Ddl intimidazioni approvato dal Senato: cosa prevede in 3 punti

Adele Restivo

09/06/2016

Ddl intimidazioni: approvato al Senato, in prima lettura, il disegno di legge di contrasto al fenomeno delle intimidazioni ai danni degli amministratori locali. Il testo passa all’esame della Camera.

Ddl intimidazioni approvato dal Senato: cosa prevede in 3 punti

Ddl intimidazioni: via libera dal Senato.

Il disegno di legge di contrasto alle intimidazioni nei confronti degli amministratori locali è stato approvato in prima lettura al Senato.

Il testo del Ddl intimidazioni inserisce nuove previsioni all’interno del Codice Penale, con l’obiettivo di “realizzare la più adeguata prevenzione e il più efficace contrasto delle intimidazioni così da assicurare il migliore e libero esercizio delle funzioni attribuite agli enti e agli amministratori locali”, che molto spesso sono oggetto di intimidazioni, aggressioni o minacce, che si possono realizzare nei modi più diversi.

Ddl intimidazioni: le novità in 3 punti

Con 180 voti a favore, 43 astenuti e nessun contrario, il Ddl intimidazioni passa ora all’esame della Camera. Vediamo le principali novità in 3 punti.

  • intimidazioni a danno dei «singoli componenti». Il provvedimento specifica innanzitutto che il reato di “violenza o minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario«previsto dall’articolo 338 del Codice Penale riguarda anche i singoli componenti dello stesso. La pena prevista è la reclusione da 1 a 7 anni, stabilita anche nei confronti di chi commette violenza o minaccia, con l’obiettivo di»ottenere, ostacolare o impedire il rilascio o l’adozione di un qualsiasi provvedimento, anche legislativo, ovvero a causa dell’avvenuto rilascio o adozione dello stesso";
  • arresto obbligatorio in flagranza. Il disegno di legge modifica anche l’articolo 380 del Codice di Procedura Penale: l’arresto obbligatorio in flagranza di reato, viene esteso anche nei confronti di chi sarà colto in flagranza di “delitto di violenza o minaccia ai singoli componenti di un corpo politico, amministrativo o giudiziario”;
  • diffamazione a mezzo stampa. Dal provvedimento è stato eliminato l’originario riferimento alla diffamazione (articolo 595 del codice penale), viste le forti polemiche diffuse nei giorni scorsi sul rischio per i giornalisti di ricevere condanne fino a 9 anni di carcere se accusati di aver diffamato un amministratore pubblico, un politico o un magistrato.

A Palazzo Madama il relatore PD Giuseppe Cucca ha spiegato che la scelta di stralciare la norma sulla diffamazione è legata alle ricostruzioni strumentali e fuorvianti, risultato forse di una lettura frettolosa del testo. Cucca ha precisato inoltre che in Commissione Giustizia al Senato è all’esame un testo che rivede l’intero istituto della diffamazione.

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