Rivolte in Kazakistan: è caos ad Almaty, la capitale finanziaria. Proclamato lo stato di emergenza. A scatenare le proteste il rincaro dei prezzi. Il presidente Tokayev chiede l’intervento di Mosca.
Il Kazakistan si è svegliato e scoppiano le rivolte. Proseguono le feroci proteste che dal 2 gennaio infiammano il Paese per il rincaro dei prezzi del gas.
Ad Almaty, capitale finanziaria, e ad Astana bruciano nella notte i blindati della polizia. Il presidente Tokayev ha proclamato lo stato di emergenza per due settimane, dal 5 al 19 gennaio, ma non è tutto. L’ex ambasciatore dell’URSS ha chiesto l’intervento militare di Mosca, che rassicura di star seguendo da vicino la vicenda. Mentre i poteri forti traballano e il Governo ha rassegnato le dimissioni di Tokayev, per strada si contano almeno 8 morti, centinaia di feriti e migliaia gli arresti. Ecco cosa sta accadendo in Kazakistan e perché è scoppiata realmente la rivolta civile.
Proclamato lo stato d’emergenza in Kazakistan: cosa sta accadendo
“Svegliati Kazakistan!”. È questo ciò che gridano per le strade i cittadini kazaki. Le proteste ormai vanno avanti dal 2 gennaio e non sembrano pronte e concludersi tanto facilmente. A scatenare le rivolte è stato l’aumento dei prezzi del gas, al quale i civili si sono opposti con manifestazioni e violenze.
È quindi il caos nella capitale finanziaria del Paese. Da ieri sono aumentati gli scontri per le città del Paese, la polizia kazaka ha più volte lanciato granate stordenti e gas lacrimogeni su migliaia di manifestanti per sedare i disordini. Al momento non si conosce il numero esatto di vittime, ma stando alle fonti governative si contano almeno otto morti tra gli agenti di sicurezza. Sono 317 i feriti e migliaia gli arresti, mentre continuano i saccheggi nelle ricche ville degli oligarchi. Ad Aktobe, una delle città maggiormente interessate dalle contestazioni, i manifestanti sono riusciti a occupare l’edificio del Comune, rompendo i vetri ed entrando nell’ufficio del sindaco. Nessun tipo di resistenza - in questo caso - da parte delle forze dell’ordine che si sono schierate con i civili.
Il presidente Kassym-Jomart Tokayev sostiene che dietro le violenti proteste si nascondano delle “potenze straniere”, il cui scopo è quello di “far saltare la stabilità” del Paese e distruggere l’unità del popolo. Popolo che sembra invece più che unito e determinato a ottenere le dimissioni del Governo.
Il presidente Kassym-Jomart Tokayev ha proclamato lo stato di emergenza dal 5 al 19 gennaio ad Almaty e nella regione petrolifera di Mangystau; ha poi imposto il coprifuoco, tra le 23.00- 7.00, e si è rivolto alla popolazione invitando a “non cedere alle provocazioni”. Per evitare ulteriori disordini il Governo ha però deciso di rassegnare le dimissioni, Tokayev ha nominato Alikhan Smailov primo ministro ad interim, e ha infine chiesto l’intervento di Mosca.
Kazakistan, non solo la rivolta del gas: le cause reali della protesta
Ad accendere il fuoco della rivolta è stato il rincaro dei prezzi locali del gas(GPL). Ma questa è stata solo la miccia. C’è ben altro oltre la rivolta del gas che arde. Le cause sono sia politiche che economiche. Nel Paese dell’ex Repubblica Sovietica è la prima rivolta che esplode una protesta dall’indipendenza del 1991 e un solo grido si rincorre per le piazze: “Cacciate il vecchio!”.
L’obiettivo della rabbia non sono quindi solo i giacimenti di petrolio, ma l’ex presidente Nursultan Nazarbayev, 81 anni, il più longevo tra gli alleati sovietici. L’ex segretario comunista ha governato per 29 anni il Paese dando vita a un regime autoritario e personalistico e alle sue dimissioni ha messo al potere il suo braccio destro Tokayev. Cominciano già a circolare le prime immagini di una statua abbattuta di Nazarbayev tra gli applausi dei cittadini. Non è possibile però sapere altro con certezza: il regime ha disattivato internet e telefoni creando una vera barriera del silenzio.
Sommosse e proteste sono esplose all’improvviso, senza che qualcuno potesse prevederlo. Il Kazakistan è da sempre uno dei paesi del Medio Oriente che, pur avendo un regime autoritario, ha visto una grande crescita economica. Un Paese dove convivono pacificamente diverse etnie. Eppure dopo la crisi del 2014 e il calo delle esportazioni di petrolio verso la Cina - a causa delle pandemia - il Paese per la prima da vent’anni è in recessione e l’aumento dei prezzi ha piegato i cittadini. Il Kazakistan però è di certo un Paese che non può permettersi un periodo di instabilità. Nono per grandezza in tutto il mondo, il Kazakistan siede infatti su enormi giacimenti d’uranio e intrattiene scambi diplomatici con la Turchia e con la Russia, rimasta la grande alleata del Paese.
È per questo motivo che l’Ex Repubblica sovietica ha chiesto l’intervento di Mosca per sedare la rivolta. Il ministero degli Esteri russo ha infatti rassicurato che seguirà da vicino il caso. Forse un Kazakistan di nuovo sveglio spaventa non solo il Governo ma anche l’ex Unione Sovietica.
© RIPRODUZIONE RISERVATA