Contratto a termine senza causale

Noemi Secci

4 Settembre 2018 - 15:16

Nuovo contratto a tempo determinato: in quali casi non è obbligatorio indicare le ragioni che giustificano il ricorso al termine?

Contratto a termine senza causale

Il nuovo contratto a termine con la reintroduzione delle causali, cioè delle ragioni che giustificano - da parte dell’azienda - la scadenza del rapporto, sta creando notevoli difficoltà nell’amministrazione del personale.

Le uniche causali ammesse dal decreto Dignità, difatti, sono le ragioni temporanee ed oggettive, estranee all’ordinaria attività del datore di lavoro, nonché sostitutive, e le ragioni connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria.

In pratica, superati i primi 12 mesi di contratto, o a seguito di rinnovo, il termine è legittimo solo per far fronte ad esigenze di carattere straordinario, nel concreto difficili da realizzarsi.

La genuinità di queste esigenze, peraltro, può essere facilmente contestata, dando così il via a un’innumerevole serie di controversie tra i datori di lavoro e i dipendenti, per la trasformazione del rapporto a tempo indeterminato. La gestione delle causali dovrebbe creare meno difficoltà, invece, alle agenzie per il lavoro, in quanto le esigenze devono essere verificate in capo all’azienda utilizzatrice e non all’agenzia; inoltre, la contrattazione collettiva può prevedere delle deroghe alla disciplina.

Per quanto riguarda le possibilità di stipulare un contratto a termine senza causale, comunque, nella generalità dei casi si potrebbe anche ricorrere ai contratti di prossimità, che consentono di derogare alla disciplina legale dei rapporti a tempo determinato. Inoltre, non bisogna dimenticare che per i contratti stipulati entro il 13 luglio 2018 si può ancora applicare il vecchio regime, che non prevede le causali anche se la durata del rapporto supera i 12 mesi.

Ma procediamo per ordine, e facciamo il punto su tutti i casi in cui è ancora permesso il contratto a termine senza causale, o acausale.

Che cos’è la causale?

La causale del contratto a tempo determinato è la motivazione che giustifica l’apposizione del termine al rapporto di lavoro. In pratica, la causale spiega come mai il datore di lavoro ha deciso di assumere il lavoratore sino a una certa data anziché a tempo indeterminato. La necessità di specificare una causale per giustificare il ricorso al tempo determinato era stata abolita dal Jobs Act, ma è stata poi reintrodotta dal decreto Dignità.

Quando non è necessario specificare una causale per il contratto a termine?

Il decreto Dignità, ad ogni modo, non prevede una causale per tutti i rapporti a termine, ma solo per i contratti di durata superiore ai 12 mesi, per i rinnovi, e per le proroghe che determinano il superamento della durata complessiva di 12 mesi del rapporto.

Il contratto a termine può essere senza causale, dunque:

  • se la durata è inferiore a 12 mesi;
  • se le proroghe determinano una durata complessiva inferiore a 12 mesi;
  • se non ci sono rinnovi.

La causale è obbligatoria per i contratti a termine precedenti al decreto Dignità?

L’applicazione della nuova disciplina introdotta dal decreto Dignità sul contratto a termine dipende dalla data di assunzione e dalle date in cui sono effettuate eventuali proroghe e rinnovi: in alcune ipotesi, quindi, il rapporto a tempo determinato può continuare senza causali anche superati i 12 mesi.

Nel dettaglio, possono verificarsi le seguenti situazioni:

  • se il rapporto a termine era in corso al 14 luglio 2018, è possibile continuare ad applicare senza modifiche il vecchio regime che non prevede le causali sino al 31 ottobre, anche per proroghe e rinnovi, a prescindere dalla durata complessiva del contratto;
  • se il rapporto a termine è stato stipulato dal 14 luglio e la sua durata complessiva supera i 12 mesi, deve essere obbligatoriamente indicata la causale;
  • se il rapporto a termine è stato stipulato dal 14 luglio e sino all’11 agosto senza causale, ma interviene un rinnovo o una proroga che determina il superamento dei 12 mesi di durata complessiva, fino al 31 ottobre continua ad applicarsi il vecchio regime per le proroghe e i rinnovi, quindi le motivazioni del ricorso al termine non dovrebbero essere indicate; quest’interpretazione del decreto Dignità non è, però, unanime, pertanto è opportuno attendere chiarimenti ufficiali;
  • se il contratto è stipulato dal 12 agosto in poi, le nuove regole valgono da subito.

La causale può essere abolita dai contratti di prossimità?

Il decreto Dignità non ha abolito la normativa sui contratti di prossimità (Art.8 L. 148/2011): si tratta di contratti collettivi di secondo livello, che possono essere sia territoriali che aziendali. La Legge 148/2011, in particolare, consente agli accordi collettivi di secondo livello di modificare la disciplina del contratto a tempo determinato, in deroga sia alla normativa che ai contratti collettivi nazionali, comprese le disposizioni che riguardano le causali.

I contratti di prossimità, per poter derogare alla legge, devono però essere finalizzati alla maggiore occupazione, alla qualità dei contratti di lavoro, all’adozione di forme di partecipazione dei lavoratori, all’emersione del lavoro irregolare, agli incrementi di competitività e di salario, alla gestione delle crisi aziendali e occupazionali, agli investimenti e all’avvio di nuove attività.

La causale è obbligatoria nel contratto di somministrazione a termine?

Per quanto riguarda il contratto a tempo determinato in regime di somministrazione, l’obbligo della causale si riferisce al solo utilizzatore, non all’agenzia per il lavoro: ad esempio, se il rapporto tra lavoratore e agenzia dura più di 12 mesi, ma le missioni presso i singoli utilizzatori durano meno di 12 mesi, senza rinnovi, indicare una causale non è necessario.

Inoltre, secondo il Testo unico dei contratti di lavoro, i contratti collettivi applicati dalle agenzie di somministrazione possono disciplinare, anche in deroga alla normativa, le ipotesi in cui possono essere ammesse le proroghe del contratto a termine e la loro durata.

Nello specifico, dovrebbe essere possibile, se non abolire le causali delle proroghe del rapporto di somministrazione, prevedere delle causali differenti, e di portata più ampia, rispetto a quelle disposte dal decreto Dignità.

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