tempo di «imparare». Verso la fine di novembre ad esempio per quattro nuovi casi il partito aveva bloccato una metropoli come Shanghai che di abitanti ne conta oltre 23 milioni di abitanti. La reazione del governo locale e del governo centrale era stata vigorosa: chiuse le scuole, cancellati 500 voli e rinviate decine di eventi pubblici.
La natura di queste azioni tanto incisive è, come accennato, quella di proseguire secondo la linea «zero-Covid», un’ideale appiattimento della curva da mantenere ad ogni costo, in virtù del quale anche una singola positività è capace di allertare le autorità e generare ripercussioni su vasta scala.
Un’altra minaccia all’orizzonte
La strategia in questione era stata introdotta in Cina nei momenti più critici della pandemia e integrata a dei test di massa, ma oggi questi parametri hanno subito un ulteriore irrigidimento.
La situazione del resto è ben più complessa di quel che si potrebbe pensare e questa presa di posizione affonda le radici in un timore piuttosto fondato: l’esistenza di una «doppia minaccia». Se da un lato si parla infatti di nuovi casi di Coronavirus, preoccupanti soprattutto a causa della scarsa validità dei vaccini distribuiti dal partito, dall’altra le autorità parlando di un focolaio di febbre emorragica, una malattia provocata dagli hantavirus presenti nei roditori in tutto il mondo.
Questa condizione è relativamente comune nelle aree rurali del nord della Cina e per tale motivo non sta generando un vero e proprio panico, ma resta pur sempre un fattore potenzialmente mortale da monitorare con la dovuta attenzione.
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