Gli scienziati hanno scoperto quali sono i posti migliori sulla faccia della Terra per sopravvivere allo scoppio di una pandemia globale e ripopolare il pianeta.
Uno studio condotto da un team di scienziati qualche mese prima dello scoppio del coronavirus ha svelato che sono Australia e Nuova Zelanda i paesi migliori per sopravvivere in caso di pandemia globale in grado di spazzare via il genere umano, al fine di ripopolare il pianeta.
Autori della ricerca sono lo scienziato neozelandese Matt Boyd, direttore della ricerca presso Adapt Research, e Nick Wilson, dell’Università di Otago. I due hanno creato un sistema di punteggio che ha valutato la sicurezza di un’isola in caso di pandemia in base alle sue risorse, accessibilità, popolazione e società.
I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista Risk Analysis a settembre 2019, mostrano quali nazioni insulari del mondo potrebbero rivelarsi rifugi ideali per garantire la sopravvivenza umana a lungo termine di fronte a catastrofi come pandemie e altre minacce simili.
Pandemia: i migliori Paesi su cui sopravvivere
Dove andare, quindi, se scoppia una pandemia globale? Gli scienziati hanno esaminato 20 Stati insulari con popolazioni superiori a 250.000 analizzando 9 fattori rilevanti per la resilienza per valutarne l’idoneità come rifugio per gli esseri umani.
La conclusione a cui sono arrivati gli scienziati è che il posto migliore è l’Australia a causa della sua vasta offerta di energie e cibo. Questo grazie, spiegano i ricercatori, al 482% del fabbisogno energetico prodotto a livello nazionale e alla quantità di cibo prodotta che è 10 volte maggiore rispetto a quanto la sua popolazione ha bisogno per sopravvivere.
Ecco la lista degli Stati migliori su cui sopravvivere in caso di pandemia:
- Australia
- Nuova Zelanda
- Islanda
- Malta
- Giappone
- Capo Verde
- Bahamas
- Trinidad e Tobego
- Barbados
- Madagascar
- Cuba
- Mauritius
- Fiji
- Maldive
- Sri Lanka
- Comoros
- Isole Salomone
- Giamaica
- Filippine
- Vanuatu
Il rischio di una pandemia era già reale prima del Covid-19
A soli tre mesi dalla scoperta dei primi casi di nuovo coronavirus in Cina, il rischio di una pandemia globale sembrava già reale. All’epoca, in maniera quasi profetica, il Global Preparedness Monitoring Board (GPMB), un’organizzazione indipendente convocata dall’OMS e dal Gruppo della Banca mondiale, avvertiva che il mondo non è preparato per un focolaio di malattie su larga scala.
“La malattia ha sempre fatto parte della storia dell’uomo, ma alcuni fattori, tra cui le condizioni meteorologiche estreme, hanno aumentato il rischio”, afferma il report. “La malattia prospera nel caos e ne trae vantaggio: gli scoppi di epidemie sono aumentate negli ultimi decenni e lo spettro di una emergenza sanitaria globale è incombente”.
In passato le pandemie hanno ucciso decine di milioni di persone: solo un secolo fa l’influenza spagnola ha infettato mezzo miliardo di persone e ne ha uccise 50 milioni. Ma con l’aumento dei viaggi intercontinentali, i ricercatori affermano che una nuova malattia potrebbe diffondersi facilmente in tutto il pianeta. Nel 2007 uno studio ha rivelato che le restrizioni di viaggio possono aiutare a rallentare la diffusione di un’epidemia, ma non la fermerebbero.
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