Così le banche stanno guadagnando (tanto) sui conti dei clienti

Flavia Provenzani

4 Maggio 2023 - 15:50

Negli ultimi mesi le banche italiane avrebbero lucrato a discapito della propria clientela, non applicando degli aumenti sui tassi di interesse applicabili su somme vincolate nei conti correnti.

Così le banche stanno guadagnando (tanto) sui conti dei clienti

Quello appena trascorso è stato un anno d’oro per le banche, l’ondata di trimestrali da record pubblicate negli ultimi giorni lo testimonia. E i dati sui primi tre mesi del 2023 lo confermano: gli utili sono da record, si va meglio delle attese degli analisti.

Se la solidità del comparto bancario italiano è una chiara rassicurazione e un potente scudo contro una recessione economica, dall’altra parte la domanda vien da sé: da dove vengono tutti questi soldi? Come sono riuscite le banche a migliorare così poderosamente i propri bilanci e, ancora, perché questa nuova ricchezza non viene trasferita anche sulla propria clientela, che si ritrova a pagare tassi di interesse su mutui e prestiti alle stelle?

Così le banche stanno guadagnando (tanto) sui conti dei clienti

Partiamo da un’analisi redatta da Enrico Zanetti, consigliere ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ed ex viceministro, pubblicata sul sito del centro studi tributari Eutekne dal titolo «Extraprofitti delle banche da sterilizzare a favore della clientela». Tralasciando la proposta sul tassare gli extraprofitti registrati dalle banche nell’ultimo anno - ci torneremo più avanti - cerchiamo di capire in che modo le banche abbiano lucrato sulla differenza tra i tassi di rendimento sui conti correnti - rimasti a zero nonostante il ciclo di rialzo dei tassi inaugurato e portato avanti dalla BCE - e i tassi applicati su mutui e prestiti, che invece sono aumentati vertiginosamente.

Quando i tassi di interesse di riferimento della BCE erano a 0 - una decisione di politica monetaria portata avanti dall’allora presidente Mario Draghi insieme al quantitative easing, con l’obiettivo di stimolare la ripartenza economica della zona euro - le banche hanno conseguentemente azzerato o abbassato di molto i tassi di interesse applicati alle giacenze vincolate sui conti dei propri clienti attraverso modifiche dei contratti unilaterali. All’epoca le banche sono state legittimate ad agire in tal senso grazie allo ius variandi, ovvero la facoltà da parte di una banca di modificare unilateralmente le condizioni contrattuali a sfavore del cliente in caso sussista un giustificato motivo. All’epoca, il «giustificato motivo» erano, comprensibilmente, i tassi negativi.

A luglio 2022 le cose, tuttavia, cambiano, e molto. La politica monetaria della BCE rivoluziona il suo assetto e procede con un innalzamento dei tassi di interesse, portandoli sempre più in alto nei mesi successivi, nel tentativo di porre un freno all’inflazione galoppante.

Il rialzo dei tassi, che aumenta quindi il costo del denaro, ricade a cascata sui pricing applicati dalle banche nei confronti di privati e imprese, il che si traduce in un aumento dei tassi sui mutui e prestiti di diversa natura. Tuttavia, le banche si sono ben guardate dall’applicare questi aumenti anche sui rendimenti delle giacenze sui conti correnti, di fatto non trasferendo l’effetto - positivo - sui privati e imprese, che si sono trovate a «godere» solo l’effetto negativo delle nuove dinamiche economiche, ovvero mutui e prestiti più alti.

Tassare gli extraprofitti delle banche italiane

L’ex viceministro del MEF evidenzia la necessità di «una legge che preveda una forma di tassazione aggiuntiva che incameri alle casse dello Stato un importo pari al vantaggio economico prodotto dalle modifiche contrattuali a sfavore dei clienti approvate nei mesi passati, nel limite in cui esso si traduca in maggiori utili finali rispetto a quelli conseguiti dalla medesima banca negli esercizi antecedenti a quelli di attuazione delle modifiche contrattuali a sfavore dei clienti».

Tuttavia, cambiare lo status quo a sfavore dei profitti del mondo corporate è un’impresa ardua e aspettarsi che le banche decidano volontariamente di rinunciare a questi extraprofitti - per importi che arrivano a toccare centinaia di milioni di euro - è a dir poco tempo perso.

Per Zanetti la soluzione sarebbe quella di incoraggiare gli istituti bancari a modificare gli azzeramenti degli interessi sui conti mettendo, come unica altra opzione, quella di pagare più tasse sui profitti registrati grazie all’aumento dei tassi, perché “è del tutto probabile, che le banche, tra regalare quegli extraprofitti allo Stato sotto forma di tassazione addizionale e restituire quegli extraprofitti alla propria clientela sotto forma di annullamento delle modifiche contrattuali a sfavore dei clienti, sceglierebbero la seconda opzione”.

In un intervento al Question Time alla Camera della scorsa settimana, il ministro dell’Economia Giorgetti ha sottolineato come “negli ultimi mesi le banche hanno fatto registrare significativi miglioramenti sul fronte della redditività grazie al miglioramento del margine di interesse, per effetto di un rapido adeguamento alle decisioni di politica monetaria della BCE sugli interessi del credito erogato alla clientela”. Questo, però, “non sta trovando un altrettanto solerte adeguamento degli interessi riconosciuti alla clientela sulla raccolta. Una dinamica questa che il governo non può trascurare e che non trascurerà”, ha sottolineato il ministro, confermando l’allineamento con il suo consigliere Zanetti.

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